se la cosa avesse importanza… Ma forse il suo e un riflesso condizionato.
«Lo immagino» risponde con un sorriso. «Ma non credo che l’abbia provocata per scelta: deve aver ricevuto ordini dall’alto. C’e dietro il commissario alla Sanita.»
«E tu come fai a saperlo?»
«Dopo che mi ha detto dove andava, ho fatto una telefonata.»
«Peccato che non sia potuta venire ad Asp…» Marino si zittisce improvvisamente.
Benton si avvicina all’altra finestra, dando le spalle al caminetto acceso, e guarda fuori: stavolta si concentra sulla casa dall’altra parte della strada, forse perche il portone si sta aprendo e stanno uscendo un uomo e un ragazzo in tenuta da sci, con il fiato che gli si condensa nell’aria.
«Penso che ormai se ne sara accorta» osserva Benton. «Che la stanno sfruttando, intendo dire.» Conosce Kay Scarpetta abbastanza bene da prevedere le sue reazioni. «Ti assicuro che conosce la politica e capisce quando certe mosse sono politiche. Purtroppo non si tratta solo di questo. Mi senti?»
Osserva l’uomo e il ragazzo che si allontanano lentamente con gli sci in spalla, le racchette in mano e gli scarponi mezzi slacciati. Benton non va a sciare, in questo periodo: ha troppo da fare.
«Eh?» Marino ha preso l’abitudine di dire spesso “Eh?”, e lui lo trova irritante.
«Mi senti?» ripete.
«Si, adesso ti sento» risponde Marino, e Benton capisce che si sta spostando in cerca di un punto in cui ci sia piu campo. «La tratta come una pezza da piedi, manco non l’avesse chiamata lui per farsi dare una mano. Non so dirti altro, per adesso. Appena ne so un po’ di piu ti richiamo. Della ragazza, intendo dire.»
Benton sa di Gilly Paulsson. Della sua morte misteriosa non si e parlato sulla stampa nazionale, ma lui sa navigare in Internet e puo accedere a informazioni molto riservate. Qualcuno sta sfruttando anche Gilly Paulsson. Certa gente, oltre che dei vivi, approfitta anche dei morti.
«Ti ho perso di nuovo… Uffa!» esclama. Riuscirebbero a parlare molto meglio, se potessero usare il telefono fisso. Ma non si puo.
«Io ti sento, capo» dice la voce di Marino, improvvisamente chiarissima. «Perche non mi chiami dal fisso? Almeno ci sentiremmo…» dice, come se gli avesse letto nel pensiero.
«Meglio di no.»
«Pensi di avere il telefono sotto controllo?» Marino non scherza. «Puoi accertarlo, se hai questo dubbio. Chiedi a Lucy.»
«Grazie del suggerimento.» Benton non ha bisogno dell’aiuto di Lucy per questo tipo di cose, e non e di cimici e microspie che ha paura.
Segue con lo sguardo l’uomo e il ragazzo che vanno a sciare e pensa a Gilly Paulsson. Il ragazzo in tenuta da sci deve avere l’eta che aveva Gilly quando e morta: tredici, quattordici anni. Solo che Gilly non e mai andata a sciare. Non e mai stata in Colorado, ne da nessun’altra parte. E nata, vissuta e morta a Richmond e nella sua breve vita ha sofferto molto. Benton nota che si sta alzando il vento, che soffia via la neve dagli alberi come sbuffi di fumo.
«Vorrei che le dicessi questo» continua. Sottolinea il “le” perche Marino capisca che si riferisce a Kay. «Il suo successore, se vogliamo chiamarlo cosi…» Si interrompe. Non vuole fare il nome di Marcus o entrare nei dettagli, ma gli da fastidio definire quel verme di Joel Marcus “il successore” di Kay Scarpetta. «… e una persona interessante» dice criptico. «Quando mi raggiungera, le spieghero piu diffusamente perche. Per ora, raccomandale la massima prudenza.»
«A proposito di “raggiungerti”, ti avverto che secondo me ne avremo per un bel po’.»
«Dille di chiamarmi.»
«Perche tutte queste raccomandazioni?» si preoccupa Marino. «Perche “massima prudenza”?»
«Stalle vicino ovunque vada, mi raccomando.»
«Eh?»
«Resta con lei, mi hai capito?»
«Non sara tanto contenta…» gli fa presente Marino.
Benton guarda i ripidi pendii innevati spazzati dal vento e punteggiati dagli alberi tutto intorno al paese e si sofferma sulle nuvole grigie che stanno coprendo il cielo. Prima di sera nevichera di nuovo, pensa.
