«Si.»
«Okay, basta cosi» conclude Rudy. «Andatevi a ripulire per il funerale.»
Rientra in casa e chiude la porta. Gli e vibrato due volte il walkie-talkie mentre faceva la predica alle reclute e vuole vedere chi lo sta cercando. E il suo amico informatico. Rudy lo richiama subito.
«Cosa mi volevi dire?» gli domanda.
«Sembra che il tuo uomo stia esaurendo la sua scorta di prednisone. L’ultima volta che l’ha comprato e stato ventisei giorni fa, in una farmacia della catena cvs.» Gli da indirizzo e numero di telefono.
«Il problema e che non penso sia a Richmond» spiega Rudy. «Quindi dobbiamo capire dove puo andarselo a comprare la prossima volta. Ammesso che decida di farlo.»
«Be’, lo compra ogni mese, sempre nella stessa farmacia di Richmond. Difficile che stavolta salti. Probabilmente non ne puo fare a meno.»
«Medico curante?»
«Stanley Philpott.» Gli detta il numero di telefono.
«Non si e mai servito da nessun’altra farmacia? Nel Sud della Florida, per esempio?»
«Ho guardato in Virginia e basta, per la verita. Comunque ne ha ancora per cinque giorni e poi se ne deve procurare dell’altro. A meno che non l’abbia gia fatto per altre vie.»
«Grazie» gli dice Rudy, aprendo il frigo per prendersi una bottiglietta di acqua. «Ci risentiamo.»
48
I jet sembrano aerei giocattolo contro le enormi montagne bianche che svettano intorno alla pista. Un tecnico in tuta, con le cuffie sulla testa, dirige un Beachjet appena atterrato, che procede lentamente, rombando. Benton e nel terminal dei voli privati all’aeroporto di Aspen e guarda l’aereo di Lucy.
E domenica pomeriggio e il terminal e pieno di ricchi signori impellicciati, che bevono caffe e sidro caldo vicino al caminetto, in attesa di tornare a casa, innervositi dai ritardi. Hanno orologi d’oro e brillanti giganteschi, sono belli e abbronzatissimi. Alcuni viaggiano con i cani, splendidi esemplari di ogni razza e dimensione, costosissimi. Benton guarda il portellone del Beachjet che si apre, la scaletta che si abbassa e Lucy che scende a passo svelto, con le valigie in mano, atletica e sicura di se. Non ha la minima esitazione, benche lui le abbia detto chiaramente di non venire ad Aspen.
Era meglio che stesse dov’era. Quando lei lo ha chiamato, Benton le ha detto: “No, per favore, non venire. Non e il momento, Lucy, te lo assicuro”.
Non hanno litigato. Avrebbero potuto bisticciare per ore, ma nessuno dei due aveva voglia di perdere tempo in recriminazioni, polemiche e scoppi di collera. Si sono lanciati due o tre frecciate e poi hanno smesso. Benton ha riflettuto che, piu passa il tempo, piu lui e Lucy scoprono di avere molte cose in comune. Non sa se la cosa gli piace, ma e cosi, ed e sempre piu evidente. Forse Kay sta con lui proprio perche assomiglia tanto a Lucy. Kay nutre per sua nipote un amore fortissimo e incondizionato. E Benton non ha mai capito perche nutra un affetto tanto forte e incondizionato anche per lui. Ma forse il motivo e proprio questo.
Lucy apre la porta con una spalla ed entra, con una borsa per mano. Rimane sorpresa nel vederlo li.
«Ti aiuto» le dice Benton, prendendole una valigia.
«Non credevo che saresti venuto» dice Lucy.
«Be’, invece sono qui.
I riccastri in attesa nel terminal probabilmente li prendono per una coppia infelice: lui piu anziano e ricco, lei giovane e bella. Qualcuno forse pensera che Lucy e la figlia di Benton. Lui pero non si comporta come un padre. Neanche come un amante, per la verita, ma probabilmente a un osservatore esterno l’ipotesi della coppia sembra piu plausibile. Benton non indossa ne pellicce ne ori e non ostenta la propria ricchezza, ma i ricchi si riconoscono l’uno con l’altro. E Benton e ricco, molto ricco. Ha vissuto per anni nell’ombra, accumulando ricchezze.
