riusciva a distogliere lo sguardo dalla sagoma dentro la bolla, piu in alto. Vide il viso di Terra, velato da pareti trasparenti. Michelle l’aveva lasciata andare; la bolla aveva riacquistato una forma sferica. Terra si stava ritraendo nell’ombra, ma mentre si spostava incontro i suoi occhi.

Il Mago si senti rizzare i capelli. Era troppo stupito persino per tremare. “Tu”, dissero gli occhi di Terra. “Tu.” Lui chiuse di nuovo gli occhi, sentendo un rivolo di sudore gelido lungo la schiena. Ma i ricordi erano ancora nella sua mente: i ricordi di lei. Vide dov’era nata, vide il deserto in cui aveva ucciso, vide il colore dei suoi capelli da bambina. Come un ragno lei aveva intessuto una tela, spinta dal bisogno, e l’aveva catturato.

— Niente immagini — disse uno dei due assistenti maschi del dottore. — L’abbiamo persa?

— Michelle — disse gentilmente il dottor Fiori. — Ditele qualcosa.

— Terra. — La voce si inceppo, stridente. — Terra. — Michelle tremava di nuovo. Il Mago sembrava aver messo radici dove si trovava quando gli occhi di Terra l’avevano sfiorato. Michelle era sola con Terra, completamente dimentica di tutto. Le lacrime le rigavano il viso, e lei di tanto in tanto se le asciugava senza rendersene conto. — Terra. Puoi parlarmi?

Dalla bolla provenne un sussurro. — Michelle?

— Si, Terra.

— Io sono un vento solare, nato dal fuoco.

Il dottor Fiori mormoro qualcosa. Michelle disse, senza girarsi: — E il verso di una poesia. L’ha scritta quando aveva 12 anni. Terra. Sei cosi magra! Non mangi?

— Quale?

— Come, quale?

— Quale parte di me? Io mangio e io non mangio. Non in questo momento. Non prima della fine.

— Quale fine?

— La fine della visione.

Il Mago si senti oscurare la vista da un tenue tramonto viola. Si giro, con occhi annebbiati, colto dal panico, e scorse la propria visione proiettata sullo schermo. Qualcuno disse, guardandolo: — Ancora la nebbia d’ametista… un significato ce l’ha di sicuro, ma quale?

Il Mago respiro con piu calma, mentre la luce si affievoliva. Senti uno sguardo su di lui, e scopri che il direttore Klyos lo fissava dalla soglia. Si accorse di avere la bocca secca, le mani strette a pugno. Forse doveva cercare di parlare, ma Terra lo attiro di nuovo, catturo ancora tutta la sua attenzione.

La sua voce perse il tono di distacco. — Michelle.

— Si?

— Ascoltami. Ascolta.

Una scogliera a strapiombo nera come spazio profondo. Un confuso cielo rossastro sullo sfondo. Un ovale ripiegato su se stesso, di tutti i colori o di nessun colore, disteso su sabbia ametista. Una sfocata visione di una stella rossa. La scogliera. L’ovale. Il sole rosso… Il bisogno, il primigenio, prepotente, schiacciante bisogno… La visione.

Il Mago cesso perfino di respirare. Si accorse di tenere gli occhi sbarrati. Il viso magro, gli occhi enormi, che scorgevano visioni, che vedevano nei suoi, che lo costringevano a vedere…

Michelle mormoro: — Ti ascolto. — Era una domanda. Lei attendeva ancora, capi il Mago, aspettava ancora di udire quello che era stato appena detto… E infine giunse di nuovo la voce di Terra, quasi persa dentro la bolla.

— Sono cosi stanca. Cosi stanca.

— Parlatele — mormoro il dottor Fiori.

— Lei…

— Parlatele. Fate in modo che ricordi.

