Gil.

Il loro cammino comunque risulto facile fino a che non raggiunsero una grande spaccatura che tagliava la valle a meta, e intorno alla quale cresceva della vite selvatica ed una specie di edera particolarmente fibrosa che si sviluppava sul sentiero irregolare che l’attraversava. I fossili che Gil aveva intravisto tra le pietre del falo la notte precedente, erano presenti anche qui, e dalle rocce spezzate affioravano i resti di felci enormi, alghe marine lunghe molte braccia, e qualche traccia di creature vissute troppo tempo prima perche ne fosse rimasta memoria, incisi per sempre nell’ardesia.

Il terreno sembrava livellato dal passaggio di milioni di piedi, ed era duro come un vecchio manto stradale, sempre circondato dall’intrico impenetrabile degli alberi.

Ingold si fermo e si giro per controllare alle sue spalle: era la centesima volta che ripeteva quel movimento quel giorno.

Gil si stropiccio gli occhi arrossati. Aveva dormito a stento e per poche ore da quando avevano abbandonato il campo all’alba, e la mancanza di riposo si faceva sentire.

Non che io abbia goduto di particolari comodita da quando sono in questo universo, penso la ragazza.

Una particolarita del terreno attiro la sua attenzione: era il letto disseccato di un ruscello che non avrebbe dovuto essere li, e soprattutto uno strano mucchio di rocce…

Giratasi all’improvviso, si ritrovo sola. Fino a poche settimane prima avrebbe fatto attenzione anche al soffiare del vento ed avrebbe chiesto aiuto al primo sentore della presenza del Buio. Ma la vita da lupi e la compagnia del Falcone di Ghiaccio avevano cambiato le sue capacita di reazione, e lei rimase perfettamente immobile scrutando intorno a se quel paesaggio fin troppo tranquillo.

Una mano le sfioro una spalla facendola sobbalzare. Ingold le afferro il polso quando la sua spada era gia per meta fuori dal fodero.

«Dove eri andato?», gli sussurro.

Il Mago si acciglio.

«Non mi sono mosso da qui.»

Con la mano ancora stretta intorno al polso di Gil, si guardo intorno dubbioso.

«Certamente non eri qui un minuto fa.»

«Hmm…» Il vecchio si passo una mano tra la barba arruffata. «Aspetta un momento,» disse infine, «e guardami.»

Pronunciando quelle parole, lascio andare Gil e si allontano; i suoi passi erano a malapena udibili tra la sterpaglia alta del sottobosco.

Gil fece del suo meglio per non seguirlo. Esausta com’era, sentiva che la stanchezza la stava avendo vinta con le sue ossa, ma era certa di non essersi mossa e di non aver chiuso gli occhi. Nonostante tutto pero, Ingold era scomparso di nuovo. Intorno non c’era alcun posto dove potesse nascondersi, ed inoltre il sole splendeva alto in cielo.

Ammicco e si stropiccio gli occhi. C’era qualcosa in quel luogo, una qualche esalazione malefica che creava illusioni ed imprigionava la vista. Poi si giro e scorse Ingold a circa venti metri dal margine del sentiero coperto di edera spianata, quasi fosse stato sempre la. Appena le si avvicino, lei non ebbe difficolta a seguirne i movimenti.

Gil scosse la testa.

«Non capisco», disse.

Si tiro il mantello sulle spalle, gesto che le era ormai diventato abituale, quasi come quello di raddrizzare l’elsa della sua spada preferita. Nei giorni passati, il mantello non era servito a proteggerla veramente dal freddo, ma in quel luogo, con quell’aria soffocante, sembrava fin troppo caldo e pesante. Era ormai del tutto consapevole dell’atmosfera malefica che pesava su quella valle.

«Sai cosa accadra?», chiese a Ingold.

«Temo di si,» rispose il Mago. «Il potere del Buio e forte qui, molto forte. Sembra che riesca anche ad interferire sull’Incantesimo che avevo lanciato su noi due… E un peccato: vuol dire che dovremo fare a meno…»

«Vuoi dire,» esclamo Gil sorpresa, «che siamo stati sotto Incantesimo fin dall’inizio?»

«Oh, si!» Ingold sorrise scorgendo il volto sbalordito della ragazza. «Ho gettato piu di un Incantesimo sul convoglio da quando siamo partiti da Karst. Principalmente erano per difesa, per tutela… qualcuno anche di avversione e di protezione… Non sarebbero serviti a molto contro un attacco in piena regola, ma sarebbero certamente serviti ad evitarci colpi casuali di sfortuna.»

