grande citta che, in lontananza, facevano concorrenza alla luna ed alle stelle. Qui invece, le stelle enormi sembravano grandi occhi che vigilassero il vuoto della notte con la loro intensa luminosita. L’oscurita copriva quella terra, e l’unico contatto che Gil e Rudy avevano avuto con le creature del Buio, li rendeva ancora piu consci di quanto fossero in pericolo, di quanto pesasse quella antica paura in mezzo alla campagna, di notte.

Tir singhiozzo ed inizio a piangere con il tono debole e insistente di un bambino esausto. Ingold lo cullo contro il suo petto mormorandogli parole calme ed inintellegibili fino a che il pianto si calmo e lo pote sollevare guardandolo e scuotendogli i capelli neri e crespi.

Gil per un attimo vide in quelle due figure non il Mago che proteggeva il suo Principe, l’Erede del Regno, ma solamente un vecchio che cullava con amore il figlio di un amico morto.

Ingold alzo lo sguardo.

«Adesso sarebbe meglio muoverci.»

Rudy si alzo di scatto ed aiuto prima Gil e poi Ingold ad alzarsi.

«Volevo giusto chiedertelo,» disse, appena lo Stregone affido il bambino a Gil e comincio a pulire la spada sull’orlo del mantello prima di riporla nel fodero. «Dove andremo, una volta fuggiti da qui?»

«Penso», rispose lo Stregone a bassa voce, «che faremmo bene a dirigerci verso Karst, la vecchia Capitale estiva del Regno: si trova a sole quindici miglia da qui, tra le colline. I fuggiaschi di Gae sono sicuramente andati la; possiamo trovarvi cibo e notizie, se non altro.»

Rudy obietto:

«E un tragitto maledettamente lungo da fare in macchina, nel mezzo della notte.»

«Se vuoi, puoi anche rimanere qui ad attendere il giorno», acconsenti magnanimamente Ingold.

«Grazie mille!»

La luna che stava sorgendo illuminava le colline con una sottile luce argentata, quando cominciarono a muoversi. Le ombre del deserto diventarono ancora piu profonde ed inquietanti nella notte gelida. Il mantello di Ingold sussurrava come l’ombra di uno spettro attraverso l’erba coperta di brina.

«Ingold…» Rudy si avvicino al vecchio esitando, non appena iniziarono a scendere il lungo pendio della collina. «Mi dispiace di averti detto che eri un pazzo…»

Lo Stregone lo fisso con uno scintillio offeso negli occhi. Poi disse con solennita:

«Accetto le tue scuse, Rudy. Sono contento che alla fine siamo riusciti a convincerti.»

«Ehi!», scatto Rudy, ma lo Stregone sorrise.

«Ammetto che la mia storia non era del tutto credibile. La prossima volta ne inventero una migliore.»

Rudy non rispose, e continuo a seguire il sentiero pietroso alle sue spalle scuotendosi la polvere dalle maniche della sua vistosa giacca.

«Spero che tu non voglia sollevarne troppa,» aggiunse Ingold. «Non e divertente per i tuoi amici respirare la polvere che sollevi.»

Camminarono fino a poco prima dell’alba. La notte era stata silenziosa e gelida, ma per fortuna non avevano fatto nessun brutto incontro. Se i Guerrieri del Buio erano in caccia, almeno non lo erano su quelle colline.

Dopo molte miglia, Ingold abbandono gli argentei pendii ventosi delle colline, ed inizio una ripida salita attraverso una valle coperta da un fitto bosco che sembrava condurre dritta nel cuore delle montagne; questa volta pero il loro cammino fu accompagnato dal profumo del manto scricchiolante delle foghe autunnali e dal gorgoglio di qualche ruscello in distanza.

Una volta nel profondo del bosco, Ingold si fermo e disse:

«Sto evitando la strada principale che viene su dalle pianure, e vi sto conducendo a Karst per una strada secondaria. La prima ci farebbe procedere piu facilmente, ma sara piena di fuggiaschi, e quindi pericolosa a causa dei Guerrieri del Buio. Per quanto mi riguarda, non ho nessuna voglia di un’altro combattimento con la spada, questa notte.»

Gil, gia stanca per il lungo cammino sul sentiero pietroso, e con un bambino addormentato tra le braccia che pesava certo piu di quindici libbre, si chiese per quanto tempo ancora lo Stregone avrebbe resistito senza riposare, specialmente dopo la battaglia al Palazzo di Gae, alla quale si doveva aggiungere il combattimento con il Guerriero del Buio nella baracca dell’aranceto. Tutti gli Stregoni avevano quel genere di forza a cui far ricorso, si chiese, o piu semplicemente era Ingold ad essere incredibilmente tenace e resistente?

