«Dal carcere Minhea mi aveva scritto. Poi e seguito un lungo silenzio, che soltanto il tempo mi ha spiegato.» Sciarra fece una breve pausa, quindi riprese il racconto.
Dieci giorni piu tardi Minhea Petru usciva dalla cella di sicurezza del distretto di polizia: per tirarlo fuori, dietro il pagamento di una consistente cauzione, si erano disturbati i piu quotati e costosi avvocati di New York.
«Vi accompagno in albergo, signor principe? La mia auto e proprio qui sotto», gli aveva chiesto il suo legale, mentre firmava le carte per il rilascio.
«Non preoccupatevi, avvocato, prendero un taxi», aveva risposto Minhea con modi sicuri che mal si addicevano al suo aspetto trasandato.
«Mi permetto di insistere. Credo voi abbiate bisogno di abiti puliti e di una bella doccia, eccellenza.»
«Non insistete, avvocato, vi prego. Vi ringrazio davvero molto, ma ho bisogno di stare un po’ da solo. Vi ripeto, prendero un taxi per andare al Plaza.»
Quando Minhea sali sull’auto pubblica, non chiese di essere portato all’angolo tra la Cinquantanovesima e la Quinta, dove si trovava il suo albergo, ma sulla Nona, nei pressi di una vecchia drogheria ormai chiusa da tempo.
Minhea era seduto al bancone da qualche ora, ormai. Gli abiti lisi lo facevano sembrare uno dei tanti disperati che si aggiravano come spettri nella citta attanagliata dalla crisi economica.
«Un altro, giuro che e l’ultimo», aveva detto Minhea protendendo il bicchiere verso il barman. Data l’ora, i camerieri si apprestavano a chiudere il locale clandestino.
L’uomo dall’altra parte del bancone aveva obbedito.
Minhea era uscito dal bar quando il sole aveva ormai allontanato l’oscurita della notte. Il nobile rumeno barcollava vistosamente.
Si diresse verso Central Park: forse sarebbe riuscito a fermare uno dei rari taxi che a quell’ora giravano per la citta. Ma quando mise mano alla tasca interna della giacca, si accorse che non vi aveva riposto il portafogli dopo aver pagato le consumazioni del bar: poco male, i contanti in suo possesso erano stati spesi al bancone e nessuno si sarebbe interessato ai documenti di un cittadino dell’Est europeo.
Le poche persone che incontrava, quando lo vedevano, cambiavano percorso. Di taxi nemmeno l’ombra.
Attraverso la Cinquantottesima con l’attenzione che puo prestare un ubriaco all’alba in una strada deserta.
Il camion del latte avanzava a velocita sostenuta. Il giovane autista era in ritardo sulle consegne. Troppo tardi si accorse di quell’uomo sbucato all’improvviso.
L’ultima cosa che Minhea Petra disse, prima di perdere i sensi, fu: «L’anello! Devo riportare a casa l’anello», quindi chiuse gli occhi, mentre un rivolo di sangue gli usciva dall’orecchio.
«Si tratta di un grave trauma cranico», disse poco dopo un medico dell’ospedale dove avevano portato Petra. «Quest’uomo e in grave pericolo di vita. Siamo riusciti ad avvertire la sua famiglia, infermiera?»
«No, dottore. L’uomo non aveva documenti con se. Dallo stato degli abiti che indossava credo si tratti di uno dei tanti senzatetto di cui pullula New York. Nessuno sul luogo dell’incidente lo conosceva.»
«Cio non ci esime dal cercare di salvarlo in ogni modo. Ma temo che il suo sistema neurologico ne risentira anche se riusciremo a strapparlo alla morte. Faccia preparare la camera operatoria.»
«Ricevuta la lettera di Minhea, mi recai a vedere il film
«Non appena la mia lettera mi venne restituita, corredata da una breve nota del direttore del Plaza di New York, ebbi un cattivo presentimento», aveva quindi continuato, rivolto a Asher Breil.
«Il direttore manifestava tutta la sua apprensione: non aveva piu notizia del principe Petru da oltre un mese. Non c’era tempo da perdere: dovevo correre a New York, sperando che non fosse gia troppo tardi.»
Il
«Mi lasciate qui a difendere la cassa, marchese Sciarra della Volta?» aveva chiesto Kimberly con un’espressione ironica dipinta in volto.
«Lungi da me relegare a un ruolo di cosi scarso spessore la mia suffragetta», aveva risposto Alberto, facendosi vento con due biglietti di prima classe. «Era da tempo che dovevo andare in America per lavoro. Ho pensato bene che potevamo prenderci un po’ di vacanza entrambi, anche se non si trattera di un vero e proprio periodo di riposo. La sparizione di Minhea mi preoccupa davvero molto.»
«Sono felice che tu abbia deciso di portarmi con te. E ancor piu dal momento che non te lo avevo chiesto. Credi che l’ex ufficiale ungherese, quello che oggi e diventato un famoso attore, sia coinvolto nella scomparsa di Petru?»
«Non so, anche se quella sara senza dubbio una delle piste che dovremo seguire, se vogliamo arrivare alla verita.»
Stati Uniti d’America, 1931
Bela Lugosi si allontano dal cantiere della sua villa in costruzione sulle colline di Hollywood. Ormai vestiva sempre di scuro e i suoi abiti ricordavano quelli di scena. L’automobile con autista lo attendeva sul viale.
Non appena sali a bordo, il suo segretario-agente si diede da fare per ricordare all’attore l’elenco dei molti impegni che lo attendevano: le luci della ribalta richiedevano il loro prezzo e l’ungherese aveva sempre meno tempo per se.
«Non ritengo sbagliato», aveva detto il segretario, «che voi, signor Lugosi, prendiate parte a periodici incontri con la numerosa comunita ungherese sia a Hollywood che nelle piazze che visiterete per promuovere la pellicola: cosi facendo, vi accattiverete le simpatie dei vostri connazionali, e inoltre ogni immigrato in terra americana guardera con benevolenza un grande attore che non dimentica le proprie origini.»
«Mi sembra una notevole perdita di tempo», aveva commentato Bela.
«Tutt’altro che una perdita di tempo, signor Lugosi. Vi ricordo che un vostro connazionale ha dato il nome alla Fox e che la popolazione americana e costituita al settantacinque per cento da immigrati che vivono qui da meno di una generazione. Dobbiamo cercare di promuovere in ogni campo la vostra immagine: l’immagine di Dracula il Vampiro.»
Alla realizzazione della villa di Lugosi avevano preso parte, oltre ai piu affermati architetti, i migliori esperti di effetti speciali di Hollywood: il progetto prevedeva scenografie degne di un film dell’orrore.
La casa confinava da un lato con un precipizio sul quale si affacciavano le finestre lunghe e strette che caratterizzavano l’intero edificio. Lungo i muri perimetrali si aprivano solo quattro finestre per ogni lato: un numero irrisorio, rispetto alle enormi dimensioni della villa. Una volta ultimata, la casa sarebbe stata ricoperta di edera e, al posto di un parco luminoso, nell’ampio giardino sarebbero state collocate delle sculture di marmo bianco, molto simili alle lapidi di un macabro camposanto abbandonato. L’uscio era in ebano e il batacchio aveva la forma di un vampiro in metallo pregiato con le ali da pipistrello dispiegate. Nessuno sarebbe mai stato ricevuto da Dracula oltre