profughi.
«Lo temevo», disse, guardando il Mago con la mano stretta intorno all’elsa della sua spada. «Non abbiamo avuto notizie da piu di una settimana, ed i miei uomini hanno detto di aver visto i Guerrieri del Buio che svolazzavano sulla valle quasi ogni notte.» Increspo le labbra in un’espressione contrariata. «Mi fa solo piacere constatare che quanto tu dicevi si e avverato. Ricordo che a Gae la gente per strada ti derideva per i tuoi ammonimenti. Parlavano di te come di un allarmista eccentrico degno soltanto di essere preso in giro.»
Gil emise un grido di indignazione, ma Ingold sorrise.
«Lo ricordo», rispose. «Ho desiderato per tutta la vita di essere immortalato in una Ballata, ma i versi che avevo scritto erano cosi caustici che forse e meglio se ne perda il ricordo.»
«E,» aggiunse cinicamente il Capitano, «i suoi autori sono certamente morti!»
Ingold sospiro.
«Preferirei che fossero vivi per prendermi ancora in giro, per ogni giorno della mia vita… Trascorreremo la notte qui. Puoi darci da mangiare?»
Il Capitano annui.
«Certo, abbiamo del bestiame…» Si giro indicando le palizzate di alcuni recinti sparsi oltre la collina dove un branco di cavalli e mezza dozzina di mucche da latte stavano abbeverandosi fissando i nuovi arrivati con occhi dolci e stupidi. «Abbiamo anche una distilleria nel bosco. Alcuni dei miei uomini riescono a fare dell’ottima birra — la
Ingold rabbrividi.
«A volte capisco l’orrore di Alwir per i cosiddetti agi del vivere civile.»
Poi si avvio dietro la Capitana seguendola sugli scalini logori dell’entrata.
«Comunque,» aggiunse ancora la donna non appena gli altri soldati della guarnigione si furono riuniti dietro di loro, «abbiamo la legge del Torrione qui!»
Ingold annui.
«Capisco.»
Entrarono, e Gil rimase senza parole. Dal di fuori la rocca aveva esercitato un certo potere intimidatorio, ma dentro era diroccata, spaventosa, buia, incredibilmente grande. I passi delle Guardie echeggiavano nella sala cupa e gigantesca come il rumore di un ruscello che si perde in lontananza. Le luci delle loro torce rimpicciolirono poco a poco sino a diventare tenui come le fiammelle di candela.
L’architettura interna era mostruosa: una mescolanza di superfici piane che nulla aveva in comune con la sobrieta gotica di Karst. Niente a che fare comunque con il genere umano: la tecnologia che aveva creato quel posto era chiaramente al di la di qualsiasi cosa che appartenesse a questo mondo.
La ragazza rimase affascinata dall’enormita della sala centrale dove le fiamme ballonzolanti delle torce si riflettevano nell’oscurita immobile dei canali colmi d’acqua che solcavano il pavimento. Rabbrividi per il freddo, il vuoto e la vastita di quel luogo.
«Come fu costruito il Torrione?», sussurro. La stanza amplifico la sua voce e porto le parole in ogni angolo. «Sarebbe stata una vergogna se i posteri non avessero potuto ammirare l’opera del suo architetto e dei Re che lo vollero costruire…»
«E vero», rispose Ingold e anche la sua voce echeggio nelle volte invisibili del soffitto. «Ma la memoria non e una scelta… non sappiamo cosa la governi e come…»
Si mosse come un’ombra accanto a Gil seguendo la strada indicata dalle torce che la distanza rimpiccioliva. Guardandosi attorno, la ragazza si accorse — non appena giunse in un luogo piu illuminato — che le pareti avevano una curiosa struttura a nido d’ape, con piccole porte buie che si susseguivano, ed erano unite, a volte da balconi di pietra, a volte da passerelle traballanti che striavano la parete come ragnatele di ragni ubriachi. Quelle piccole entrate scure davano accesso ad un’infinita di celle, scale e corridoi, la cui sinuosita oscura ricordava quella di un mostruoso labirinto.
