«Ma certo» disse Eve. «Io sono la tua ragazza, no? Infatti saro io a chiamare la polizia.»

Thorne rimase senza parole, rendendosi conto che la donna aveva ragione. Jameson se ne sarebbe andato, dopo aver scassinato la porta che la sorella aveva lasciato aperta per lui in modo da simulare l’intrusione di un estraneo.

Poi lei avrebbe composto il 999.

Thorne sapeva che Eve avrebbe interpretato perfettamente la parte della testimone traumatizzata e della fidanzata in lacrime.

Sapeva per esperienza quanto fosse in gamba.

Vedeva gia con gli occhi della mente i suoi colleghi poliziotti innamorarsi di lei, mentre raccoglievano la sua deposizione.

L’idea che quei due non avrebbero pagato per la sua morte causo a Thorne un moto di rabbia. Gli fece nascere dentro una feroce determinazione a non sprecare neppure un secondo di tempo.

«Dimmi del fulmine, Eve.»

Lei non disse nulla, ma Jameson abbocco. «Franklin doveva pagare. Era una cosa decisa da molto tempo. Solo che ci ho messo un po’ prima di sistemarlo.»

Si era spostato tra Thorne e la porta, mentre Eve era di nuovo accanto al letto. Probabilmente il ragazzo aveva ancora in mano il cappuccio e la corda. Thorne penso che Roger Noble era stato fortunato. Se non fosse gia morto, quasi certamente Jameson avrebbe sistemato anche lui.

«E perche non vi siete fermati li?» chiese Thorne.

«E stato quello che abbiamo fatto» rispose Eve. «Abbiamo continuato a vivere la vita che ci eravamo ricostruiti, finche, una sera in cui avevo ballato troppo a una festa, un pezzo di merda ha capito che “no” significava “si” e mi ha seguita a casa.»

A faccia in giu sulla moquette, Thorne immagino l’espressione sul viso di Eve. L’aveva gia vista la sera in cui avevano attraversato i London Fields insieme, quando lui le aveva parlato del caso e lei aveva detto: «Questo tizio lavora per abbassare il tasso di recidivita».

«Sarebbe stupido chiederti se hai denunciato l’aggressore alla polizia.»

Gli stivali neri di Jameson entrarono nel suo campo visivo. «Sarebbe proprio stupido. Ce ne siamo occupati personalmente.»

Thorne ricordo l’altro caso che Holland e Stone avevano trovato negli schedari del CRIMINT. Un uomo violentato e strangolato, rinvenuto nel bagagliaio di un’auto. Il cappio era stato tolto, ma ora Thorne non aveva dubbi che si trattasse di una corda da bucato.

Aveva risolto un altro omicidio, nei pochi minuti che lo separavano dal proprio.

«Il che ci riporta tutti quanti al presente» disse Jameson.

“Cioe a me” penso Thorne. Lui era l’ultimo di una serie di uomini uccisi, collegati tra loro dal laccio piu resistente e strano di tutti: quello della famiglia.

«Uccidi l’uomo che secondo te era colpevole della morte dei tuoi genitori. Uccidi l’uomo che cerca di violentare tua sorella. E cominci a prenderci gusto…»

«Non provo gusto a uccidere.»

«Mi correggo: cominci a prendere gusto a un’idea perversa di giustizia riparatrice.»

«Ma senti un po’…»

«Allora dimmi che farlo non ti piace.»

La voce di Eve, appena piu forte di un sussurro, li interruppe. «Facciamola finita. Subito.»

Thorne la senti, avvicinarsi. In quel momento, Jameson sollevo uno stivale e gli monto a cavalcioni sulla schiena. Thorne sapeva cosa sarebbe successo, ma non intendeva subirlo. Reagi d’istinto, distendendo le ginocchia e allungando le gambe cosi da finire con il ventre a terra. Due paia di mani lo afferrarono, cercando di rimetterlo in una posizione accessibile…

La parte superiore del corpo di Thorne era talmente indolenzita da essere poco piu che un peso morto. La parte inferiore, pero, riusciva ancora a scalciare selvaggiamente.

«Piantala!» esclamo Jameson.

