Quando Mehmed, vestito con i paramenti regali, entro in Tirgoviste, dovette combattere contro il nulla: la capitale era deserta, i pozzi avvelenati e le poche riserve di cibo rimaste erano state date alle fiamme.
Mehmed fece un giro completo su se stesso, una volta all’interno delle mura.
«Dove ti nascondi, creatura infernale?» grido il sultano, mentre, nel silenzio della citta abbandonata, risuonava solo l’eco della sua voce.
Qualche palazzo era stato risparmiato dalle fiamme. I turchi vi entravano, allettati dal miraggio di un ricco bottino, ma ne uscivano poco dopo a mani vuote: ogni sacra reliquia o tesoro era stato portato via dai cittadini in fuga.
Come una furia il sultano balzo nuovamente a cavallo e urlo, rivolto ai suoi uomini: «In marcia! Dobbiamo scovarlo, non puo essere lontano!»
La gola si trovava poco lontano, a nord di Tirgoviste: da sempre era stata eletta a luogo ideale per le imboscate degli uomini di Dracula. Mehmed intuiva il pericolo che poteva nascondere quel luogo angusto e percio aveva ordinato ai suoi di muoversi con circospezione. Quando le vedette andate in avanscoperta tornarono indietro, fu come se avessero appena incontrato il demonio: frustavano a sangue i cavalli per mettere quanta piu distanza potevano tra loro e il signore degli inferi.
Lo spettacolo dinanzi al quale i turchi, data la posizione in cui ormai si trovavano, sarebbero stati obbligati a passare era macabro e spaventoso: la gola era lunga un migliaio di metri. Il terreno era stato trasformato in una sorta di fitto bosco di pali sui quali erano stati infilzati vivi uomini, donne o bambini, poi orribilmente mutilati dagli uccelli e sfigurati dal procedere della decomposizione.
Molti erano li da tempo, e all’interno delle loro gabbie toraciche avevano nidificato i merli o altri volatili.
Mehmed distolse lo sguardo dalla scena. In quel cimitero gli oltre ventimila cadaveri fungevano da monito: cosi erano finiti coloro che avevano osato tradire Dracula.
Il fetore era insopportabile.
In una piccola zona rialzata erano stati impalati i prigionieri turchi catturati dai valacchi nel corso della campagna militare di Mehmed.
Pochi giorni piu tardi l’esercito turco aveva annunciato la sua ritirata.
«Si dice che il numero dei condannati a morte tramite l’impalazione per ordine del principe di Valacchia sia superiore a duecentomila», aveva detto al sultano il gran visir, mentre si accingevano a rientrare nei territori assoggettati alla Turchia al di la del Danubio.
«Quello che dobbiamo scovare e il lato debole di Dracula: la sua ferocia potrebbe essere la leva sulla quale agire per ottenere qualche risultato», aveva detto il sultano con aria pensosa. «Stai meditando di fomentare una rivolta, mio signore?» «La pace interna e da sempre una chimera per le turbolente regioni dell’Europa orientale. Noi conosciamo forse meglio degli occidentali quanto potere abbiano la diffusione del dubbio e il timore del tradimento tra le file del nemico. Un potere sicuramente maggiore di quello che ha appena mostrato il nostro esercito in armi. Non credo dovremo andare molto lontano per trovare chi fara da miccia per accendere le polveri.»
Radu, il fratello che aveva condiviso con Dracula la prigionia e che si era rifiutato di seguirlo nella fuga, si era perfettamente adattato ai costumi dei turchi. I due sultani che si erano avvicendati dal giorno del suo arrivo a palazzo non gli avevano mai fatto mancare nulla, nemmeno quelle attenzioni particolari a cui si diceva che Radu il Bello non fosse insensibile.
Facendo leva sulla ferocia che Dracula mostrava anche nei confronti dei suoi stessi sudditi, alcuni infiltrati al soldo di Mehmed fecero serpeggiare il tarlo della rivolta tra i nobili locali che, sempre piu numerosi, presero a inneggiare a Radu come loro signore. La situazione capitolo in breve tempo.
Dracula era solo. Ogni richiesta d’aiuto era rimasta inascoltata anche dai suoi piu fedeli sudditi.
