disse, mentre Thorne scuoteva la testa. «Sara meglio che non lotti contro il cappio, quando ce l’avrai intorno al collo.»

Thorne fece appello a ogni sua forza residua per riabbassare la testa e premere il collo contro il pavimento.

Senti uno strattone ai capelli che per poco non lo scotenno e, contemporaneamente, la punta del vibratore che premeva tra le sue natiche. Continuo a tenere la testa abbassata, sapendo che se Jameson fosse riuscito a infilargli il cappio e il cappuccio tutto sarebbe finito molto presto.

«Fa’ come ti pare» disse Jameson. «Voglio solo dirti che, se mi lasci fare, perderai conoscenza molto prima che lei abbia finito…»

Thorne urlo e Jameson smise di tirare e gli sbatte la testa contro il pavimento. Thorne rimase immobile per alcuni secondi, stordito, e Jameson gli fece scivolare il cappuccio sopra la testa.

Thorne riprese a lottare, ma ormai sentiva dentro di se una strana calma, che aumento mentre il cappio cominciava a stringere. Senti la paura nel petto sciogliersi in nulla. Vide volti passare come lampi di luce. E si trovo a galleggiare in uno spazio nero, buio come la morte.

Il rumore della porta sfondata e le grida furono effetti sonori lontani, come un’eco. Ma si fecero assordanti non appena la pressione intorno al collo si allento…

Thorne inspiro e si impenno con forza, grugnendo e sbattendo la testa all’indietro contro qualcosa che cedette. Il peso che aveva addosso cadde o fu sbalzato via e lui si getto in avanti, rotolando sulla schiena. Sollevo le mani legate e comincio a lottare per togliersi il cappuccio con le dita intorpidite e insensibili.

Ci fu un grido, un rumore secco e il cigolio penetrante delle rotelle quando il letto si sposto…

Thorne alzo lo sguardo verso il soffitto, circondato da grugniti di sforzo e dolore e dal tonfo di corpi che sbattevano contro qualcosa di solido. Voltandosi di lato, vide Jameson e Holland avvinghiati contro l’armadio. L’anta si apri lentamente e nello specchio interno Thorne vide il riflesso di Eve che veniva verso di lui.

Poi il riflesso divenne una realta in carne e ossa…

Brandendo il coltello, Eve gli si avvento contro, o inciampo, o cadde. Thorne cerco di schivarla e contemporaneamente le assesto un calcio. Quando lei apri la bocca in una smorfia di dolore, o di odio, il piede di Thorne fu pronto a colpirla con violenza sotto la mascella. Uno schizzo di sangue li raggiunse entrambi ed Eve si accascio sul pavimento, come un pezzo di carne flaccida.

Thorne si alzo in piedi, traballando, e si diresse verso l’armadio. Holland si stava risollevando, pallido e ansimante. Jameson era a terra e gemeva, con un braccio piegato in modo innaturale dietro la schiena e l’altro teso verso un coltello che non avrebbe mai raggiunto. Sollevo gli occhi con un’espressione impossibile da decifrare, nello scempio che la testata di Thorne aveva prodotto sul suo viso.

Da sotto l’armadio sporgeva il collo di una bottiglia di vino. Thorne l’avvicino con il piede, mentre Holland cominciava a liberargli i polsi dalla cintura.

«E stato l’unico oggetto contundente che sono riuscito a trovare» disse Holland, ansimando. «Credo che la botta che gli ho dato gli abbia fratturato il braccio…»

Con le mani libere, Thorne si volto e si diresse verso Eve. Lei stringeva ancora il coltello, ma sembro notare appena la mano di Thorne che glielo tolse. Era occupata a cercare la meta mancante della sua lingua sulla moquette insanguinata. Se l’era mozzata proprio come suo padre, quando si era impiccato a quella ringhiera, tanti anni prima…

Thorne si accascio sul pavimento, appoggiando la schiena contro il letto. Il dolore cominciava a farsi pulsante. Nella testa, nelle braccia, dappertutto.

Nell’altra stanza, George Jones continuava a cantare, come se nulla fosse successo.

