nemmeno si adattava alle sue conoscenze sugli Stregoni.

«Non sarei venuto a disturbarti,» aggiunse gentilmente Ingold, «se non avessi dovuto trovarti ad ogni costo.»

«Non… non capisco,» borbotto Gil, poi si sedette pesantemente davanti all’uomo e, per farlo, fu costretta a liberare la sedia da due libri e da una pagina del calendario del Times, ma non riusci a trattenere uno slancio di ospitalita anche se le sembro un po’ assurdo.

«Vuoi una birra?»

«Grazie,» rispose Ingold e, dopo che la ragazza gli ebbe porto una lattina, ci armeggio un poco intorno leggendo le istruzioni per aprirla sulla parte superiore: per essere la prima volta, se la cavo egregiamente.

«Come facevi a vedermi?», gli chiese Gil, mentre lo Stregone si scuoteva la schiuma dalle dita. «Anche quando era un sogno, anche quando nessun altro poteva, ne Re Eldor, ne le Guardie al Cancello, tu ci riuscivi. Come mai?»

«E perche ho familiarita con la natura del Vuoto,» disse in tono serio lo Stregone. Intreccio quindi le mani sul tavolo accarezzando pigramente con le dita affusolate l’alluminio lucido della lattina di birra come se stesso memorizzandone la forma con il semplice aiuto del tatto.

«Avrai sentito dire che esiste un numero infinito di Universi paralleli, tutti intrappolati e conservati nella matrice del Vuoto. Nel mio mondo, nel mio tempo, sono l’unico che riesca a comprendere la reale essenza del Vuoto… uno dei pochi che possono persino mettere in discussione la sua esistenza…»

«Come hai fatto a conoscere queste cose, allora? Come hai fatto ad attraversarlo, se nessun altro nel tuo mondo le conosce?», chiese Gil incuriosita.

Lo Stregone sorrise di nuovo.

«Questa, Gil, e una storia che, per raccontarla, ci vorrebbe l’intera notte. Ti basti sapere che io sono il solo uomo nell’arco di cinquecento anni che sia stato capace di attraversare la barriera che separa il mio universo dal tuo e, avendolo fatto, sono stato capace di riconoscere l’impronta dei tuoi pensieri e della tua personalita. Sappi che questi sono stati attirati verso il Vuoto da una massiccia vibrazione di panico e di terrore che e risuonata in tutto il mio mondo. Credo invece che ci siano pochissime persone nel tuo universo che abbiano sentito attraverso la Barriera — per qualsiasi ragione psichica, fisica, o per pura coincidenza — l’avvicinarsi del Buio! Tra tutte, tu sei l’unica con la quale sia riuscito a stabilire un contatto. L’averti visto, parlato, e poi l’averti materializzato, non solo con il pensiero, ma in carne e ossa, mi ha fatto comprendere cosa stesse accadendo al Vuoto.»

Un camion passo rombando nella strada fuori della finestra, ma il suo rumore si smorzo rapidamente nella notte. Qualcuno aziono uno sciacquone in un appartamento dell’edificio, ed il gorgoglio dei tubi rimbalzo attraverso le pareti fino a spegnersi.

Gil fisso a lungo il tavolo, ed i suoi occhi notarono automaticamente centinaia di particolari, concentrandosi poi sui suoi appunti circa la manutenzione dei ponti nel Quattordicesimo Secolo. Rialzo il capo e guardo lo Stregone che stava bevendo calmo la sua birra di fronte a lei.

«Cosa mi dici del Vuoto?», chiese.

«Quando ti parlai a Gae,» rispose Ingold, «compresi che i nostri mondi dovevano essere in stretta connessione in quel periodo. Una connessione cosi stretta che, a causa di quella frattura psichica, colui che sogna potrebbe letteralmente percorrere la linea che divide i mondi e guardare dall’uno nell’altro. E un evento estremamente raro e purtroppo temporaneo: si e realizzata una possibilita su un milione… Comunque e una situazione che in questa emergenza viene tutta a mio vantaggio…»

«Ma perche e successo adesso, e soltanto al momento della crisi?», chiese Gil appoggiandosi al tavolo, e la luce della lampada riverbero attraverso il velo ricamato delle larghe maniche del suo chimono. «E perche e successo proprio a me?»

Ingold capi subito dal tono della voce di Gil la sua paura di essere diversa, unica, non del tutto umana. Quando rispose, la sua voce assunse un tono gentile.

«Non c’e nulla di fortuito, ne esistono eventi totalmente casuali. Ma non possiamo con questo conoscere le ragioni di tutto.»

La ragazza nascose un sorriso.

«E una risposta da Stregone… semmai ne ho sentita una.»

