splendida ed appariscente,» affermo la ragazza sorridendo, «cela un cuore ed anche amore.»
Seduta accanto al suo falo, Gil scorse Alde che si alzava, si avvolgeva nel suo mantello di soffice pelliccia nera e si allontanava lungo il sentiero pietroso che conduceva alla sagoma scura del carro. Si sentiva in apprensione perche ormai la notte nascondeva sempre qualche traccia del Male, e comincio a chiedersi come quella sciocca ragazza potesse abbandonare cosi il suo bambino, anche se le Guardie continuavano sempre a vigilare, per andare ad amoreggiare nel buio con Rudy Solis.
Gil non era mai stata veramente innamorata, e i suoi sentimenti verso chi lo era si dividevano tra la simpatia, la curiosita e, occasionalmente, una larvata forma di desiderio che pero si sforzava di non ammettere neanche con se stessa.
Normalmente non le sarebbe importato nulla se Rudy e la Regina vedova si fossero tenuti per la mano, se fossero stati insieme a parlare o, peggio, se si fossero abbandonati alle orge… Quella notte pero era diverso. Quella notte Gil sentiva la presenza del Buio. Intorno aleggiava quel senso di malignita attenta, di mostruosa e feroce intelligenza che aveva gia riconosciuto durante la discesa infernale nei labirinti delle Volte di Gae. La sensazione era cosi oppressiva che, a dispetto del fuoco alle sue spalle, si girava di continuo come a controllare che non ci fosse nessuno dietro di lei.
A mezzanotte, uno dei soldati di Alwir le diede il cambio. Era un giovane grande e robusto con un’uniforme rossa macchiata e stinta. Anche Rudy fu sostituito e, a prendere il suo posto, venne uno dei Monaci Rossi. Gil vide il giovane californiano avviarsi verso il campo. Poi Rudy torno sui suoi passi e si infilo tra le ombre dei carri scivolando nel retro di uno di quelli che portavano lo stemma della Casa di Dare.
Gil sospiro e torno accanto al falo delle Guardie. Continuo pero a fiutare come un cane il sentore, la traccia di qualche presenza maligna portata dal vento. Rimase a guardare la notte al di la del bagliore ambrato delle fiamme, e le sembro che una mano pesasse su di lei fredda e terribile, simile all’incombere vicino e minaccioso della morte.
La maggior parte delle Guardie era gia addormentata quando Gil raggiunse il campo. Gli uomini e le donne, avvoltolati nelle loro coperte, si erano persi nel sonno profondo e veloce dovuto alla stanchezza fisica. Solo uno vegliava, seduto accanto ad un mucchio di braci, solido come una roccia. Dava quasi l’impressione di essere li dall’inizio del tempo. Lei l’aveva visto cosi, notte dopo notte, quando non era in perlustrazione ai margini del campo, e non riusci a ricordare quando quell’uomo avesse dormito l’ultima volta.
Gil si accovaccio accanto a lui, in silenzio.
«Cosa vedi?»
Il Mago alzo gli occhi dalla fiamma e la luce si perse tra le rughe profonde del suo viso mentre le sorrideva.
«Niente di importante.»
Le sue dita si muovevano leggere esaminando l’aria e la quiete minacciosa di quella notte.
«Niente da spiegare… almeno credo…»
«Lo stai sentendo anche tu, vero?», chiese con calma Gil, e Ingold annui.
«Dovremmo raggiungere il Torrione in meno di tre giorni,» disse.
«La notte scorsa l’ho sentito confuso e lontano. Stanotte invece e vicino: troppo vicino, anche se nessuno ci ha ancora portato notizie del Buio.»
Gil strinse le mani intorno alle ginocchia e guardo la luce che si rifletteva sulle sue dita indolenzite e gonfie, arrossate dal freddo.
«C’e un nascondiglio di quei mostri da qualche parte tra queste montagne?»
«Soltanto uno di cui parlai una volta a Janus. E un vecchio rifugio, chiuso da molto tempo. Notte dopo notte l’ho esaminato nel fuoco, ma non sembra essere stato adoperato di recente. Tuttavia continuo a vederlo…» annui all’indirizzo del piccolo falo. «Riesco a vederlo anche adesso. E in una valle ampia e poco profonda a nemmeno venti miglia da qui. Riesco a scorgere il suo basamento: e alle spalle della valle, inclinato verso le montagne. La valle invece e coperta dagli alberi, piena di calore e di oscurita…»
Un ceppo cadde sul fuoco e si alzo una nuvola di scintille che illuminarono il suo viso.
