Nel largo sedile anteriore ci stavamo comodamente tutti e tre. Non parlammo molto, neppure Jackie, che innervosita si preoccupava solo di suggerire al marito l’una o l’altra strada… da quando i suoi due fratelli piu giovani erano morti in modo spiacevolissimo, uno investito e l’altro arso vivo fra le lamiere contorte, bastava un po’ di traffico a tenerla sulle spine. E io avevo i miei pensieri. Le dieci di sera erano appena passate. A Chicago erano le nove. Senza dubbio Ferdie era ancora in piedi. Avrei dovuto chiamarlo? Avevo il diritto di stabilire quale fosse il bene di me e di Dom? Avevo il diritto di stabilire cosa fosse o non fosse meglio anche per Ferdie?
Cosi non mi accorsi subito che avevamo rallentato a causa di un inatteso ingorgo un po’ piu avanti, e l’imprecazione irritata del senatore mi fece sussultare. — Che diavolo fanno? — sbotto, cercando di vedere al di la delle auto bloccate di fronte alla nostra.
— E successo qualcosa? — chiese Jackie. — Un incidente?
Non si trattava di un incidente.
Kennedy impreco. Attraverso il parabrezza della macchina piu avanti intravidi un veicolo che veniva nella nostra direzione, sull’altra corsia. Era grosso e veloce, ma non aveva i lampeggiatori della polizia o delle ambulanze. Anzi non aveva luci per niente, a parte un faro che sciabolava ritmicamente di qua e di la un raggio nitido e tagliente come una lama. E quella luce si rifletteva su qualcosa che sporgeva sul davanti del veicolo stesso.
Mi sembro quello che avrei detto un cannone.
— Gesu Cristo e tutti i Santi! — esclamo il senatore. — E un maledetto carro armato!
Jackie mando un’esclamazione simile a un gemito… e cosi anch’io, credo, perche il senatore aveva dato gas con una violenta sterzata a sinistra. Fece compiere alla grossa Chrysler un mezzo giro, sfiorando il marciapiede opposto cosi da vicino che un coprimozzo si stacco e rotolo via. Poi cambio marcia e accelero energicamente, conservando una ventina di metri sul carro armato che ci arrivava alle spalle. Continuo ad aumentare velocita sul tortuoso lungofiume, superando i centocinquanta all’ora, ma il mezzo blindato non aveva perso molto terreno, e voltandomi vidi con orrore che il cannone si abbassava. Ci stava mirando dritto addosso. Anche il senatore dovette accorgersene, perche al primo incrocio inchiodo i freni e giro a destra di colpo. La sbandata ci porto fin sul marciapiede opposto di quella traversa, e dopo che una delle ruote posteriori lo ebbe urtato — e lo urto a non meno di settanta all’ora — ci fermammo di traverso sulla strada.
Un taxi ci stava arrivando addosso strombazzando disperatamente.
Non mi ero mai sentita tanto vicina alla morte. Con un miracolo di abilita l’autista del taxi riusci a fermarsi, anch’egli di traverso, e con non piu di un palmo di spazio fra la portiera e il nostro parafanghi. Attraverso il finestrino vidi l’autista che urlava maledizioni a John, rosso in faccia e sconvolto.
Non gli prestammo alcuna attenzione.
Il nostro motore era in folle, ma John non tento neppure di ripartire. Apri la portiera e usci, raddrizzandosi con un grugnito di sofferenza, gli occhi fissi sull’altra strada. Il carro armato ci passo davanti in un rombare di cingoli, veloce e minaccioso, seguito da una dozzina di camion da trasporto-truppe. Erano aperti, e potei veder luccicare gli elmetti di molti soldati in assetto di guerra. A chiudere la fila c’era un altro grosso tank.
— Da non credersi — mormoro John Kennedy.
