Il locale notturno su Sands Avenue, nel centro di Las Vegas, era gremito. L’aria era satura di un fumo denso e azzurrognolo, attraverso il quale il fascio di luce dell’occhio di bue faceva fatica a passare.
Ben diverse pero erano le platee oceaniche a cui un tempo era abituato il grande attore. Ormai gli spettatori andavano a vederlo con lo stesso spirito con cui si osservano le fiere allo zoo: l’ammirazione aveva lasciato il posto alla curiosita e a un malcelato senso di compassione.
Il cerchio di luce si fece piu largo e nella sala scese il silenzio. Quindi uno speaker comincio a parlare con voce grave e profonda: «’Ho ucciso uomini e donne, vecchie e bambini di Oblucitza e Novoselo, dove il Danubio si getta nel mare fino a Rahova. Abbiamo ucciso 23.884 turchi e bulgari, senza contare coloro che sono arsi vivi nelle case a cui abbiamo appiccato il fuoco e quelli le cui teste non sono state mozzate dai nostri soldati…’ Da una lettera di Dracula datata 11 febbraio 1462 e indirizzata a Matthias Corvinus, re d’Ungheria».
Lo speaker a questo punto usci dalle quinte e, continuando a parlare, si incammino con passi lenti e calcolati sul palcoscenico: «Forse non tutti sanno che la creatura infernale e realmente esistita: Vlad III Dracula, signore di Valacchia, chiamato Tepes, l’Impalatore, ha calpestato la terra, prima che questa si aprisse e lo inghiottisse tra le fiamme degli inferi. Nacque a Sighisoara nel 1431 e mori in battaglia, nei pressi di Bucarest, nel 1476. Le sue spoglie, prive della testa che venne inviata come trofeo al sultano, furono sepolte nel monastero che sorge sull’isola di Snagov. Nel 1931, una volta individuata la tomba del principe valacco una spedizione di archeologi apri il sepolcro. All’interno venne rinvenuto soltanto lo scheletro di un animale.
«Gli aneddoti sulla malvagita dell’Impalatore si sono diffusi per secoli tra le popolazioni germaniche e russe».
Ogni volta che il narratore faceva una pausa, una musica inquietante contribuiva ad accrescere la suspense.
«Si narra che una volta, mentre Dracula banchettava nei pressi del campo dove giacevano impalati i suoi condannati, un importante ospite gli chiese se l’olezzo dei cadaveri non turbasse il suo desinare. Dracula ordino che l’impertinente venisse conficcato sul palo piu alto, in modo che potesse godere appieno dei profumi provenienti dai suoi compagni di sventura.»
Il fascio di luce divenne rosso, l’atmosfera pareva dipinta col colore del sangue vivo.
«Una volta Dracula riuni tutti i poveri e i mendicanti in una grande sala e offri loro una sontuosa cena. Al termine Vlad l’Impalatore chiese loro se volevano che lui li sollevasse dall’indigenza e dalla poverta. Un coro di si si levo dalla folla dei poveretti. A un comando di Dracula, le guardie sprangarono le porte dall’esterno e appiccarono il fuoco alla sala gremita.»
Dei pipistrelli, manovrati da fili invisibili, incominciarono a volteggiare per la sala, mentre dagli altoparlanti proveniva il fastidioso squittio degli animali: «Alcuni ambasciatori del sultano turco giunsero un giorno alla corte di Dracula. Questi rimase ad ascoltarli con attenzione e quindi chiese loro perche non si fossero tolti il turbante al suo cospetto. Essi risposero che era usanza delle loro genti tenere il capo coperto in ogni circostanza. Dracula comando che i turbanti venissero inchiodati alle teste degli ambasciatori, in modo che non potessero piu venire meno agli usi delle loro terre».
Il fumo artificiale si alzava dal centro del palco, dove un marchingegno idraulico stava sollevando una bara mirabilmente intagliata. Il narratore continuo: «Molti sarebbero ancora gli aneddoti sul principe delle Tenebre, ma io vorrei tornare al mistero della sua morte. Trovata vuota la tomba, in molti si interrogarono sul luogo ove potesse trovarsi il corpo di Vlad. Si diceva altresi che, assieme alle spoglie del principe, era stato tumulato l’ingente tesoro della sua famiglia. Venne quindi rinvenuta e aperta una seconda tomba, sempre sull’isola di Snagov e a pochi passi dalla prima. In essa giaceva il corpo di un uomo. Dai resti degli abiti venne appurato che si poteva trattare di un notabile dell’epoca. Al dito portava due anelli. Alcuni studiosi della storia della Romania e conoscitori dell’Ordine del Drago, un ordine cavalleresco a cui anche Dracula apparteneva, nell’esaminare gli anelli dissero che uno dei due era attribuibile ai membri dell’Ordine e che l’altro era un semplice gioiello di ricca fattura. Mancava pero un anello, quello che Vlad era solito indossare sempre. Un antichissimo anello d’oro le cui oscure origini si perdevano nella notte dei tempi… Il fatto che l’anello non fosse al dito del cadavere riesumato significava che quello non poteva essere il corpo di Vlad III Dracula. Ed e cosi, dal momento che Dracula il Vampiro e ancora tra noi…»
La bara si apri con un sinistro scricchiolio e Bela Lugosi si alzo in piedi, vestito con il solito frac nero e la camicia candida, il volto incipriato per sottolineare il pallore cadaverico e gli occhi cerchiati di nerofumo. La mano al cui indice si trovava l’Anello dei Re era bene in vista e illuminata da un faro bianco.
