— Mi e capitata fra le mani dal nulla una notte. L’ho portata per te. — Lei era sempre silenziosa. Lui aggiunse, sentendosi all’improvviso incerto, inutile: — E solo una rosa appassita. Lo so. Non ci sono tariffe da pagare. Per me aveva un significato, tutto qui.

Lei lo guardo; senza parlare, gli disse finalmente qualcosa. Attorno a loro le pareti tenebrose cominciarono a turbinare di luce.

8

Volarono in alto sulla citta, parlando, mentre la luna, enorme e pallido disco rifrangente, li fissava da sopra il mare, e il cielo orientale acquistava lentamente sfumature perlacee.

— I cubi — disse lei. La voce bassa era arrochita dalla mancanza di sonno. — Solo i cubi. Me ne sono innamorata quando avevo 13 anni.

— Sulla luna.

Lei guardo la luna per un istante, perplessa, come se si fosse intromessa inaspettatamente nella parte sbagliata del mattino. — La luna. Si. Ho fatto girare i nastri musicali di mia madre fino a consumarli. Mi esercitavo in fraseggi e schemi con matite, forchette, coperchi di tegami. Andavo nella serra dove mia madre lavorava e capovolgevo i vasi vuoti e vi battevo sopra. Volevo forza nei cubi. Volevo che sembrassero vivi sotto il mio tocco, volevo che si scaldassero per me, che cominciassero a fumare, a cambiare colore… Ero ossessionata, innamorata. Vivevo in un sogno. Pensavo che se avessi posseduto una batteria di cubi sarei stata felice per tutta la vita. A suonare musica nel mio angolino privato di luna.

— Pero l’hai lasciata, la luna — disse piano Aaron.

Lei chino la testa; Aaron non poteva vedere la maschera d’oro nascosta dai capelli. — Sono morti. I miei genitori. In un incidente, quattro anni dopo. I regolamenti sociali del GLM dicevano che eravamo troppo giovani per stare da sole…

— Eravate?

Alzo la testa; si tiro indietro i capelli con tutt’e due le mani, aggrottando le sopracciglia alla luna. — E cosi perfetta — disse in tono sognante. — Cosi pura. Sembra l’occhio di Dio, lassu, senza ombre o ambiguita. Da vicino, le ombre ci sono… Io. E mia sorella. Lei adesso e su Rimrock; ha sposato un geologo. Per cui fummo mandate sulla Terra. Nel Settore Costadoro. Che possiede, come scoprii ben presto, una batteria di cubi in ogni angolo. Era come cadere in un lungo tunnel tenebroso e sbucare in una specie di paradiso malfamato…

— Un bar a ogni angolo — disse Aaron. — E una batteria di cubi ogni due bar.

Lei annui, ridendo. Bagliori le percorsero i capelli. Aaron distolse gli occhi dalla ragnatela di luci lungo la costa buia, attratto dall’illusione di luce, di calore sul suo viso. Brevi linee si raccolsero, poi svanirono sotto i suoi occhi quando sorrise. Venticinque anni, immagino, poi glielo chiese.

— Ventotto.

— Mi sembra poco per voltare la schiena alle tournee nel Settore.

Lei alzo le spalle. — Da un lato c’e fama e fortuna. Dall’altro la musica del Mago. — Scruto dal finestrino la risacca spettrale. Sollevando sorpreso lo sguardo su di lei, Aaron si ritrovo a fissare l’oro sul lobo dell’orecchio e la lunga curva del collo.

— E allora sei venuta sulla Terra.

— Per ricevere un’istruzione. — La ragazza si riaccomodo sul sedile; un angolo della bocca si sollevo. — Secondo i regolamenti del GLM sulla tutela statale. Avevamo il denaro dei nostri genitori, l’assicurazione, l’accredito compensativo. Ed eravamo orfane, in un mondo mai visto prima. Ci diedero un’istruzione. Cominciai a suonare nei bar quando ancora frequentavo la scuola. Ero alta; mi truccavo il viso, uscivo la sera, e mai nessuno scopri che non ero ancora maggiorenne.

— Ti dipingevi d’oro? Come adesso?

Per qualche motivo il suo viso si irrigidi. L’oro divenne nuovamente una maschera. — No. Questo e successo dopo. La notte in cui incontrai il Mago.

