— Ma come facevate a saperlo? Perche avete voluto a tutti i costi fare ricerche?
“Perche”, penso Jase, “stavo parlando con un genio musicale di nome Sidney Halleck a proposito di vecchie filastrocche e il suo nome mi e venuto in mente per caso, e lei faceva parte di un complesso che Sidney per caso mi ha raccomandato, e adesso lei per caso si trova su Averno, e che io sia dannato se so cosa succedera dopo.”
— Te lo spiegherei — disse — ma mi faresti rinchiudere in manicomio.
— Be’, e adesso? Non possiamo arrestarla, ma non possiamo neppure lasciar perdere. Sara solo una coincidenza, ma lei e venuta qui sotto falso nome, su una lancia sospetta, che per caso e una vecchia spaziomobile di Averno…
Jase annui. — Cominci a vedere quello che vedo io. — Rimase in silenzio un momento, battendo senza rumore le nocche sulla scrivania di Nils, fissando corrucciato il vuoto. — Almeno possiamo farle sapere che sappiamo. — Tocco un pulsante dell’intercom. — Klyos. Infermeria, il dottor Fiori.
Sullo schermo il dottore aveva un’aria leggermente stravolta, come se fosse stato vicino a Terra per troppo tempo. — Si — rispose con aria assente.
— Dottor Fiori, la vostra paziente e interessata a visitatori?
— Al momento e interessata solo alle conchiglie.
— Ah. Be’, uno degli ospiti di stasera e sua sorella. E arrivata inaspettatamente. Non ha fatto nessuna richiesta di vedere Terra, ma mi e sembrato opportuno farvelo sapere, casomai foste interessato.
— Lo sono, ma non vedo… Che genere di rapporti aveva con Terra?
— Come diavolo faccio a saperlo?
— Me l’immaginavo.
— Sono gemelle, e tutto quello che…
— Gemelle! — esclamo in tono esplosivo il dottor Fiori. — Perche non c’era sulla scheda?
Jase si strinse nelle spalle. — C’e sulla nostra.
— Non avevo… Lei vuole vedere Terra?
— Non lo so. Ho intenzione di chiederglielo.
— Potrebbe strappare la mente di Terra dalla conchiglia.
— Conchiglia?
— Si e attaccata a un’unica immagine. Avete idea di quanto sia difficile pensare a un’unica cosa per piu di…
— E pazza. D’accordo. Parlero a Michelle e…
— A chi?
— A sua sorella. Michelle Viridian.
— Michelle! — grido il dottor Fiori. — Non conchiglia! Non
3
Il Mago, seguendo Jeri Halpren lungo il corridoio che curvava allontanandosi dallo scalo, sbatte le palpebre all’improvviso velo di sudore che gli aveva inondato il viso appena posto piede su Averno. Stanchezza, penso, ma sapeva che non era dovuta all’atmosfera e all’immutabile luce silenziosa che sembrava scintillare come se il livello dell’ossigeno fosse troppo alto, o alle ombre delle roboguardie che sembravano allungarsi, nere e rigide, come avvertimenti sotto i suoi piedi. Jeri Halpren, un tipo chiacchierone e noioso, stava spiegando le meraviglie del suo programma di riabilitazione. Per fortuna non pretendeva risposte, visto che nessuno sembrava disposto a parlare, nemmeno Quasar, che lo guardava con occhi stupefatti come se appartenesse a un sesso mai incontrato prima. Di tanto in tanto il Professore emetteva un monosillabo cortese, con la mente altrove. Nebraska era rimasto ad aiutare la squadra addetta allo scarico delle attrezzature. La Regina di Cuori era stranamente silenziosa, tanto che il Mago una volta si giro indietro per vedere se c’era ancora.
Jeri Halpren apri finalmente una porta che dava su un appartamento piccolo e comodo.
— Locali per ospiti di riguardo — disse con orgoglio. — Un vecchio modello del 20° secolo, completo di maniglie e serrature. In fondo al corridoio c’e il refettorio aperto giorno e notte, e dall’altra parte la sala giochi. Vi si chiede di non andare in giro oltre questi limiti. Adesso faro in modo che il vostro tecnico del suono trovi la sala adatta. Ci sono domande? — Rivolse loro un altro balenio di denti candidi e si congedo.
