modifica la gamma di frequenza delle riceventi in modo che non sia possibile captare le trasmissioni della polizia o di Averno. I sigilli sono solo la prova che la ricevente e stata modificata per l’uso privato.
— Perche dovrebbero…
— Per tenere sgombro l’etere in caso di emergenza. E poi ci sono un mucchio di cose… procedure d’atterraggio, codici di pattuglia, altre informazioni estremamente riservate… che corrono sulla FA. La frequenza di Averno.
Lei diede un morso al tramezzino, mastico lentamente, sempre concentrata sul diagramma. — Quale ricevente raffigura? Quella originale, o l’altra?
— Quella modificata. Averno preferisce che i privati non sappiano neppure che esiste una FA. Quindi, per evitare migliaia di domande sui sigilli, che comunque non sono facili da individuare se non si sa dove cercare, non li indica nei diagrammi.
Lei alzo gli occhi, sorpresa. — Tu come lo sai?
— Mi piace sapere le cose. Caffe?
— Grazie. E questo posto… — Giro attorno lo sguardo, notando le costose attrezzature, l’intimita e l’immacolato ordine del rifugio. Si interruppe, chiedendosi quale menzogna o quale verita avrebbe ricevuto in risposta. Ma aggiunse solo: — E il posto in cui vieni a impararle…
Aaron si accosto al lavello e lavo le tazzine. Le lancio un’occhiata, una volta; lei fissava il proprio riflesso sullo schermo che si oscurava, o il riflesso meno distinto dei movimenti di lui.
Torno a occuparsi delle tazzine. Lei sfioro la tastiera silenziosa e batte sui tasti.
Ricerca: Averno.
Le lettere cominciarono a scorrere sullo schermo, riflettendosi sul suo viso.
Carcere spaziale, satellite della Terra. Progettato da H. Kent Claus. Sovvenzionato dal Governo Libero Mondiale allo scopo di rinchiudervi ergastolani e detenuti comuni potenzialmente pericolosi. Completato nel 29 GLM. Capacita 500.000. Ulteriori informazioni non disponibili. Rivolgersi all’Ufficio Sicurezza GLM per autorizzazione e codici.
Disegno strutturale di Averno.
Informazione riservata.
Procedure di atterraggio.
Informazione altamente riservata.
Rivolgersi al direttore di Averno, Klyos Jason, per informazioni.
Lei cancello la schermata. Aaron si avvicino porgendole il caffe.
— Grazie.
— Hai terminato?
— Si. — Reclino la testa sulla spalliera della sedia e gli sorrise, e Aaron desidero strapparla a quel luogo silenzioso, senz’aria, senza sole e portarla nell’alba piena di goccioline salmastre. Il sorriso di lei si irrigidi improvvisamente. La sua mano lo sfioro appena, per la prima volta. — Non ti mettero nei guai, vero? Per aver usato il tuo computer?
— Mi piacciono i guai — disse lui.
La riporto indietro in volo nella citta interna. Quando fini il turno di servizio, lei lo aspettava ancora, fra le ombre sgualcite e punteggiate di luce del suo letto. Commosso, non si fido a parlare. Si sedette sul letto, stanco, sudato, e le bacio il palmo della mano. Lei si chino verso di lui e struscio la guancia d’oro contro la barba ispida, girando la testa finche le labbra si incontrarono. Lui le afferro l’altra mano e le spalanco le braccia contro la luce. Lei lo tiro giu, giu, dentro un fiume d’oro e d’avorio pieno d’oblio.
Aaron udi la propria voce mormorare da lontano, o forse era solo nella sua mente. La luce gli colpi gli occhi. Udi le strida dei gabbiani fuori dalla finestra. Piu tardi si scopri con la guancia appoggiata a una coscia. Con una mano teneva coperto un seno, con l’altra stringeva un piede. Sollevo quel piede, incuriosito, come se avesse dimenticato di chi era, e ne bacio il collo. Qualcuno disse qualcosa.