Il
Minhea Petru era rimasto in disparte, seduto a un tavolo d’angolo. Ascoltava il narratore, nell’attesa trepidante che la bara si aprisse.
Quella messa in scena aveva qualcosa di nostalgico e di decadente: Bela Lugosi aveva ormai inesorabilmente imboccato il viale del tramonto. Era il 1953 e, dopo la fine del secondo conflitto mondiale, l’attore non era riuscito a partecipare a piu di una pellicola all’anno. E spesso con ruoli secondari. I tempi gloriosi in cui recitava contemporaneamente in diversi film e spettacoli erano un lontano ricordo.
Gli occhi di Minhea caddero sulla pagina di giornale che due suoi vicini di tavolo stavano guardando: era la stessa pagina che Petru portava sempre con se. Bela Lugosi vi era ritratto nella sua classica posa vampiresca con le dita delle mani protese verso il volto di una ignara vittima. L’Anello dei Re splendeva all’indice del vampiro in procinto di aggredire.
Cio che aveva fatto trasalire il rumeno era che nel ritaglio che l’uomo stava mostrando alla donna l’anello era stato cerchiato in rosso.
Ci vollero alcuni minuti prima che Petru li riconoscesse: si trattava dei coniugi Balaj, quelli che avevano fatto il viaggio verso gli Stati Uniti con Bela Blasko, circa trent’anni prima. Da loro Minhea aveva acquistato la fotografia in cui si intravedeva l’assistente di macchina sullo sfondo.
Era difficile che lo avessero riconosciuto e cio lo tranquillizzo: dato quello che aveva intenzione di fare, era auspicabile che nessuno lo identificasse.
Minhea cerco di captare i loro discorsi. L’uomo si rivolgeva alla moglie in lingua magiara.
«Ceausescu ci sara infinitamente grato se gli porteremo l’anello», stava dicendo Teofil.
Quella frase sconvolse i piani di Minhea: doveva agire subito, alla fine dello spettacolo.
«Le lettere che Minhea mi inviava erano ricche di descrizioni e di particolari», stava dicendo a Asher Breil il generale Sciarra. «Questo e il motivo per cui riesco a raccontare i fatti quasi li avessi vissuti personalmente.»
«E il suo resoconto e tanto nitido che anche a me sembra di viverli in prima persona. Vada avanti, generale, la prego.»
Lo spettacolo era finito da oltre un’ora. Il teatro era deserto: i frequentatori di Las Vegas considerano gli spettacoli teatrali, nelle sale adiacenti ai grandi casino, alla stregua di un passatempo durante le soste tra un tavolo da gioco e l’altro. Una volta terminata la
Minhea si incammino lungo il corridoio dove si aprivano le porte dei camerini. Non c’era nessuno, ne fan in attesa di chiedere un autografo, ne fattorini che portavano mazzi di fiori, ne giornalisti. Si fermo davanti a quello di Bela «Dracula» Lugosi. La mano si strinse attorno al calcio del revolver. Minhea apri la porta ed entro con la pistola puntata.
Bela Blasko giaceva sul divano in posizione supina. Un filo di bava scendeva al lato della bocca.
Per un attimo Minhea penso che fosse morto, poi il torace si sollevo in un profondo respiro: Lugosi stava solo dormendo.
Minhea osservo la scatoletta d’argento sul tavolino di fianco al divano: si rese conto immediatamente che era stata la morfina a ridurre Blasko in uno stato molto vicino all’incoscienza.
«Questo mi facilita il compito», si disse Minhea afferrando l’anello con la mano destra.
Un’intensa emozione lo colse quando strinse l’Anello dei Re. Le immagini cominciarono a correre davanti ai suoi occhi come le sequenze di una pellicola. Rivide le epiche battaglie del Mediterraneo tra il Muqatil e Hito Humarawa. Rivide la citta di Venezia invasa dalla peste. Rivide il volto della sua ava Celeste e quello arcigno di Campagnola. Rivide i fasti imperiali della Roma dei Cesari. Quante storie era capace di custodire dentro di se quell’oggetto! Quante mani si erano attardate sui suoi rilievi! Anche quella di Dracula, del vero Dracula, non