Thorne fisso la sua immagine nello specchio dell’armadio. Nudo e insanguinato sembrava un selvaggio.

«Ho telefonato a Hendricks» riferi Holland. «Stanno arrivando i rinforzi.»

«Bene» disse Thorne. «Ottimo lavoro, Dave. Ma ora passami le mie mutande, per favore.»

Parte Quarta

IL REGNO DOVE NESSUNO MUORE

CAPITOLO 33

Yvonne Kitson lo raggiunse sul cellulare, mentre lui era diretto a St Albans.

«Tom, come stai?»

«Bene, e tu?»

«Anch’io. Senti…»

Thorne sapeva che Yvonne non stava affatto bene. Il marito le aveva portato via i figli, dopo aver scoperto la sua storia con un funzionario di polizia. Era stato lui a telefonare ai superiori di Yvonne, riferendo che cosa la moglie stava facendo e con chi. E ora la carriera di Yvonne era sul punto di crollare proprio come la sua famiglia.

«Pensavo che avresti voluto saperlo subito» disse lei. «E stata gia fissata una data provvisoria per il processo.»

Erano passate sei settimane dall’arresto di Eve Bloom e Ben Jameson. Da quando Thorne era stato portato fuori dal proprio appartamento, pallido e con una coperta sulle spalle, come tante vittime che aveva visto in passato, e si era fatto strada a fatica tra auto della polizia e ambulanze.

Ora avrebbero dovuto riordinare e riesaminare tutto il materiale relativo al caso senza perdere tempo, essendo stata fissata la data del processo. Bisognava presentare la documentazione al procuratore della Corona e preparare i testimoni. Tutti i particolari dovevano essere sistemati con cura, in modo che gli avvocati potessero usarli in tribunale per ottenere una condanna.

A Thorne naturalmente la parte peggiore e meno interessante del lavoro era stata risparmiata.

Il suo momento sarebbe venuto dopo, sul banco dei testimoni.

Ma lui non smetteva mai di pensarci…

In netto contrasto con il suo atteggiamento nella vita reale, Eve Bloom si era dimostrata incredibilmente sincera negli “Incontri per una giustizia riparatrice” che Thorne teneva ogni giorno con lei nella propria mente. Eve non aveva mai provato per lui il minimo interesse sessuale. Altrimenti, sarebbe potuta benissimo andare a letto con lui nel proprio appartamento. Ma fare a Thorne cio che lei e il fratello avevano progettato di fargli non sarebbe stato facile, con Denise tra i piedi.

L’unica ragione per cui Eve non era riuscita a portare Thorne la dove avevano deciso di ucciderlo, e cioe nell’appartamento di lui, prima di quella sera fatale era stata il furto di un tossico diciassettenne, il quale senza volerlo gli aveva salvato la vita.

Ma c’era anche un’altra ragione, in realta…

Thorne l’aveva definita pigrizia. La paura di andare oltre, la riluttanza a proseguire una relazione. Avrebbe potuto essere qualcos’altro? Un indefinibile istinto di conservazione, per esempio? Di qualunque cosa si trattasse, Thorne l’apprezzava. E sperava di riconoscerla un domani, se ne avesse avuto bisogno di nuovo.

Dopo la telefonata di Yvonne Kitson, Thorne alzo il volume di Nixon. Aveva dato ai Lambchop una seconda possibilita ed era contento di averlo fatto. Il loro sound, ricco ed essenziale allo stesso tempo, era ipnotico. Ascoltando gli strani sussurri del cantante, Thorne penso al processo. Penso a ferite aperte e a cicatrici chiuse, ad altre persone la cui vita sarebbe stata rovinata, forse per sempre.

Sheila Franklin, Irene Noble, Peter Foley…

Denise Hollins, che aveva convissuto con due assassini, dividendo il letto con uno di loro. Thorne era rimasto in contatto con lei, ma le loro conversazioni non erano mai facili. Denise non aveva neppure cominciato a rimettere insieme i pezzi della sua vita.

Dave Holland, padre da tre giorni… Thorne era certo che Dave avrebbe fatto di tutto perche la storia della

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