«Ho noleggiato una macchina» dice Lucy mentre attraversano il terminal tutto legno, pietra e divani in pelle, che sembra uno chalet. Fuori c’e una scultura di bronzo che raffigura un’aquila.
«Valla a ritirare, allora» le dice lui, con il fiato che si condensa nell’aria fredda. «Ci vediamo a Maroon Bells.»
«Dove?» Lucy si blocca nella rotonda davanti al terminal, ignorando i posteggiatori che indossano lunghi cappotti e cappelli da cowboy.
Benton la guarda sorridendo. Sembra divertito. Sta li, vicino alla statua dell’aquila, e squadra Lucy in giacca a vento, calzoni sportivi e anfibi.
«Ho degli scarponi da neve in macchina» le dice.
La fissa, mentre il vento le scompiglia i capelli, che sono piu lunghi dell’ultima volta in cui l’ha vista, di un color mogano con riflessi ramati. Ha le gote rosse per il freddo. Benton ha sempre pensato che guardare Lucy negli occhi fosse un po’ come guardare dentro un reattore nucleare o un vulcano in eruzione, o come osservare Icaro che si avvicina troppo al sole. Cambiano con la luce e a seconda dell’umore. Adesso sono verdi. Kay, invece, ha gli occhi azzurri. Altrettanto intensi, ma diversi, meno luminosi. Passano da un blu quasi caldo a un grigio gelido. Gli mancano. La presenza di Lucy rende ancora piu dolorosa la mancanza di Kay.
«Ho pensato che potevamo fare una passeggiata e intanto parlare» le dice, dirigendosi verso il parcheggio. Il tono e deciso, la proposta non e negoziabile. «Abbiamo molte cose da dirci. Allora ci vediamo a Maroon Bells, al noleggio delle motoslitte, dove finisce la strada carrabile. Soffri l’altitudine? Siamo ad alta quota.»
«Lo so» gli risponde, mentre lui si allontana.
49
Il passo e coperto di neve e le ombre si allungano. In alto, sulle montagne, nevica. Dopo le tre e mezzo del pomeriggio non si scia, perche sulle Montagne Rocciose la notte cala presto, le strade ghiacciano e il freddo diventa pungente.
«Saremmo dovuti rientrare prima» dice Benton puntando una racchetta nella neve. «Siamo pericolosi, assieme, io e te. Non sappiamo dire basta.»
Al quarto palo segnaletico di pericolo valanghe Benton ha proposto di tornare indietro, ma poi lui e Lucy hanno proseguito lungo la salita verso il lago e hanno fatto dietro-front solo a un chilometro dalla meta. E gia fin troppo buio, hanno freddo e fame. Lucy e stanca, anche se non lo ammette. Benton capisce che soffre l’altitudine. Ha accorciato considerevolmente il passo e fa fatica a parlare.
Per qualche minuto l’unico rumore che si sente e lo scricchiolio degli scarponi sulla strada innevata. Il respiro si condensa davanti alle loro facce. Ogni tanto Lucy prende fiato. Hanno parlato di Henri e camminato troppo. E tutto terribilmente faticoso.
«Mi dispiace» si scusa Benton, puntando la racchetta da sci davanti allo scarpone. «Saremmo dovuti tornare indietro prima. Non ho piu ne barrette ne acqua.»
«Ce la faro» risponde Lucy, che in condizioni normali gli tiene dietro senza problemi, anzi. «E che in aereo non ho mangiato. Comunque sono allenata: ultimamente ho corso molto, sono andata in bicicletta… Ma non pensavo di stancarmi cosi.»
«Ogni volta me ne dimentico» replica Benton guardando la tempesta di neve che infuria piu in alto e avanza nella loro direzione. Calcola che dovrebbero riuscire ad arrivare alle macchine prima che li raggiunga. Perdersi e impossibile, perche la strada e una sola. Non sono in pericolo.
«Io la prossima volta non me ne dimentichero, stai tranquillo» dice Lucy, con il fiatone. «Mangero qualcosa e prima di andare a fare una passeggiata cerchero di abituarmi all’altitudine.»
«Scusa» ripete Benton. «A volte mi scordo che anche tu hai dei limiti. E abbastanza facile, sai?»
«E un periodo che mi scontro continuamente con i miei limiti.»
«Se me lo avessi chiesto, ti avrei messo in guardia» dice Benton, camminandole a fianco. «Ma non mi avresti creduto.»