— Dov’e lo scotch? — chiese il Mago, quando la porta si richiuse.
— Sei nervoso? — chiese sorpreso il Professore. — Magico Capo, credevo che i tuoi nervi fossero corde di pianoforte.
Il Mago si era accostato alla parete opposta e aveva aperto le tende, prima di fermarsi a riflettere. La stanza non aveva finestre, ma solo la raffigurazione di una nebulosa che creava stelle simili a schegge di zaffiro contro il nero dello spazio. Rimase a fissarla, sospirando in silenzio.
— Per niente — rispose in tono deciso, a beneficio di Quasar. — Ho solo voglia di bere.
— Nei bagagli.
— Il posto piu stupido. — Finalmente si giro; Quasar, con un guizzo negli occhi, aveva captato la sua inquietudine. Andava su e giu lungo un piccolo ovale immaginario compreso fra due divani; la precisione di quel percorso affascinava il Mago, e lo sgomentava. La Regina di Cuori si era raggomitolata nell’angolo di un divano. Sembrava non pensare a niente, non vedere niente; il suo insolito. silenzio infastidiva il Mago almeno quanto l’andirivieni di Quasar, su e giu come in prigione. Solo il Professore, che aveva circondato con un braccio Quasar per farla smettere, sembrava immune al nuovo ambiente.
— Animo, gente! — disse il Professore. — Siamo su Averno. Terra di mostri con cento occhi e cani con tre teste, di musicisti, di poeti, e del fiume dell’oblio.
—
— Cerbero, guardiano dell’Averno.
— Che bisogno c’era di un guardiano, all’inferno? Da chi doveva proteggerlo?
— Dai vivi.
—
Il Mago smise anche lui di passeggiare, cercando di mettere a fuoco un ricordo. — Non c’era una vecchia storia di un musicista che libero qualcuno dall’Averno? Ricordi? C’era un tranello…
Il Professore abbandono Quasar e si lascio cadere sul divano vicino alla Regina di Cuori. Contemplo le stelle turbinanti. — Un greco pre-GLM… Orfeo. La donna che amava mori e lui la segui fino all’Averno. Suono per i morti con tanta bravura che alla moglie fu permesso di seguirlo nel ritorno. Ma lui doveva aver fede. Se avesse perso la fede e si fosse guardato indietro per vedere se lei lo seguiva, avrebbe perso la possibilita di riportarla con se. Il tranello era: non guardarti indietro.
— Be’ — disse la Regina di Cuori dopo qualche istante — cosa successe? — La sua voce suono fragile e inattesa come quella di una bambina nell’Averno. — Riuscirono a fuggire?
— Certo che no — disse allegramente il Professore. — Lui era cosi felice, la sua donna era cosi bella, che si guardo indietro. In quale altro modo poteva finire? Nessuno torna indietro dall’Averno.
Il Mago non parve convinto. — Ne sei sicuro? — chiese, perplesso. — Finisce proprio cosi?
La Regina di Cuori emise una breve risata, insolita quanto lo era stata la sua voce. — Io ci credo — disse. Il Mago, cercando di ritrovare nelle sue parole tutte le vaghe cadenze e le modulazioni alle quali era abituato, rimase immobile, puntandole lo sguardo addosso. Lei guardava in alto, come se riuscisse a scorgere oltre il soffitto del piccolo appartamento l’enorme labirinto tutto curve degli anelli. — Questo posto e cosi grande — mormoro. — E c’e solo una via per entrarci.
Il Mago ricordo allora un’immagine riposta con noncuranza in un angolo della mente, come un sogno bizzarro, durante le ultime, intense settimane: la visione che aveva avuto nel club di Sidney Halleck, la premonizione che un giorno Averno si sarebbe rivelato il punto focale di tutti i suoi pensieri, e quel giorno, da qualsiasi parte guardasse, qualsiasi musica suonasse, Averno gli avrebbe riempito gli occhi, la mente; le sue