piu alto ponte del bastimento.
Ogni passeggero doveva raggiungere il punto di raccolta che gli era stato indicato al momento dell’imbarco.
Blasko si trovo di fronte il suo connazionale e la moglie che, tremando come foglie, affrontavano il freddo della notte, avvolti in preziose vestaglie di seta.
«Se dovremo abbandonare la nave fatemi imbarcare tra i primi nella scialuppa, assieme a mia moglie. Sapro come ricompensarvi», gli sibilo l’ungherese in un orecchio.
Blasko non gli rispose neppure, allontanandolo con una energica spinta. Doveva fare di tutto per mantenere la calma tra i viaggiatori: sapeva bene che il panico, una volta divampato, era tra le piu ricorrenti cause di morte in caso di naufragio.
Per fortuna l’ordine di evacuare non venne impartito: il comandante e gli ufficiali, dopo aver visionato centimetro per centimetro il bastimento, avevano deciso che non c’erano pericoli imminenti. Le rocce affioranti in cui erano incappati erano state investite solo di striscio e non avevano aperto falle nello scafo.
La nave avrebbe potuto continuare la sua crociera verso l’America.
Fu il giorno prima dell’arrivo che il comandante mando a chiamare Blasko.
«Voi siete stato convocato, aiuto macchinista Olt, perche un passeggero, vostro connazionale, ha sporto denuncia in merito a un comportamento inqualificabile da voi tenuto nel corso della recente emergenza.
«Per vostra fortuna, il vostro diretto superiore ha speso per voi parole di elogio», aggiunse il comandante indicando il direttore di macchina seduto accanto a se. «Ho quindi deciso di non consegnarvi alle autorita italiane al nostro rientro, rientro che voi non effettuerete su questa nave, dal momento che sbarcherete non appena raggiungeremo il porto di New Orleans.»
Blasko non rispose: sarebbe stato inutile tentare di discolparsi, e inoltre lo sbarco rientrava nei suoi piani.
Blasko era sceso a terra confidando negli scarsi controlli che le autorita americane effettuavano sui membri dell’equipaggio delle navi da crociera. Una volta superati gli sbarramenti doganali, si era allontanato dal porto coi suoi pochi panni e il suo tesoro in spalla. A passi veloci si era avviato verso il nuovo mondo che lo stava aspettando, e intanto pensava a uno pseudonimo con il quale, ne era sicuro, avrebbe calcato i palcoscenici.
Dagli appunti raccolti da Asher Breil
a Cortina d’Ampezzo, 1967
Minhea Petru era seduto su un divano nel salotto della lussuosa casa abitata dai coniugi Sciarra. Il palazzo sorgeva nel quartiere di Carignano, una zona molto elegante della citta poco sopra la foce del torrente Bisagno.
Il nobile rumeno aveva risposto immediatamente al suo ex superiore e aveva deciso di partire per l’America non appena sistemati i suoi affari. L’opportunita si era presentata quando ormai erano trascorsi quasi nove mesi da che Blasko era transitato per il porto ligure.
Nel frattempo Sciarra aveva cercato di attingere informazioni attraverso la compagnia marittima, ma tutti i membri dell’equipaggio della
In attesa di imbarcarsi da Genova i due amici e compagni d’armi avevano approfittato per trascorrere qualche giorno insieme: Petru era rimasto ospite di Alberto e Kimberly e il tempo era trascorso piacevolmente tra chiacchiere e ricordi, ma adesso era giunta la data della partenza.
«Non posso avere l’assoluta certezza che si trattasse di Blasko», stava dicendo Sciarra rivolto al suo ospite. «Non vorrei che, una volta in America, tu scoprissi che si trattava di un sosia e mi lanciassi improperi pensando al viaggio a vuoto che ti ho fatto intraprendere, Minhea.»
«E da tempo che voglio visitare quel paese, Alberto. Nella peggiore delle ipotesi la tua segnalazione avra avuto il merito di avermi convinto a fare un viaggio che sognavo da sempre.»
Minhea Petru osservava il solerte addetto all’immigrazione con aria sconsolata.