Nelle ombre della foresta il suo viso era cereo e stanco, ed aveva gli occhi cerchiati; dove la coda sferzante della creatura del Buio gli aveva tagliato la pelle, si scorgevano dei segni rossi ed infiammati, ed il suo mantello era chiazzato dai buchi prodotti dalle scintille. Nonostante questo, lo Stregone continuava ad avanzare impettito e sereno, come un vecchio gentiluomo durante una passeggiata pomeridiana in un parco.

Passarono dal buio degli alberi ad una zona piu chiara lungo un ruscello, e la musica dell’acqua divenne improvvisamente piu forte. Dopo l’oscurita del bosco, persino la pallida luce della luna sembrava piu forte. Dinanzi a loro si apriva un paesaggio fantastico, di sogno: profonde macchie di sabbia di fiume e di pietre levigate dall’acqua, facevano da sfondo alla nera parete di una montagna che si alzava informe contro il chiarore del cielo, eccetto che per una macchia arancione, un luccichio distante nella notte, forse un fuoco.

«La», disse Ingold indicandolo. «Quella deve essere Karst. La troveremo cio che e rimasto del Governo e del Regno di Darwath!»

Karst, quando raggiunsero finalmente la citta, ricordo a Gil le vecchie stazioni termali di una volta, belle, con la loro silenziosa eleganza rustica propria delle case che si annidavano tra alberi secolari. Passando davanti ai palazzi racchiusi da quei sipari ombrosi, Gil fece caso a delle caratteristiche architettoniche che non aveva mai visto prima, ma che le erano stranamente familiari. Erano ammassi di pilastri stretti e lisci, la pianta delle strade cittadine era assai intricata, e qua e la si vedevano delle pietre traforate, modellate in elaborati disegni geometrici.

Pero, non appena giunsero nel centro della citta, la ragazza scorse pecore e mucche legate o chiuse in recinti sistemati intorno agli edifici, e i loro occhi lucenti brillavano di paura nell’oscurita.

Usciti dai boschi, videro che il sentiero che stavano percorrendo era cosparso di ciottoli, poi, procedendo, il muschioso manto stradale metteva in evidenza — verso il centro — un sottile ed argenteo filo d’acqua. Le mura li cinsero per un momento in un’ombra fredda e ostile, poi emersero in un bagliore di fuoco luminoso come il giorno.

La piazza era deserta. Vi erano stati accesi alcuni enormi falo, e le fiamme si alzavano violente per almeno trenta metri contro il soffitto del cielo. Il bagliore tingeva di rosso le scure acque della grande fontana della citta con le sue cavita ripiene di licheni, ed una tetra, scura, statua.

Tra le ombre tremolanti che circondavano la piazza, Gil distinse le mura e le torri di molte ville dall’aspetto lussuoso, le guglie simili a fortezze di quella che lei suppose essere una chiesa, e la massa quadrata e massiccia che doveva essere sicuramente il Gran Bazar o il Palazzo del Governo, tre piani e mezzo di legno intarsiato che spiccavano nel buio come fossero stati dipinti di bianco. Fu proprio verso quell’edificio che si diresse Ingold.

La doppia porta dell’entrata era alta sei piedi ed ampia abbastanza da far entrare una carrozza con tutti i cavalli, mentre in un angolo si scorgeva una porticina secondaria dell’altezza di un uomo. Ingold la spinse, ma il battente non cedette: era chiuso dall’interno. Il suo corpo impediva ai suoi compagni di scorgere cosa stesse facendo ma, dopo qualche strano maneggio, e trascorso appena un istante, la porta si spalanco, ed entrarono tutti e tre nella luce e nel chiasso fragoroso che regnava all’interno.

L’intero pavimento dell’edificio, un’immensa sala circodata da pilastri e solitamente adibita a mercato, era gremita di gente. Il caos delle voci era assordante, ed al tempo stesso si percepiva un tanfo antico di grasso, orina, corpi sporchi, abiti nauseabondi e pesce fritto. Una fitta nebbia blu — del fumo di legna certamente — nascondeva il soffitto, ed intanto irritava gli occhi limitando la visibilita a pochi metri in qualsiasi direzione.

Il mercato probabilmente doveva gia essere stato chiuso, ma la gente circolava ancora, chiacchierando e raccogliendo acqua dai barili semi-vuoti posti in un angolo del locale, mentre i bambini continuavano a rincorrersi senza meta tra l’infinita serie di pilastri ed una gran confusione di oggetti. Gli uomini se ne stavano radunati a gruppi e, da quei capannelli, si udivano provenire maledizioni, grida ed il rumore stridente di lame che venivano affilate. Le madri, invece, correvano qua e la cercando di rintracciare i propri figli, chiamandoli per nome in una babele indescrivibile, mentre i piu anziani — nonne, nonni e zii — cercavano di mantenere una parvenza d’ordine in quella baraonda, stringendo a se i miseri fardelli che racchiudevano le loro povere cose, ossia tutto quello che erano riusciti a portarsi dietro.

Alcuni avevano delle ceste dalle quali spuntavano le teste di anatre, polli ed oche; il biascicare rumoroso dei

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