quella direzione si stavano muovendo i potenti della terra.»

Stati Uniti d’America, 1941

Bela Lugosi non rimase inattivo di fronte al nuovo conflitto: da un divo di Hollywood ci si aspettava che prendesse posizione contro le crudelta commesse dal nemico. E un attore, giunto a Hollywood dalla lontana Europa, aveva una ragione in piu per rendersi utile a quell’America alla quale doveva tanto.

Gli anni che avevano preceduto il secondo conflitto mondiale erano stati molto impegnativi per l’ungherese. Nel frattempo la sua favolosa ricchezza era diventata materia di leggende quanto, e forse piu, i suoi lugubri spettacoli.

Spinto da un lodevole spirito patriottico, e dalla lungimiranza del suo agente, Bela fu tra i fondatori dell’Hungarian Anti-Fascist Committee. Per raccogliere fondi organizzo una tournee in giro per il paese. I proventi degli spettacoli venivano destinati a sostenere la resistenza in Europa e a soccorrere le vittime del nazismo.

I coniugi Balaj avevano messo in programma la nascita di un figlio, non tanto per un reale desiderio di procreazione quanto per dare un aspetto di normalita alla loro esistenza in America. I due agenti segreti avevano giurato fedelta eterna alla causa comunista. Ancora prima di giungere negli Stati Uniti e di avviare una soddisfacente attivita commerciale che fungesse da copertura, si erano legati ai servizi segreti della Russia comunista. Con il crescere del numero dei paesi favorevoli alla politica sovietica, ottenuto il benestare del KGB, i Balaj avevano iniziato a offrire i propri servigi anche ad alcuni paesi del blocco.

Ci pensava il servizio di spionaggio russo a smistare le notizie che riteneva degne di nota. Inutile dire che, fra le tante informazioni che i Balaj passavano all’URSS, erano poche quelle che avrebbero abbandonato gli archivi segreti del palazzo della Lubjanka, sede del KGB.

In tale contesto, Bela Blasko era una sorta di sorvegliato speciale e la sua scheda era gestita da un’altra organizzazione, il Komitet Gosudarstvennoi Bezopasnosti, il comitato per la sicurezza dello Stato sovietico. L’archivio dei Balaj era costituito da oltre ventimila soggetti schedati con meticolosa precisione. E tra questi figuravano persone influenti nella politica e nell’industria americana.

Quando si era presentata dinanzi a Bela Lugosi, con la scusa di chiedergli un autografo, Bryga Balaj era al settimo mese di gravidanza. Era l’estate del 1941.

«Sono davvero emozionata di esserle vicino, signor Lugosi», aveva detto in magiaro la signora Balaj. «Mi userebbe la gentilezza di farmi un autografo?»

Teofil si era tenuto in disparte: sebbene fosse pressoche impossibile che Blasko lo riconoscesse, pensava fosse meglio essere prudenti. Il vederli insieme avrebbe potuto risvegUare nell’attore ricordi lontani.

«Ma certo, signora», aveva risposto Lugosi, quindi, indicando la pancia della donna, «e, se mi permette vorrei dedicare il mio autografo a questo nascituro con sangue ungherese. Come si chiamera il bambino che verra al mondo in terra d’America?»

«Grazie, signor Lugosi. In realta soltanto suo padre e ungherese, non io. Se sara maschio lo chiameremo Toma, ma io sono convinta che sia una femmina e la vorrei chiamare Jenica.»

«Allora scrivero cosi: ‘Per Jenica (o Toma?), con affetto, Bela Lugosi’.»

«Ancora grazie!» esclamo la donna, mentre i suoi occhi si soffermavano sull’antico anello d’oro che il principe delle Tenebre di Hollywood portava al dito indice.

Pochi mesi piu tardi un fiocco rosa sulla porta del negozio nel quartiere francese di New Orleans informava i clienti che Jenica Balaj era venuta al mondo.

Bela Lugosi non aveva prestato grande attenzione alla donna incinta e quell’incontro fu subito dimenticato. Sembrava che l’attore volesse raggiungere al piu presto il suo camerino: ad aspettarlo c’era una scatola d’argento, all’interno della quale erano contenuti dei piccoli cristalli di morfina. Da qualche tempo Bela si era rifugiato negli oppiacei: diceva a se stesso che questo era l’unico modo per sfuggire alla tensione della sua frenetica vita.

