«Non voglio.»
«Hai due nomi» dice Benton. «Il tuo nome di battesimo e quello che ti sei scelta quando hai cominciato a recitare. Lo usi tuttora, no?»
«Okay, allora chiamami Henri» replica lei, guardandosi le dita dei piedi.
«D’accordo. Henri.»
La ragazza annuisce, sempre osservandosi i piedi. «E lei come si chiama?»
Benton sa a chi si riferisce, ma evita di rispondere.
«Ci vai a letto. Lucy mi ha raccontato tutto.» Sottolinea il
Lui si irrita, ma non lo da a vedere. Non crede proprio che Lucy le abbia raccontato la sua storia d’amore con Kay. No, ne e certo. Henri lo sta provocando, lo sta di nuovo mettendo alla prova. Sta di nuovo cercando di andare oltre il limite.
«Come mai non e qui con te?» gli domanda. «Non fate le vacanze insieme? Tanti dopo un po’ smettono di scopare. E uno dei motivi per cui non voglio relazioni lunghe. Perche poi non si scopa piu. Dopo sei mesi, stop, chiuso. La tua donna non e venuta perche ci sono io, vero?» Lo fissa.
«Si, e vero» risponde lui. «Non e venuta perche ci sei tu.»
«Chissa come si e arrabbiata, quando le hai detto che non poteva venire.»
«E molto comprensiva» replica Benton, non del tutto sincero.
Kay e stata comprensiva, ma e rimasta male quando lui, dopo aver sentito Lucy nel panico piu totale, le ha telefonato per chiederle di rimandare la partenza. «Devo occuparmi di un caso molto urgente» le ha spiegato.
“Allora vai via da Aspen?” gli ha chiesto Kay.
“Non ti posso dire niente” le ha risposto. Per quel che ne sa, Kay potrebbe essere convinta che lui sia ripartito.
“Non e giusto, Benton” gli ha detto. “Anch’io lavoro, ma mi sono tenuta libera queste due settimane per trascorrerle con te.”
“Mi dispiace, Kay” le ha risposto Benton. “Ti prego, cerca di capire. Ti spieghero.”
“Proprio adesso… E il momento peggiore. Avevamo bisogno di queste due settimane insieme.”
E vero, avevano bisogno di quelle due settimane insieme. Invece lui e li con Henri. «Vuoi raccontarmi i sogni che hai fatto? Te li ricordi?» le chiede.
La ragazza si sta accarezzando l’alluce del piede sinistro, come se le facesse male. Aggrotta la fronte. Benton si alza e, con nonchalance, prende la Glock e attraversa il salotto per andare in cucina. Apre uno sportello e sistema la pistola sullo scaffale piu in alto. Poi prende due tazze e vi versa il caffe. Sia lui che Henri lo prendono nero e senza zucchero.
«Forse e un po’ forte. Ne faccio dell’altro, se vuoi.» Le posa la tazza sul tavolino e torna a sedersi sul divano. «Due notti fa hai sognato un mostro. Veramente l’hai definito “la bestia”.» La guarda negli occhi tristi. «Hai sognato di nuovo la bestia?»
Henri non gli risponde. Ha cambiato umore, da quando si e svegliata. Deve esserle successo qualcosa mentre faceva la doccia. Benton si ripropone di indagare in seguito.
«Non devi parlarmene per forza, Henri. Se non vuoi, non importa. Ma piu cose mi racconti di questa bestia, piu e probabile che scopriamo chi e. E tu vuoi che io ti aiuti a scoprirlo, no?»
«Con chi parlavi prima?» gli domanda in tono sommesso, con voce da bambina. Ma non e piu una bambina. E tutto fuorche innocente. «Parlavate di me» insiste. Le si allenta la cintura della vestaglia, lasciando intravedere la pelle nuda.
«No, non parlavamo di te. Nessuno sa che sei qui, a parte Lucy e Rudy. Mi credi, Henri?» Smette di parlare e la guarda. «Credi a Lucy?»
Lo sguardo di Henri si infiamma, nel sentire nominare Lucy.
«Io penso che tu creda sia a me che a lei» dice Benton con calma. Ha le gambe accavallate e le mani giunte posate sul ventre. «Per favore, Henri, copriti.»