«Lo so.»
«Mi ha detto che hai da fare, che stai lavorando.»
«Si.» Benton non vuole approfondire.
«Be’, e un peccato che tu stia lavorando e lei anche. Cosa fai, resti li, anche se hai da fare?»
«Per il momento, si» risponde Benton.
«Dev’essere una cosa grave, se te ne occupi in vacanza» lo sonda Marino.
«Non te ne posso parlare.»
«Eh? Maledetto telefono…» impreca Marino. «Bisogna che dica a Lucy di inventare un aggeggio che impedisca di intercettare le telefonate. Se ci riuscisse, guadagnerebbe una fortuna.»
«Lucy guadagna gia una fortuna. Non ha bisogno di inventare niente.»
«Lo so.»
«Allora, mi raccomando» conclude Benton. «Se non ci sentiamo nei prossimi giorni, tu stalle sempre vicino. Stai attento a lei e anche a te. Non scherzo, Marino.»
«Lo so benissimo» ribatte Marino. «E tu sta’ attento a non farti male sciando.»
Benton chiude la comunicazione e torna a sedersi sul divano di fronte alla finestra, accanto al camino. Sul tavolino di noce davanti al divano ci sono un blocco di appunti scritti con la sua grafia quasi indecifrabile e una Glock calibro .40. Prende gli occhiali dal taschino della camicia di jeans, si appoggia al bracciolo e comincia a sfogliare il blocco. Ogni pagina e numerata e nell’angolo in alto a destra c’e una data. Si gratta il mento e si accorge di avere una barba di due giorni. Circoletta le parole “paranoia collettiva” e piega la testa da una parte.
A margine del foglio scrive: “Lacune da colmare. Grosse. Siamo vicini al limite. Vera vittima = L. non H. H. = personalita narcisista”. Sottolinea tre volte la parola “narcisista”. Poi scrive “istrionica” e la sottolinea due volte. Gira pagina. Il titolo e “Comportamento post trauma”. Sente un rumore di acqua che scorre e si meraviglia di non averla sentita prima. “Massa critica. Natale = limite. Tensione insostenibile. Prox omicidio entro Natale” scrive. Poi alza gli occhi, percependo la presenza della donna prima di sentirne i passi.
«Chi era?» domanda Henri, diminutivo di Henrietta. E in fondo alla scala, con la mano appoggiata sulla ringhiera, e lo guarda.
«Buongiorno» la saluta Benton. «Di solito fai la doccia. Il caffe e pronto.»
Henri Walden si chiude la vestaglia di flanella rossa intorno alla vita sottile. Ha gli occhi verdi ancora assonnati e un po’ reticenti. Osserva Benton con l’aria di chi e in credito per qualcosa. Ha ventotto anni ed e attraente, anche se non propriamente bella. I suoi lineamenti sono tutt’altro che perfetti, perche ha il naso grosso e i denti non proprio drittissimi, ma e molto affascinante, anche quando cerca di non esserlo. In questo preciso momento, pero, si sente bruttissima e Benton non prova a convincerla del contrario perche sarebbe troppo pericoloso.
«Ho sentito che parlavi al telefono» dice Henri. «Era Lucy?»
«No» risponde lui.
«Ah.» E chiaramente delusa e infastidita. «Ho capito. E chi era, allora?»
«Era una conversazione privata, Henri» risponde Benton, togliendosi gli occhiali. «Abbiamo stabilito dei limiti, ti ricordi?»
«Si, lo so» risponde lei, sempre tenendo la mano sulla ringhiera. «Ma se non era Lucy, chi era? Sua zia? Lucy parla sempre di sua zia.»
«Sua zia non sa che sei qui, Henri» spiega Benton paziente. «Lo sanno soltanto Lucy e Rudy.»
«Tu e la zia di Lucy state insieme, vero?»
«Solo Lucy e Rudy sanno che sei qui» ribadisce Benton.
«Allora era Rudy? Che cosa voleva? So che gli piaccio.» Sorride e assume un’espressione che Benton trova inquietante. «Rudy e un bellissimo ragazzo. Mi sarei dovuta mettere con lui. Ci sarebbe stato. Avrei potuto sedurlo quando eravamo fuori con la Ferrari. Quando ero fuori con la Ferrari potevo sedurre chiunque. Non ho mica bisogno di Lucy, per poter andare in giro in Ferrari.»
«Ricordati i limiti, Henri» dice Benton. Gli e difficile accettare la sconfitta, per quanto ce l’abbia davanti agli