«Questi luoghi si trovano sempre al riparo di qualche genere di ombra. Ne il cielo ne le stelle riescono a riflettersi su quella pietra levigata… e, nel mezzo di quella oscurita, come l’entrata di una tomba, si staglia l’oscurita piu profonda dell’entrata stessa. Posso vedere che e chiusa, e che la terra e le rocce sono coperte dalle erbacce che sono cresciute.»
Fissando il fuoco, Gil non riusciva a vedere nulla. Soltanto il gioco dei colori, topazio, rosa, giallo, e il riverbero del calore che si sollevava sulle pietre che circondavano il falo rivelando il disegno intricato e misterioso delle felci fossili racchiuse nella struttura della roccia.
La voce aspra di Ingold l’aiuto comunque a scorgere quella scena, quasi la vedesse con i suoi stessi occhi: il modo in cui l’oscurita si addensava tra quegli alberi contorti e avviluppati, l’agitarsi dell’ombra della montagna che nessun vento avrebbe mai potuto distruggere.
La notte era gonfia di un senso profondo e disperato di orrore…
«Non mi piace…», mormoro Gil.
«Nemmeno a me,» rispose Ingold. «Non credo a questa visione, Gil. Siamo cosi vicini al Torrione. Il Buio deve fare il suo tentativo e farlo presto…»
«Possiamo andare fin la?»
Ingold sollevo il capo e guardo intorno a lui il campo silenzioso e addormentato. Le nuvole si stavano addensando sulle montagne coprendo le stelle; sembrava quasi che un’oscurita piu profonda stesse calando sulla terra.
«Non credo», disse ancora Gil, «che ci sia rimasta qualche altra possibilita…»
Il Buio li circondo. Gil ne percepi immediatamente la presenza con una sensazione amara e bruciante: era qualcosa capace di oscurare anche la luce stessa del sole. Si fermo ai margini di uno degli innumerevoli boschi che coprivano la valle come la spessa ragnatela di un ragno mostruoso, e guardo verso il nord a cercare il punto dove quella valle maledetta si inclinava. Tento di pensare razionalmente: ora era giorno e lei era in compagnia di Ingold! Pero la sensazione di paura non scomparve: il Buio era la!
La scalata era stata troppo semplice.
La valle ampia e rotonda attraverso cui l’aveva condotta Ingold era pianeggiante, con una pendenza minima che non sarebbe stata assolutamente difficoltosa se non fosse stato per l’erba alta che la ricopriva. Il vento che li aveva tormentati fin dalla loro partenza da Karst si era calmato: il luogo era protetto dalle pareti del canyon, roccia che si arrampicava su altra roccia fino a costruire una parete che raggiungeva i baluardi oscuri delle vette che oscuravano il cielo.
Al loro riparo, l’aria era piu calda di qualsiasi altro posto lei avesse conosciuto in quel mondo, ma quel caldo la sconcertava. I boschi erano troppo fitti per essere salutari, l’aria troppo pesante, e il terreno in alcuni punti era addirittura impraticabile a causa delle radici delle erbacce. Gli alberi scuri e foschi che crescevano lungo tutta la valle sembravano intrappolarla in un labirinto di ombre, e conservavano sotto i loro rami aggrovigliati i residui di una notte eterna che non sarebbe mai passata.
«Sono qui!», sussurro. «So che sono qui!»
Accanto a lei, quasi invisibile in quella luce sepolcrale, Ingold annui. Anche se non era trascorso molto tempo dopo mezzogiorno, l’atmosfera di quella valle sembrava giocare strani scherzi con la luce solare. L’aria rarefatta affaticava Gil, e le sembro anche che una mano misteriosa tentasse di offuscare la sua capacita di pensare.
«Possono essere pericolosi anche di giorno?»
«Sappiamo ben poco di quelle creature», le rispose Ingold a bassa voce. «Ogni tipo di Potere ha i suoi limiti, ed abbiamo visto troppe volte come la loro forza sia aumentata dal numero… stiamo camminando su una lastra di ghiaccio che copre le profondita dell’Inferno… stai attenta a come ti muovi…»
Quindi si copri il volto con il cappuccio del mantello, e si incammino come un fantasma in quell’aria velenosa e plumbea.
Mentre continuavano a salire, crebbe in lei la sensazione che si stavano addentrando in un mondo dove regnava un male al di la di ogni comprensione umana. C’era qualcosa di orribilmente simmetrico nella valle: qualche errore nella struttura stessa della roccia, nelle montagne che sussurravano avvertimenti alla mente di