«No, signore. Da quella nave non e sbarcato nessun ungherese che corrisponde al nome di Olt, ne a quello di Blasko. Non ci risulta», gli rispose il funzionario di dogana, scorrendo un voluminoso registro scritto in bella calligrafia. «Gli unici ungheresi che sono sbarcati in territorio americano sono i coniugi Balaj, che risiedono qui a New Orleans. Per essere piu precisi, solo l’uomo e ungherese e ha sposato una rumena.»
Petru annoto l’indirizzo della coppia e ringrazio l’impiegato per la sua gentile disponibilita.
Qualche ora piu tardi stava verificando l’indirizzo di cui era entrato in possesso.
Il negozio di generi alimentari si trovava al piano terreno di una casa in stile vittoriano, situata in St. Charles Avenue, nel quartiere francese di New Orleans. Teofil Balaj accolse Petru con la distaccata superbia con cui gli ungheresi erano soliti trattare i confinanti rumeni.
Ma, non appena Minhea gli rivelo il motivo della sua visita, Balaj si illumino: «Certo, mi ricordo bene di quel mio connazionale dai modi rudi e maleducati. L’ho anche denunciato al comandante per avermi strattonato nel corso di una situazione di emergenza. Ti ricordi, cara?» Teofil si era rivolto alla moglie, una petulante signora dai capelli tinti di biondo che si atteggiava ad americana, cercando di dimenticare che Zanka, un paesino sul lago Balaton, in Ungheria, aveva dato i natali al marito e che lei era nata in un povero quartiere di Bucarest.
«Si, certo, Teofil. Poche sera fa, nel riguardare le istantanee che ci ha scattato il fotografo di bordo, abbiamo notato che quel losco figuro era rimasto immortalato sullo sfondo di una fotografia.»
«Potrei vederla?» chiese Minhea.
Qualche minuto piu tardi si allontanava da casa Balaj con una nuova certezza riposta tra due fogli di carta velina: la pista che stava seguendo era quella giusta e il ritaglio di fotografia che aveva acquistato a caro prezzo dal commerciante ungherese ne era la prova.
50
Valacchia, 1431
Vladislav II si inginocchio dinanzi all’imperatore del Sacro Romano Impero.
Sigismondo alzo la spada dall’elsa d’oro, a forma di drago. La luce, nella stanza segreta del castello di Norimberga, era fioca al punto di celare i volti della trentina di cavalieri presenti alla cerimonia. All’esterno imperversava una tormenta di neve: il mese di febbraio, appena cominciato, si annunciava gelido.
«Sei pronto, Vladislav di Valacchia, a lottare per respingere gli infedeli e per fare trionfare la cristianita?» chiese l’imperatore Sigismondo.
«Sono pronto, maesta», rispose il voivoda, chinando il capo in segno di rispetto. La voce di Vlad si levo sicura: «Giuro di servire la cristianita anche a costo della morte. Giuro che con tutte le mie forze ricaccero gli infedeli negli inferi dai quali provengono, perche l’unico Dio, unico e misericordioso, trionfi. Giuro che saro fedele al vincolo indissolubile che mi lega ai cavalieri del Drago».
La spada dell’imperatore si poso dapprima sulla spalla destra, quindi sulla sinistra.
«Ti nomino cavaliere, Vladislav di Valacchia. Che Dio sia con te.» Cosi dicendo Sigismondo consegno al voivoda un anello con l’incisione di un drago alato.
Vlad lo inseri sul dito medio, accanto a un altro gioiello che portava all’indice: un antico anello di oro rosso che recava una stella a sei punte cesellata sulla corona.
La cerimonia termino di li a poco.
Piu tardi, seduti dinanzi a una tavola imbandita, fu Sigismondo a parlare, indicando l’Anello dei Re. «Che cosa rappresenta quel simbolo, Vlad?»
«E lo stemma del Re Salomone: e un oggetto che nella mia famiglia si tramanda di padre in figlio.»
«Sembra molto antico. A ogni modo saprai a chi darlo, Vlad: mi risulta che tua moglie stia aspettando un