«Per quanto riguarda come fu costruito, Lohiro di Quo, il Capo del Consiglio dei Maghi, ha fatto uno studio sulla tecnica di quel tempo grazie ad alcune registrazioni che sono giunte fino a noi. Stando a quelle carte, le pareti sono state erette per mezzo dalla Magia e di congegni meccanici. Gli uomini d’allora possedevano abilita superiori alle nostre. Noi non riusciremmo mai a creare una costruzione simile!»
Attraversarono uno stretto ponte che passava sopra uno dei tanti canali che portava l’acqua da una vasca all’altra per tutta la lunghezza della sala. Gil si fermo un attimo sul ponte senza balaustra a guardare l’acqua che scorreva rapida.
«Fu per questo che fece quello studio?», chiese dolcemente. «Perche sapeva che quella tecnica avrebbe potuto tornare ancora utile?»
Ingold scosse la testa.
«Oh no, e accaduto molto tempo fa. Come tutti i Maghi, Lohiro cerca di capire per se stesso, per sua soddisfazione. Qualche volta penso che la Magia sia soltanto una brama di conoscenza portata all’eccesso, un bisogno profondo di capire, comprendere le leggi che regolano il mondo, l’universo. Tutto il resto, l’illusione, la creazione di forme, l’abilita nel dominare le menti e le cose, il salvare, cambiare o distruggere, e del tutto casuale, e viene dopo il desiderio principale.»
«Il problema e questo», brontolo Ingold piu tardi dopo aver consumato una magra cena in compagnia delle Guardie e dopo aver sistemato le loro poche cose in una cella accanto a quelle che ospitavano la guarnigione. «Posso cercare soltanto cio che conosco. E del tutto inutile mettersi alla ricerca, in questo momento, di qualcosa che ignoriamo completamente!»
Poi guardo Gil, e gli sprazzi di luce emanati dal suo cristallo si diffusero come piccole stelle sul suo volto coperto di cicatrici.
Avevano acceso un piccolo fuoco per riscaldare la cella e Gil si accorse, con sorpresa, che non c’era fumo nella stanza.
Ingold era tornato a fissare il cristallo. Gil, rinvigorita dal calore e, soprattutto, dal cibo, si era seduta in un angolo e affilava metodicamente il suo pugnale seguendo puntigliosamente le istruzioni impartitele dal Falcone di Ghiaccio.
In un primo momento, quando aveva incontrato Ingold, aveva pensato di conoscerlo da sempre; ora, mentre continuava l’opera di affilatura, era quasi impossibile pensare al fatto che non sapeva nulla di lui. Sollevo la lama per esaminarla alla luce e la saggio con il pollice.
Era un mondo duro quello nel quale era stata precipitata, e che non perdonava gli errori. Ma, per quanta fatica avesse sopportato, per tutte le paure che aveva dovuto combattere, per tutto il peso e il dolore — si tocco soprappensiero la cicatrice sul braccio sinistro — c’erano pero altrettante gioie. La stessa presenza di Ingold la rassicurava, e non le faceva avvertire assolutamente il distacco della sua terra e la sua condizione di esiliata.
Presto pero lui sarebbe andato via. A lei sarebbero toccate lunghe settimane in quel luogo, mentre il Mago avrebbe continuato la sua ricerca solitaria tra le pianure di Quo, tentando di contattare i Maghi, la sua gente, l’unico gruppo di persone con le quali aveva un’intesa perfetta.
La ragazza sposto un po’ la fibbia del mantello imbottito e se lo sistemo dietro le spalle doloranti. Dopo il viaggio della notte precedente, persino un falo sulla strada sarebbe stato il benvenuto: quella cella nella quale si poteva a malapena stare in piedi sembrava addirittura un angolo di Paradiso.
Il luogo, visto con occhi meno affaticati, sarebbe apparso squallido. L’oro caldo del fuoco splendeva e si rifletteva nelle crepe delle pareti mal intonacate; il pavimento era gibboso e pieno di fessure ed irregolarita. C’era una patina di macchie di fuliggine dappertutto: rivelava le centinaia di generazioni che si erano spartite quel rifugio, ed i millenni di incuria.