Aaron rimase in silenzio, a bocca aperta, e gli vennero in mente decine di domande. — Perche quella notte?

— Era la prima volta che ascoltavo Bach… Camminavo lungo la strada a mezzanotte, qualcuno apri una porta e ne sgorgo una musica che non avevo mai udito prima, cosi la seguii e trovai il Mago. Mi unii al suo complesso e suonai i cubi per due ore. Mi chiese di rimanere, cosi restai.

— Siete stati amanti? — La domanda sembro uscire dal nulla, e lo sorprese, come se a parlare fosse stato l’analizzatore. Divento tutto rosso, poi sorrise imbarazzato alla sua risata. — Scusami. Non sono affari miei.

— No. Penso che avremmo potuto esserlo, ma avevo bisogno di lui per altre cose.

— Quali?

Lei fece un gesto vago, accigliandosi nuovamente; i suoi occhi, posati sulla vasta e tenebrosa distesa d’acqua, riflettevano il mare e sembravano nello stesso tempo familiari e enigmatici. — Lui — disse finalmente — e la sua musica… erano il luogo al quale ero tornata. Quando esci nel mondo, impari a suonare il PRM, vedi un milione di estranei di cui non saprai mai il nome, anche se loro, ognuno di loro, conosce il tuo… ci deve pur essere un luogo sicuro al quale fare ritorno. Ecco perche ho bisogno del Mago. Perche conservi per me quel luogo sicuro, quell’angolino privato di luna, dove nessuno e un estraneo, e la musica non cambia mai.

Aaron rimase in silenzio, pensando al rifugio antiatomico, il luogo sicuro in cui la vita non poteva raggiungerlo. “Cosa ti ha ferito?” penso poi. Ma ora era lei a interrogarlo.

— Sei stato sempre un poliziotto?

— Da dieci anni.

— Vivi con qualcuno?

— No.

— Perche no?

Si stavano avvicinando alla costa; Aaron rallento la velocita dell’elicar e lo inclino verso terra. Per un momento ebbe sulla lingua una risposta automatica. Poi, sorprendendo se stesso, disse: — Una volta ho amato una donna. E rimasta uccisa, sette anni fa. Da allora ho sempre vissuto da solo.

— Com’e morta? — Lui spense le luci dell’abitacolo mentre il sole sorgeva alle loro spalle. La luce incendio il mare; il viso di lei era in ombra. La sua voce era molto bassa, quasi cupa. Aaron vide il cerchio di luci rosse che aveva sistemato sopra il rifugio e si diresse in quella direzione.

— Come?

Era entrato nel quartier generale della stazione, fischiettando; l’aria del mattino odorava di primavera. Un collega, che sorseggiava il caffe guardando il notiziario, aveva girato la testa bruscamente…

«Ehi, Fisher. Tua moglie non fa servizio nel Settore Deserto?»

Un improvviso sudore freddo gli inondo il viso; si senti fisicamente male. Il viso della Regina di Cuori si sollevo. L’immutabile maschera d’oro, gli occhi immobili, avevano un singolare potere calmante. Ma lui non poteva dirglielo; non poteva parlare della moglie morta usando il passato remoto.

— Solo un bizzarro incidente.

Atterrarono. Aaron esegui un controllo con la stazione di polizia, poi condusse la Regina di Cuori sotto terra. Riscaldo minestra e tramezzini, poi rintraccio nella banca dati della biblioteca i diagrammi meccanici di una spaziomobile da pattuglia del periodo del Pianto volante. Lei li esamino attentamente, rosicchiandosi un’unghia smaltata di rosa, e prese appunti. Lui le offri un tramezzino.

— Tieni. Dovrebbe essere migliore dello smalto per unghie.

Lei si guardo senza espressione le dita, poi prese il tramezzino, continuando a fissare lo schermo.

— Non e completo — disse improvvisamente.

— Come mai?

— Dentro la ricevente del Pianto volante ci sono due sigilli grandi come un’unghia, con sopra il marchio di Averno. Non sono riuscita a capire a cosa servono. Nel diagramma non c’e nessun sigillo.

— Ah. Semplice — disse Aaron a bocca piena. — Quando Averno vende le sue spaziomobili a privati,

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