— Perche stiamo facendo pattugliare le strade da mezzi blindati? — domandai. Lui si volse a fissarmi. John non era certo un giovanotto, ma non l’avevo mai visto cosi vecchio e stanco come in quel momento. Mise un braccio attorno alle spalle di Jackie con fare protettivo.
— Non siamo noi a farlo — disse. — Quelli non sono nostri. Non ho mai visto carri armati di quel genere.
Stavo sognando che Mrs. Laurence Rockefeller mi aveva incaricato di stipularle ipoteche su tutto il complesso di appartamenti da seicento milioni di dollari che aveva sul lungolago, solo che voleva partire con una rata mensile di centocinquanta dollari e tutta in monetine da dieci cents… e quando finalmente avevo il contratto pronto, lei non poteva firmare perche non aveva i pollici. Poi il sussulto dell’aereo che toccava la pista mi sveglio, e la prima cosa che mi chiesi non fu dove mi trovavo, ne cosa mi sarebbe accaduto, ma se Mr. Blakesell aveva saputo del mio arresto in tempo per mandare qualcuno dai tre clienti che avevo lasciato in sospeso. Io non potevo farci niente, naturalmente.
E non c’era nessun’altra cosa che potessi fare, perche ero stato ammanettato alla spalliera del sedile di fronte. Il mio primo volo sulla lunga distanza a bordo di quel nuovo grosso quadrimotore Boeing era stato un’interminabile tortura. Avevo sofferto su quella poltroncina per sette ore, oltre alle due fermate intermedie, mentre sotto di me scorrevano centinaia o forse migliaia di miglia. Ma i dolori che avevo addosso me li portavo dietro da prima che mi spingessero su per la scaletta dell’aereo, con le mani imprigionate dietro la schiena e quel ringhioso agente dell’FBI, Moe Nonsochi, che mi minacciava di tutte le condanne del codice qualora avessi parlato, o cercato di fuggire, o tentato di levarmi il cappello e quel velo sulla faccia che mi avevano messo per evitare che chiunque potesse riconoscermi. Lui sapeva tutto sui dolori con cui ero giunto all’aeroporto. Aveva lavorato duramente per procurarmeli.
Dovevo ammettere ormai che quella gente dell’FBI, uomini e donne, la sapevano lunga su come far male senza lasciarvi un segno addosso.
Al di la del passaggio centrale anche l’altro prigioniero, lui pure con cappello e velo sulla faccia, s’era svegliato. Potevo vederlo muovere la testa. La sua guardia continuo a russare vigorosamente come la mia, intanto che l’aereo rullava avanti lungo una pista che si sarebbe detta senza fine.
Almeno ero fuori da quella cella di sicurezza nel loro quartier generale di Chicago dove avevo trascorso la piu parte degli ultimi… quanti erano stati? Giorni, di sicuro, anche se nessuno mi aveva detto quanti. Era stato un soggiorno assai sgradevole, malgrado la compagnia di un gruppetto d’individui socialmente indesiderabili (sindacalisti sulla via del campo di concentramento, speculatori falliti, negri che non avevano voluto stare al loro posto) ma avevo finito per trovarli amabili, a confronto di quelli che ogni tanto venivano a prendermi per interrogarmi ancora. Da me non avevano saputo nulla, naturalmente. Io non avevo nulla da dire… ma, mio Dio, quanto avrei desiderato averlo!
Poi Moe era venuto a scuotermi dal sonno, mi aveva fatto fare il corridoio a spintoni e da li a non molto m’ero ritrovato su un aereo. Diretto il Cielo sapeva dove.
No. Sia il Cielo che io sapevamo dove, adesso, perche attraverso il velo e il cristallo del finestrino potevo vedere il terminale di un piccolo aeroporto. Su di esso una grossa insegna augurava:
Il New Mexico, sant’Iddio! Cosa potevano volere da me nel New Mexico?
Ovviamente Moe non si sarebbe preso la briga di dirmelo. La hostess venne a battergli su una spalla per