La ragazza si stringe la cintura in vita, coprendosi le gambe. Benton l’ha gia vista nuda, ma cerca di non pensarci. Ha visto le fotografie e non intende rivederle, a meno che non sia assolutamente indispensabile mostrarle a qualche esperto o alla stessa Henri, quando e se sara mai pronta per vederle. Per il momento la ragazza ha rimosso l’accaduto, piu o meno consapevolmente, e assume comportamenti che una persona piu debole e meno esperta di Benton troverebbe esasperanti. I suoi tentativi di provocarlo sessualmente non sono dovuti soltanto al transfert, ma sono la chiara manifestazione di un narcisismo esasperato, di un desiderio di dominare, controllare, sminuire e distruggere chiunque dimostri interesse nei suoi confronti. Henri si odia ed e arrabbiata con se stessa.
«Perche Lucy mi ha mandato via?» gli domanda.
«Dimmelo tu. Dimmi perche sei venuta qui.»
«Perche…» Si asciuga gli occhi nella manica della vestaglia. «Per la bestia.»
Benton la guarda fisso, seduto sul divano con gli appunti in grembo, in maniera che lei non possa leggerli, ne strapparglieli di mano. Non vuole costringerla a parlare: deve essere paziente, incredibilmente paziente, come un cacciatore appostato nel bosco in attesa della preda, immobile e con il fiato sospeso.
«E entrata in casa. Non mi ricordo.»
Benton si limita a guardarla in silenzio.
«L’ha fatta entrare Lucy» continua Henri.
Benton non vuole fare pressioni, ma neanche lasciarla mentire impunemente. «No. Non e stata Lucy a farla entrare in casa» la corregge. «Non l’ha lasciata entrare nessuno. E entrata da sola perche la porta di servizio non era stata chiusa a chiave e l’allarme era disinserito. Ne abbiamo gia parlato, Henri. Ti ricordi perche la porta non era chiusa a chiave e l’allarme era disinserito?»
La ragazza si guarda le dita dei piedi, immobile.
«L’abbiamo gia chiarito» insiste Benton.
«Avevo l’influenza» risponde Henri continuando a guardarsi le dita. «Non stavo bene ed ero rimasta a casa. Avevo i brividi e sono uscita al sole; mi sono dimenticata di chiudere a chiave la porta e di inserire di nuovo l’allarme. Avevo la febbre, me lo sono scordata. Lucy ha dato la colpa a me.»
Benton beve un sorso di caffe. E gia freddo. Il caffe diventa subito freddo in montagna. «Ti ha detto che e colpa tua?»
«No, ma lo pensa.» Henri guarda verso la finestra. «Mi da la colpa di tutto.»
«A me non ha mai detto di pensare che fosse colpa tua» ribatte Benton. «Mi stavi parlando dei tuoi sogni.» Ritorna al discorso di prima. «Dei sogni che hai fatto stanotte.»
Henri sbatte le ciglia e si massaggia l’alluce.
«Ti fa male?»
La ragazza annuisce.
«Mi spiace. Vuoi metterci una pomata?»
Henri scuote la testa. «Non servirebbe a niente.»
Non sta parlando della frattura all’alluce destro, ma la associa al fatto di trovarsi li, a migliaia di chilometri da Pampano Beach, in Florida, dove ha rischiato di morire, e le passa una luce furibonda negli occhi.
«Camminavo su un sentiero» inizia a raccontare. «In cima a una scogliera. Una scogliera ripidissima. C’erano delle fenditure nella roccia e io, non so come, a un certo punto cercavo di passarci attraverso e rimanevo incastrata.» Trattiene il fiato e si toglie una ciocca bionda dagli occhi con mano tremante. «Ero incastrata e non riuscivo a muovermi, e neanche a respirare. Non riuscivo a liberarmi. E nessuno poteva salvarmi. Mi e tornato in mente mentre ero sotto la doccia. Mi sono sentita l’acqua sulla faccia e ho trattenuto il respiro. E a quel punto mi e tornato in mente il sogno.»
«C’era qualcuno? Qualcuno che cercava di salvarti?» Benton non reagisce al terrore di Henri, ne cerca di capire se e vero o simulato. Non e affatto chiaro. Con lei, non c’e mai niente di chiaro.
Henri e immobile sulla poltrona, fa fatica a respirare.
«Hai detto che nessuno poteva salvarti» puntualizza Benton con calma, con il tono pacato del terapeuta. «C’era qualcuno?»
«Non lo so.»
Benton aspetta. Se Henri continuera a respirare con tanta fatica, dovra fare qualcosa, ma per ora aspetta paziente.