«Non me ne ero mai resa conto…», rispose Gil.

«Naturale. L’abilita maggiore di un buon Mago e proprio quella di non farsi mai scoprire.»

Gil lo fisso insospettita. Forse Ingold la stava prendendo in giro ma, osservandolo, si rese conto che il vecchio Mago era del tutto serio, serio come era sempre stato nei momenti difficili.

«Un Incantesimo riuscirebbe a proteggerci dal Buio?»

«Probabilmente non qui, nella loro valle», rispose con calma Ingold. «Ma per i Razziatori Bianchi, si. Ci hanno seguito da quando abbiamo lasciato l’accampamento. Se l’Incantesimo non funziona, perderemo molto tempo, e sara difficile recuperarlo.»

Raggiunsero la loro meta soltanto a meta pomeriggio. Gil sentiva crescere da lontano la sensazione di orrore. Sapeva, senza alcun bisogno di chiederlo, che quello era il luogo che Ingold aveva visto riflesso nella luce del fuoco. Il terreno era innaturalmente piatto, molto inclinato, con una lastra di basalto che era conficcata nel fianco della montagna con la punta piu lontana che si alzava verso l’alto come la prua di un vascello insabbiato. Un angolo invece era piantato nel terreno della valle come se a metterlo li fosse stato qualche inspiegabile cataclisma, perso negli abissi del tempo.

L’angolo piu inclinato mostrava l’intero spessore della lastra e lasciava capire quanto a fondo fosse penetrata nel terreno: anche se la terra intorno era scalzata per piu di trenta piedi, non si scorgeva traccia del fondo. Nel mezzo di quella sorta di enorme cavita si spalancava il nero foro d’ingresso da cui partivano le scale che conducevano all’abisso del Buio.

Le scale erano aperte.

La minuscola traccia di terra e pietra che Ingold aveva scorto attraverso le fiamme era sparpagliata ovunque intorno a quella orrenda fossa. Le pietre giacevano sparpagliate quasi fossero i resti di un’eruzione vulcanica, ma Gil si accorse che anche su di esse stava crescendo l’erbaccia tenace che aveva visto su pietre molto piu antiche.

Ne raccolse una. Su di essa appariva ancora l’impronta di un’orchidea rigogliosa, impietrita in qualche palude primitiva milioni di anni prima e frantumata da qualche lontana esplosione.

Anche Ingold stava esaminando la forma delle pietre mentre si muoveva metodicamente verso il pendio e verso l’ingresso che si spalancava alla luce del giorno come una bocca che stesse lanciando un grido silenzioso.

Il Mago si fermo dove terminavano il campo e le erbacce, e da dove partiva il sentiero oscuro. Gil lo vide chinarsi a raccogliere una pietra che rigiro tra le mani, pensieroso. Poi riprese a camminare cautamente sulla superficie levigata della pietra, ed inizio una lenta e metodica scalata verso l’ingresso.

Anche se le ripugnava, la ragazza, come aveva gia fatto nelle Volte di Gae, lo segui.

Dovette lottare contro il fogliame che le si avviluppava intorno alle gambe e si avvicino al Mago sul pendio. Ingold si fermo ad aspettarla, e la sua ombra era un cerchio scuro intorno ai suoi piedi.

Vista alla luce del giorno, sotto il cielo aperto, la vastita del pendio ora le appariva in qualche modo minacciosa. Dall’angolo infossato nella terra fino a quello piu inclinato e piantato nel fianco della montagna, correvano circa settecento piedi. Ingold, in piedi in mezzo, sembrava improvvisamente molto piccolo. Inoltre era un’arrampicata difficile, su un terreno scivoloso. Quando raggiunse il Mago, Gil ansimava visibilmente, e cercava di mandare giu boccate di quell’aria densa.

«Avevamo ragione!», esclamo Ingold a bassa voce. «La visione era stata un inganno!»

Sotto di loro le scale scendevano e, da quell’apertura, proveniva un filo d’aria umida che agito i capelli appiccicati dal sudore di Gil.

Non c’era nulla ora tra loro due e il Buio se non la presenza del sole, e la ragazza guardo verso il cielo quasi temesse l’addensarsi delle nuvole.

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