Quando li vidi salire su un piccolo motoscafo disobbedii alle raccomandazioni e lasciai il capanno di frasche. Al molo era ormeggiata una barchetta a remi: salii a bordo senza esitare. L’isola era poco distante.
Cominciai a remare avvolto dalla sottile coltre di nebbia che si stendeva sopra il lago.
Una volta a terra mi diressi verso il monastero di Snagov, fatto costruire da Vlad Dracula l’Impalatore: li, in una cappella poco vicino, si dice riposino le spoglie del condottiero valacco.
Mi nascosi in una nicchia all’interno della cappella. Dal mio nascondiglio ebbi modo di osservare i particolari della cerimonia.
«Ho giurato fedelta al vincolo indissolubile e segreto che mi lega agli altri cavalieri del Drago, e ho sempre prestato fede al mio giuramento.» Con queste parole la donna inginocchiata termino il suo discorso.
«Con l’autorita che mi deriva dall’essere gran maestro dell’Ordine, ti sono grata per cio che hai fatto, che Dio sia con te», disse Elena Ceausescu, appoggiando la spada sulla spalla della donna genuflessa dinanzi a lei.
L’altra a questo punto si alzo e io riuscii a vederla in volto: era la stessa persona con cui avevo trascorso ore di passione infuocata in una mansarda nel centro di Bucarest, Jenica Mantu. Elena Petrescu, invece, teneva tra le mani un cofanetto antico. Con gesti solenni lo consegno al conducator, rimasto in disparte per tutta la durata della cerimonia. Nicolae Ceausescu lo apri. Dal mio nascondiglio non riuscii a scorgere il contenuto, ebbi pero modo di vedere l’anello che aveva preso. Lo riconobbi immediatamente: si trattava dell’Anello dei Re.
«I tuoi genitori naturali, anni addietro, hanno fatto si che questo forziere giungesse integro sino a me. Per questo saremo eternamente grati a te e a loro, anch’essi membri dell’Ordine. Tutti voi avete fatto molto per la nostra nazione», disse Ceausescu rivolto a Jenica Mantu. Quindi il conducator fece cenno a Jenica di abbandonare la chiesetta.
Rimasto solo con la moglie, il conducator riprese a parlare: «Adesso e mio dovere riconsegnare il tesoro all’eroe che ne e l’unico proprietario».
Cosi dicendo Ceausescu nascose l’antico cofanetto, trattenendo pero l’Anello dei Re e l’antico papiro, in una nicchia segreta.
Avevo visto abbastanza: era tempo di tornare indietro se non volevo venire scoperto.
Risalii in barca e mi diressi verso la terraferma. La nebbia si era infittita. Nella foschia udii il motore fuoribordo dell’imbarcazione di Ceausescu mentre questa mi stava oltrepassando.
Quando giunsi al moletto di legno il motoscafo era gia la: con ogni probabilita, a un osservatore attento non era passata inosservata l’assenza della barca a remi.
Corsi a perdifiato. Quando giunsi nei pressi della radura mi fermai e, non senza difficolta, orinai contro a un cespuglio. Raggiunta l’altana trovai Ceausescu ad attendermi. Aveva ancora in mano il fucile automatico. Accanto a lui si trovavano la moglie Elena e il guardacaccia.
«Le era stato raccomandato di non abbandonare la sua postazione, signor Breil», disse Ceausescu con aria severa.
«Ho avuto un bisogno impellente, conducator», risposi.
«Talmente impellente da esser costretto a prendere il largo, signor Breil?» Lo sguardo gelido di Elena Petrescu riusci, ancora una volta, a mettermi a disagio.
«Preso il largo?» dissi incredulo. «Non capisco che cosa vuole dire, Elena. Non vorrei sembrare irriverente, ma mi doleva la vescica e ho orinato tra quei cespugli. Se volete potete verificare.»
«E quello che faremo», concluse Elena, gli occhi ridotti a fessure colme di odio.
Durante il viaggio di ritorno, nessuno apri bocca: l’atmosfera a bordo dell’elicottero che ci riportava a Bucarest era glaciale.
Continuavo a ripensare a cio che avevo visto: ogni particolare della vicenda mi era ormai chiaro. Te ne parlero, ma ora non ne ho il tempo.
Una volta a casa avevo riletto con attenzione gli appunti da me raccolti durante la conversazione con Sciarra della Volta. Ho deciso che non abbandonero mai questi due quaderni: qualunque cosa dovesse succedermi, se dovessero far parte dei miei effetti personali ci saranno maggiori probabilita che ti vengano consegnati, Oswald.
Sto combattendo contro forze capaci di sovrastare chiunque. Spero che un’attenta lettura del Pentateuco e un comportamento conforme ai doveri religiosi di un buon ebreo e alla legge mi siano d’aiuto nella sgradevole situazione in cui mi trovo.
Sara Terracini, profondamente scossa, trascrisse a fatica le ultime parole del diario. Nel gennaio 1968 Asher Breil e sua moglie Aliah erano stati travolti e uccisi da un camion su una strada alla periferia di Bucarest. Due nuove vittime di un pirata della strada, avevano titolato i giornali. Nicolae Ceausescu e sua moglie Elena si erano detti molto addolorati per la scomparsa di un ottimo uomo d’affari e di due cari amici.
Nessuno, tra i ranghi del Mossad, aveva creduto nemmeno per un attimo che quella fosse stata una morte accidentale.
Cassandra Ziegler lesse ad alta voce il testo della nuova lettera del Giusto, quindi i suoi occhi azzurri si posarono su quelli di Oswald. La domanda che si ponevano era la stessa per tutti: «Che fare?» ma soprattutto «Come riuscire a farlo?»
«Mi stia ad ascoltare, Deuville», disse Oswald, dopo averci pensato un istante. «Se la battaglia deve essere persa, almeno cerchiamo di ottenere l’onore delle armi.»
«In che senso, dottor Breil?»
«Non credo che lei, direttore, passera indenne attraverso la bufera che si abbattera sul Bureau nel corso dei prossimi giorni. Se le mie convinzioni sono esatte abbiamo qualche ora di vantaggio sulla concorrenza per riscattare il buon nome di Deidra Blasey e, oltre al suo, salvare anche il nostro nobilissimo didietro.»
«Ci dica quali sono le sue idee e come ha intenzione di muoversi, Oswald.»