«Solo pochi anni fa e stato recitato in ogni chiesa cristiana il
Poco fuori dal maniero di Poenari, costruito tempo addietro dai nobili resi schiavi, le truppe nemiche si andavano radunando per l’assedio.
Contingenti turchi nell’autunno avevano nuovamente varcato il Danubio e avevano affiancato gli insorti sotto il comando di Radu.
Vlad III Dracula sapeva che la sua resistenza sarebbe durata poco.
Il figlio di Vlad aveva appena due anni e cominciava a muovere i primi passi. Il bambino sorrise al padre: un sorriso spensierato che non riusciva a mascherare la straordinaria somiglianza con Dracula. Il principe, guardandolo, tradi un’espressione di cui nessuno avrebbe mai detto fosse capace: i suoi occhi di ghiaccio parvero per un momento percorsi da un moto d’amore. Vlad III Dracula si tolse la catena d’oro che portava al collo. Forzo una maglia e vi inseri l’Anello dei Re, prima di richiudere la catena e di cingerla al collo del bambino.
Quindi torno nella sala del castello, dove i suoi generali lo aspettavano per preparare con lui un piano di fuga. Li rimase per tutta la giornata, sino a che un servo non lo ando a chiamare: sua moglie, in preda alla disperazione, si era suicidata gettandosi da una torre del maniero. Il 1462 volgeva alla fine e l’inverno si annunciava rigido e cupo.
Doveva tentare a ogni costo la fuga, doveva salvare la vita di suo figlio.
I ferri vennero inchiodati al contrario sotto gli zoccoli dei cavalli: chiunque avesse visto le loro tracce sulla neve appena scesa non avrebbe mai pensato che si trattasse di fuggitivi, bensi di un contingente che si era recato al castello per dar manforte al principe.
Protetti dalle tenebre, Dracula e una dozzina dei suoi erano usciti da un passaggio segreto che sbucava fuori dalle mura. Una volta elusa la sorveglianza del nemico, sarebbero fuggiti in direzione di Brasov: in quella citta, infatti, era accampato col suo esercito il re d’Ungheria, Matthias. Il re non gli avrebbe negato il suo aiuto.
Il principe cavalcava il suo destriero tenendo stretto tra le ginocchia il figlio.
I cannoni del castello spararono una salva contro le milizie di Radu. Era una mossa che faceva parte del piano di Dracula per distogliere l’attenzione degli assediami dai fuggitivi. I musulmani risposero al fuoco come indiavolati: i proiettili caddero un po’ ovunque, anche molto vicino al gruppetto dei fuggiaschi. Il cavallo montato da Dracula si imbizzarri, si drizzo sulle gambe posteriori cercando di disarcionare il cavaliere, quindi si lancio in un galoppo che nemmeno un esperto fantino come il principe pote fermare. Quando finalmente Vlad riusci a domare l’animale, si accorse con sgomento che il bambino non si trovava piu tra le sue gambe e che i legacci con cui lo aveva assicurato si erano spezzati.
Dracula percorse a ritroso la via: del piccolo non trovo traccia. Dovette abbandonare le ricerche quando, giunto nei pressi del castello, noto che era in corso un attacco da parte degli assediami e che pattuglie di militari turchi stavano setacciando la zona in cerca di eventuali fuggitivi. Non poteva correre il rischio di venire catturato: sarebbe tornato a cercare suo figlio con i rinforzi che Matthias gli avrebbe senz’altro concesso.
Ma l’accoglienza che attendeva Vlad fu ben diversa dalle aspettative del principe.
«Devo tornare sui miei passi, maesta, ritrovare mio figlio e cacciare gli invasori dalle terre cristiane», disse Dracula rivolto al re, una volta che fu al suo cospetto.
«Le mie truppe devono restare a presidiare i confini del paese. Su quanti uomini puoi contare, Vlad?»
«Non piu di qualche centinaio», rispose Dracula.
«Potrei fornirti un piccolo contingente di mercenari slovacchi, comandati da un certo Jisk di Brandys. E un uomo a me fedele e un valoroso.»
«Qualunque cosa, maesta. Per me l’importante e conoscere quale destino ha incontrato il mio piccolo.»
Il drappello si arresto dinanzi a un precipizio che sbarrava il percorso.