Thorne urlo. Ormai la paura era molto superiore alla rabbia. La sua voce suono stridula e debole e fu subito messa a tacere da un rumore assordante e da un gemito, mentre il pugno guantato di Jameson gli si abbatteva piu volte contro un lato della testa. Alla fine, Thorne non pote fare altro che lasciarsi andare e aspettare che tutto cessasse.

Passarono diversi secondi, in cui Thorne, pur avendo perso la cognizione di dove si trovavano i suoi aguzzini, avverti un movimento di mani e piedi e una pressione… Quando il rumore assordante nella sua testa si fu un po’ placato, senti la voce di Eve che diceva: «Tienilo fermo».

Si rese conto di aver iniziato a piangere e ringrazio il cielo di non aver perso il controllo della vescica o degli sfinteri. Sollevo di un paio di centimetri la testa dal pavimento. Le lacrime gli scivolarono pungenti sulla ferita. «Un’ultima cosa» disse, rivolto a Jameson. «Mi violenterai prima o dopo avermi ucciso? E una cosa che non siamo riusciti a stabilire per gli altri omicidi.»

Jameson era seduto a cavalcioni sulla sua schiena. Si chino per parlargli all’orecchio. «Din don. Risposta sbagliata, ispettore Thorne. Io non ho mai violentato nessuno.»

Thorne senti una mano che gli sollevava la testa, tirandolo per i capelli, ma dimentico immediatamente il dolore al collo e alle spalle, appena vide quello che Eve teneva in mano. La riproduzione di un organo maschile, grosso e nero. Uno strumento creato solo per il piacere di chi gode nel fare del male.

Un’arma, pura e semplice.

«Non dobbiamo preoccuparci del preservativo, stavolta» disse Eve.

Thorne penso alle tracce trovate durante la prima autopsia. La naturale deduzione che la vittima fosse stata penetrata da un organo di carne e sangue, che lo stupratore fosse stato un uomo e che indossasse un preservativo…

In circostanze diverse, Thorne forse avrebbe riso. Ma sapeva bene che cosa gli avrebbe fatto l’oggetto che Eve teneva in mano, una volta che lei gliel’avesse spinto dentro.

«Per rispondere alla tua domanda, comunque,» disse Jameson «abbiamo scoperto che fare entrambe le cose nello stesso tempo da ottimi risultati.»

Holland penso di aver udito un grido, mentre si lasciava cadere sul pavimento della cucina. Rimase in ascolto.

Nel soggiorno lo stereo era acceso. La solita merda country. Holland udi una serie di tonfi sordi, poi di nuovo il silenzio.

Attraverso rapidamente la cucina ed entro nel soggiorno, furtivo come il ladro che era passato da quella stessa finestra alcune settimane prima. Sul tavolo in fondo alla stanza vide la spia rossa del telefono staccato e non ebbe bisogno di avvicinarsi al cellulare, posato li accanto, per sapere che era spento.

La canzone fini e, nella breve pausa prima dell’inizio della successiva, Holland udi un mormorio provenire dalla camera da letto. Non riusciva a distinguere le parole, ma oltre alla voce dell’uomo e della donna riconobbe quella di Thorne e si senti improvvisamente sollevato.

Non c’era tempo da perdere, comunque. Holland sapeva di dover agire in fretta e non aveva idea di cosa lo aspettasse al di la della porta. Mentre si guardava intorno alla ricerca di un oggetto da usare come arma, il suo pensiero ando a Sophie.

Thorne senti una fitta di dolore al collo e alle spalle, mentre Jameson spostava il peso su di lui. Vide una mano passargli davanti al viso, una mano con una corda da bucato avvolta intorno alle dita.

«E strano come funziona la mente di un uomo» commento il ragazzo. «Anche alla fine, ormai vicini alla morte, avevano tutti piu paura di cio che accadeva dietro di loro che del cappio.»

Thorne senti la mano di Eve premergli sulla parte finale della schiena e si irrigidi avvertendo il tocco freddo della plastica.

«Su quella scala da uno a dieci…» disse lei «quanto ne hai voglia?»

Thorne strinse i denti, cercando di spingere in basso il bacino e appiattirlo contro il pavimento, ma il movimento era ostacolato dai cuscini che i due gli avevano piazzato sotto la pancia.

Jameson afferro i capelli di Thorne, sollevandogli la testa. «Ti do un consiglio, poi tu fai pure come credi»

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