— Terra. — Si interruppe, cercando a tentoni il passato. — Ti… ti ricordi quando arrivammo al Settore Costadoro? Vedemmo l’erba sotto il sole per la prima volta. E grandi giardini di fiori sbocciati senza bisogno di serre. Ti ricordi?

— Uccelli… zanzare…

— Si.

— Ragnatele stagliate contro la luce del mattino.

— Alberi di limone. Non avevamo parole sufficienti per tutte le cose che vedevamo.

— Parole.

— Avevamo 16 anni. Appena giunte sulla Terra. Eravamo tristi, dapprima. Ma dopo un po’ cominciammo a ridere di nuovo.

— Tu suonavi musica. Sempre, sempre… la sognavi, l’amavi, ne eri ossessionata… Era la tua visione.

— E tu badavi a tutt’e due. Mi giustificavi a scuola, cucinavi, mi compravi persino i vestiti…

— Tu guidavi l’elicar. Tu riparavi le cose. Tu avevi il sogno.

— Tu avevi…

— Non avevo nessun futuro.

— Tu…

— Aspettavo. Un futuro inesistente. Un luogo dove mi avrebbero tagliato i capelli.

— Ricresceranno…

— Non qui. Mai, nell’Anello Scuro. E non me ne andro mai.

Michelle fece per parlare. Poi si porto le mani alla bocca, ingobbita, travagliata da un’angoscia muta. Il Mago, mosso a compassione, le si avvicino di un passo. Ma un’ombra fiori nella sua mente e lo blocco. La figura si appiatti come una goccia di pioggia sul selciato, poi si raccolse su se stessa e sgattaiolo via dalla spiaggia viola. Fu seguita da un’altra. Un’altra. Dentro di lui crebbe un suono. Chiuse gli occhi, ma le ombre continuarono a fiorire. “Terra”, supplico. “Terra.” E, sorprendentemente, le ombre si arrestarono.

— Si sta smarrendo. Continuate a parlarle, Michelle. — La voce del dottor Fiori era bassa, insistente. — Michelle. Chiedetele del Settore Deserto.

— No. — Scosse la testa vivacemente. — No.

— Chiedeteglielo.

“Buon Dio, no,” penso il Mago, terrorizzato.

— Chiedeteglielo. Con cautela.

Michelle si giro, stravolta, tormentata; il dottor Fiori disse ancora: — Con cautela. Senza turbarla.

— Come? — Sospiro con un brivido. — Come posso chiederglielo senza turbarla?

— La conoscete meglio di noi.

— Non la conosco! Non l’ho mai conosciuta!

— Sst. Fatelo con dolcezza. Tentate. Per amor suo.

Lei si volto ancora verso Terra, e la sua voce si ridusse a un mormorio appena intelligibile. — Terra, mi senti?

— Michelle.

— Quasi non vedo il tuo viso. Non hai freddo, li dentro?

— Freddo. Qui non c’e freddo.

— Ricordi… ti ricordi dell’ultima volta che ci vedemmo? Sette anni fa? — Dentro la bolla ci fu silenzio. Il Mago udi il proprio cuore martellare. “Posso uscire da qui”, penso, “posso andare lontano.” Ma il suo corpo aveva le stesse reazioni di una pietra. E ora per lui non c’era nessun luogo dell’universo oltre agli occhi di Terra, la visione di Terra.

— Terra. Ti ricordi?

— Non c’e tempo. — Le parole erano un sussurro.

— Mi desti un bacio d’addio. Indossavi l’uniforme.

— No.

— Terra, tentai… tentai di vederti, dopo. Io… loro non mi permisero…

— Lo so.

Nella stanza nessuno fiatava.

— Come potevi sapere? Non mi permisero di vederti, dissero che eri pericolosa, dissero…

— Il tuo viso non era nella visione, ma lo sapevo. Il resto… — Un braccio sottile si mosse. — Il resto era niente. — Si accartoccio sul pavimento della bolla, stringendosi le ginocchia, scuotendo la testa avanti e indietro.

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