«Vuoi dire che chi sa, ama parlare sempre a doppi sensi?»

Il suo sorriso era malizioso.

«E uno dei rischi del nostro lavoro.»

«E quali sono gli altri?»

«Ce n’e soltanto un’altro: una deplorevole tendenza ad intrometterci…»

Gil sorrise insieme a lui. Poi divenne seria e chiese:

«Ma se tu sei uno Stregone, come mai hai bisogno del mio aiuto? Quale aiuto potrei darti che tu non potresti trovare piu facilmente da solo? Come potrei aiutarti contro il Nero? E poi, cos’e il Nero?»

Ingold la guardo in silenzio per qualche istante, giudicandola e saggiando la profondita di quegli occhi blu la cui luce nascondeva una tensione ed una profondita maggiori di quelle dell’oceano. Il suo viso era diventato di nuovo serio, immobile, e le rughe sembravano quasi scolpite nella sua pelle.

«Tu sai!», rispose.

La ragazza alzo lo sguardo e scorse con la mente le gigantesche porte di bronzo che scaraventavano i loro monolitici battenti; vide anche delle ombre che la rincorrevano, simili ad uno spettrale branco di lupi. Parlo senza incrociare gli occhi dell’anziano Stregone.

«Non so cosa sono.»

«Nessuno lo sa», rispose lui, «tranne, forse, Lohiro, il Capo di Quo. E una domanda alla quale non avrei mai voluto dover cercare una risposta, un enigma che avrei preferito non dover risolvere… Cosa posso dire del Nero, Gil? Cosa, che tu non sappia gia? Essi sono i Signori della Notte, strappano la carne dalle ossa, il sangue dalla carne, l’anima da ogni corpo vivente, e lo lasciano vagare senza piu alcuna coscienza verso la morte per inedia… Cavalcano l’aria nell’oscurita, cacciano nell’oscurita. … Soltanto il fuoco, la luce, ed una luna splendente, riescono a tenerli lontano. Capisci cosa sono?»

Gil scosse la testa, ipnotizzata dal labirinto caldo delle sue parole, imprigionata dal bagliore di quello sguardo, e dall’orrore e dal ricordo di altri piu spaventosi orrori che vi scorse.

«Ma tu sai…», sussurro.

«Dio volesse che non sapessi nulla!», sospiro Ingold, guardando ben oltre le mura della casa di Gil. Quando torno a guardarla, la sua solita baldanzosa sicurezza era tornata nei suoi occhi senza alcuna traccia del dubbio, della paura e della ripugnanza per cio che conosceva.

«Io… io li ho sognati…»

Gil incespico nelle parole; per lei era diventato improvvisamente difficile raccontare quel vecchio sogno a qualcuno che sapeva.

«Prima ancora di averli visti, prima di aver saputo cosa fossero, ho sognato di una… una volta… una cantina… C’erano archi in tutte le direzioni. Il pavimento era nero e liscio come vetro. Nel mezzo di quel pavimento c’era un pezzo di granito nuovo e ruvido perche mai nessun passo lo aveva calpestato… Tu hai detto che essi vennero… dal profondo della terra…»

«In verita,» disse lo Stregone fissandola con una aperta curiosita, «sembrerebbe che tu abbia percepito il loro arrivo molto prima di chiunque altro. Questo puo significare qualcosa, anche se adesso non ne posso essere sicuro… Si, era il Nero o, piuttosto, il passaggio chiuso per uno dei suoi Nidi. Sotto quel pezzo di granito — e so bene di cosa stai parlando — si nascondono scale che conducono a profondita sotterranee ed inimmaginabili. Fu con le scale che tutto ebbe inizio. Le scale ci sono sempre state; si trovano rappresentazioni che le raffigurano nelle piu antiche cronache, addirittura incise su lastre di pietra preistoriche. Vi sono vasti pavimenti di pietra nera e, al loro centro, scale che scendono nel cuore piu profondo degli abissi. Nessuno e mai sceso per quelle rampe — almeno nessuno, se lo ha fatto, ne e mai risalito — e nessuno ha mai saputo chi le abbia costruite. Si sussurra che furono i Titani di un tempo o gli stessi Dei della Terra; documenti quasi disfatti dal tempo ne parlano come di luoghi terrificanti, pieni di Magia. Per molto tempo furono considerati luoghi fortunati, favoriti dagli Dei, e la vecchia religione costrui templi su di essi, templi intorno ai quali nacquero le prime citta del genere umano. Ma tutto cio accadde migliaia di anni fa. I villaggi divennero paesi, poi citta vere e proprie. Grandi popoli si unirono: gli Stati e i Regni si diffusero lungo le ricche valli del Fiume Marrone, sulle sponde del Mare Rotondo e dell’Oceano

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