Ma in realta si trattava di un alibi: Lugosi non riusciva a rassegnarsi all’idea che, dopo un decennio di trionfi, la sua carriera avesse imboccato la via del declino.

Dagli appunti raccolti da Asher Breil

a Cortina d’Ampezzo, 1967

Minhea Petru si risveglio all’improvviso, una mattina dell’ottobre del 1949, nel momento in cui la radio diffondeva la notizia della nascita della Repubblica Popolare Cinese.

I medici avrebbero definito quell’inattesa uscita dal suo stato di torpore come un inspiegabile miracolo.

Gli occhi di Petru, rimasti spenti e vuoti per quasi vent’anni, si animarono senza alcun preavviso e, cosi come ne era uscito, il principe rumeno rientro nel mondo dei vivi.

Furono necessari altri quattro anni, nel corso dei quali Minhea si applico con grande costanza in estenuanti esercizi di riabilitazione fisica e mentale, prima di poterlo considerare del tutto ripreso.

«Non so davvero come potro mai ringraziarvi per tutto quello che avete fatto per me, Alberto. Senza di voi sarei rimasto senza il calore di una famiglia, e forse e stato anche il vostro affetto a farmi tornare alla vita», aveva detto il rumeno rivolto ai coniugi Sciarra. «Credo di essere stato un peso non da poco per te e per Kimberly, e ora e giunto il momento che io lasci libero lo spazio che ho occupato sino a oggi nella vostra esistenza. Ma voglio che sappiate che la mia gratitudine nei vostri confronti sara eterna.»

«Che cosa vuoi dire, Minhea?» aveva chiesto Sciarra, consapevole che nulla avrebbe potuto impedire a Petru di riprendere la sua strada.

«Voglio dire che in questi ultimi quattro anni ho lavorato sodo con una sola idea nella testa: portare a termine la mia missione. Partiro per l’America con il primo piroscafo.»

Stati Uniti d’America, 1950

La piccola Jenica cresceva sana, forte e incredibilmente bella: fisicamente non assomigliava ai suoi genitori, ma da entrambi aveva ereditato il carattere freddo e determinato.

«Guarda qui: il nostro vecchio rapporto sull’attore ungherese sembra che abbia smosso le acque», aveva detto Teofil alla moglie, passandole un messaggio cifrato che gli avevano appena consegnato.

«Il nostro contatto mi ha detto che il rapporto su Bela Lugosi-Olt-Blasko e stato esaminato da un pezzo grosso del governo rumeno», aveva continuato Teofil. «Sembra che un viceministro sia molto interessato alla carriera dell’attore ungherese. Mi sono state richieste ulteriori informazioni sull’anello che tu gli hai visto al dito. Pare che sia un oggetto antichissimo a cui questo ministro deve tenere molto.»

«In realta non ci avevo fatto molto caso, allora. E non saprei come reperire altre notizie oltre a quelle che abbiamo gia raccolto. Sai anche come si chiama il mio connazionale interessato all’anello?» chiese Bryga Balaj rivolta al marito.

«Attualmente riveste il ruolo di viceministro delle Forze armate, ma mi dicono sia un giovane che fara molta carriera all’interno del partito. Si chiama Nicolae Ceausescu o qualche cosa di simile.»

Dagli appunti raccolti da Asher Breil

a Cortina d’Ampezzo, 1967

Quando Minhea Petru varco la soglia dell’hotel Plaza su Fifth Avenue, nella primavera del 1954, ebbe la sensazione che il tempo si fosse fermato alla mattina di ventitre anni prima, quando era uscito a comprare il liquore nella distilleria clandestina nella Nona. Ma questa volta era risoluto ad arrivare sino in fondo e nulla lo avrebbe fermato.

Un uomo maturo ma dall’aspetto giovanile gli si fece incontro. «Signor principe Petru, lei non sa quanto sono felice di rivederla…»

«Cesare?» chiese Minhea, mentre la finestra dei suoi ricordi gli si spalancava dinanzi agli occhi.

«Si, signore, sono proprio io. Il giovane cameriere di un tempo. Ho fatto carriera: ora sono il vicedirettore dell’albergo. Sa, signor principe, non riuscivo a darmi pace dopo la sua scomparsa, me ne sentivo quasi

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