— Come? — Sollevo la testa, battendo le palpebre. Il viso di lei, selvaggiamente dorato, lo fece trasalire. Lei lo guardo in silenzio, a lungo, con occhi profondi, indecifrabili. Poi riuni i pezzi di se stessa strappandoli alla sua stretta, gli mise le braccia al collo e lo bacio gentilmente.
— Hai dimenticato che ero io — disse. — Non e vero? Stavi pensando a…
Lui le strinse il viso fra le mani, la fisso pieno di sgomento. — Non vorrai sbattermi via dal letto per questo?
— Ho troppo bisogno di te. — Le sue mani si mossero; la sua voce si attenuo in un sussurro. — Ho bisogno di te, ti voglio, Aaron Fisher…
— Chi sei?
— La Regina di Cuori.
— Chi sei?
— Una cubista. Una donna che lavora duro, alla quale tu hai dato una rosa.
— Chi sei?
Il suo sussurro gli scivolo lungo il ventre, gli lambi l’inguine come fuoco. —
Si sveglio lentamente, la vide destarsi con un mutare di respiro, un battere di ciglia. Il suo viso era quasi completamente nascosto dalle braccia e dai capelli; c’era solo la curvatura di un sopracciglio, un occhio. Fece scivolare la mano sotto l’ascella fino a sfiorarle la guancia e vide l’occhio sorridere.
La tiro su di se; lei abbasso la testa, gli circondo la sua con le braccia. In quel rifugio sicuro si baciarono fino a restare senza fiato, e lasciarono fuori i fantasmi che li conoscevano e li cercavano invano.
Lei si sedette su di lui, guardandolo dall’alto. Le sue mani riposavano sulle sue cosce. Aaron si mosse, comincio a dire qualcosa, poi rimase in silenzio, sorridendole. Lei gli passo le dita lungo le labbra, l’orecchio. Poi rimase di nuovo immobile, con le mani posate sul suo petto e la testa china, rispecchiando il sorriso di lui.
Quando Aaron si sveglio nuovamente, era solo. Erano le due del pomeriggio. La luce calda sembrava solidificata sul pavimento. Per la prima volta si accorse di quant’erano impolverate le finestre. Le pareti bianche erano spoglie. Il regolamentare tappeto del ghetto sembrava un deserto grigio e squallido. “Dovrei mettere un po’ d’ordine”, penso con sorpresa. Per anni era vissuto spartanamente, senza desiderare nient’altro che l’elicar piu veloce e le migliori apparecchiature per il rifugio. Si alzo a sedere, ammiccando ai suoi piedi, e comincio pian piano a capire quanta parte di se la Regina di Cuori avesse lasciato in quella stanza solitaria, nel suo cuore.
Qualcosa lo fissava. Giro la testa e vide il messaggio luminoso. Allungo la mano oltre il letto e lo tocco, sbadigliando.
Mentre rispondeva alla chiamata del Mago, ricordo che il
— Magico Capo? — disse mentre lo schermo del Mago si illuminava. — Sei ancora qui?
— Aaron — disse il Mago con aria trasognata; e Aaron gli ricordo: — Mi hai chiamato tu.
— Ah. — Il Mago ridacchio. — La tournee comincia a darmi alla testa. Ho chiamato un paio d’ore fa, cercando la mia cubista. E gia qui.
— Davvero? — Si strofino gli occhi, ancora assonnato, cercando di schiarirsi le idee, mentre il Mago aspettava pazientemente. — Siete in partenza?
— Stiamo aspettando di essere rimorchiati in posizione di lancio.
Aaron rimase di nuovo in silenzio, senza pensare, lasciando che i sentimenti arrivassero. Si presentarono con semplicita, come la rosa tirata fuori di tasca. — Voglio venirvi a salutare.
Arrivo allo scalo con l’elicar, trovo la Regina di Cuori seduta sulla scaletta del