il viso sempre girato, ma lui le accarezzo i capelli finche lei non si volto e non si lascio baciare sulle labbra, alzando una mano a sfiorargli la guancia ferita in un gesto quasi tenero. Non fece resistenza quando lui le sfilo i pantaloni.

Bishop continuo a guardarli, e penso a che cosa ne sarebbe stato di Chris se Hirschorn avesse deciso di sostituirlo. Forse l’avrebbero ammazzato per chiudergli la bocca. In effetti, era plausibile. Probabilmente Hirschorn avrebbe ucciso Chris, perche l’operazione doveva essere di tale portata da non poter rischiare che lui parlasse.

Kathleen era ancora immobile sul pavimento e Chris era dentro di lei. Erano abbracciati, stretti uno all’altro, ma Kathleen era girata verso la finestra e sembrava guardar fuori distrattamente, sembrava pensare ad altro. Era come se il suo sguardo fosse rivolto verso la finestra di Bishop, mentre Chris si muoveva dentro di lei. Con le luci spente e il sole che batteva in quella direzione, sicuramente lei non lo vedeva, ma Bishop capi che probabilmente pensava a lui.

Continuo a guardare. Pensava alla telefonata appena ricevuta, a come Hirschorn avrebbe ucciso Chris se lui l’avesse sostituito. Guardava Kathleen che, a sua volta, lo guardava. Chris emise un ultimo gemito e si adagio sopra di lei.

Bishop chino il capo e si chiese se Hirschorn avesse intenzione di uccidere anche lei.

28

La motocicletta sobbalzava sotto di lui mentre percorreva la lunga strada sterrata. In quel tratto, le querce creavano una piacevole e fresca penombra. Quando gli alberi finirono, il caldo divenne soffocante, ma la proprieta si manifesto in tutta la sua ampiezza. C’erano prati ondulati in ogni direzione e irrigatori in ogni angolo. I giardinieri — otto o dieci che fossero — si muovevano fra aiuole di fiori viola o erano inginocchiati a curare il prato. Qua e la c’erano piccoli stagni dalle acque immobili dove si riflettevano il sole, il cielo e le montagne circostanti. Il luogo era incorniciato da una catena di monti scuri che sembravano raggiungere le nuvole candide. Il ranch di Hirschorn — ovvero della fondazione — era stato costruito ai piedi delle alture, al riparo degli alberi. Quella non era, penso Bishop, semplicemente il rifugio di un boss locale. Piuttosto la residenza rispettabile di un pezzo grosso della malavita organizzata.

La strada piego a destra e la Harley di Bishop segui la curva, dirigendosi verso la casa, che apparve imponente e grandiosa. Era gialla con le rifiniture bianche e il tetto spiovente, su cui si aprivano tre lucernari. Una serie di porte finestre davano sul portico che girava tutto intorno all’edificio, sostenuto da pilastri e collegato alla strada da una scala di mattoni.

Bishop ando a fermarsi davanti alla scala; mentre spegneva il motore, la porta d’ingresso si apri. Apparve un uomo piccolo e magro, dal portamento rigido e altezzoso come quello della casa, anche se le dimensioni non erano in proporzione. Le labbra erano strette, il naso arricciato come se sentisse un cattivo odore. L’assistente personale, penso Bishop, Alex Wellman.

Scese dalla moto, si tolse il casco e lo appese al manubrio. Poi sali le scale andando incontro a Wellman, che introdusse Bishop nella stanza principale della casa. Le numerose porte finestre rendevano l’ambiente molto luminoso. C’erano tappeti in stile spagnolo e pesanti mobili in quercia, piccole statuine in bronzo di cavalli e bisonti sui tavolini e sugli scaffali. Una domestica messicana era indaffarata a pulire l’enorme camino di pietra. I pesanti stivali da motociclista di Bishop pestarono rumorosamente sul pavimento nel passare accanto alla donna.

I due uomini raggiunsero la porta della biblioteca.

«Signor Hirschorn, il signor Kennedy e qui per l’appuntamento», disse Wellman, molto formale.

Hirschorn stava girando intorno alla sua immane scrivania, con la mano protesa e il sorriso sul volto abbronzato. Era in maniche di camicia. Doveva avere circa sessant’anni, ma l’aspetto era quello di un uomo forte e solido.

«Signor Kennedy», disse, stringendo energicamente la mano del pilota. Lo squadro e annui, come se trovasse in lui qualcosa che gli piaceva. «Venga, venga, si accomodi.»

Bishop entro e vide i due gorilla, appoggiati uno accanto all’altro a una parete. Uno era il primate dalla faccia ebete del Clover Leaf; l’altro era un tipo piccolo e vagamente isterico, tutto nervi e occhi.

Hirschorn indico il piu grosso. «Ha gia conosciuto il mio autista, il signor Goldmunsen.» Sposto poi il braccio verso il piu piccolo, che si sollevava sulle punte incapace di stare fermo, come se dovesse partire a razzo verso il soffitto, e aggiunse: «Questo e il suo collega, il signor Flake».

Wellman, intanto, indietreggiava quasi invisibile, nascosto nell’ombra, lui stesso un’ombra che si dissolse nell’aria accompagnata dal rumore della porta che si chiudeva.

Hirschorn raggiunse il lato della scrivania dove si trovava una poltrona di pelle, e vi si sedette come se fosse il suo trono. Non chiese a Bishop di accomodarsi e il pilota rimase in piedi, nel centro della stanza, osservato dai due gorilla.

«La faro sedere tra poco», disse il vecchio. «Ma prima, il signor Goldmunsen le dara un pugno nello stomaco. Lei probabilmente cadra piegato dal dolore e restera senza fiato per qualche minuto.»

Bishop sorrise appena, in modo forzato. Guardo Goldmunsen, poi Hirschorn, e disse, senza scomporsi: «Ne e certo?»

«Oh, si.» L’uomo dai capelli d’argento emise una breve risata. «Lo sono perche, se non glielo permettera, chiedero al signor Flake di estrarre la pistola e di spararle nei testicoli. Sono certo che preferisce il pugno.»

Bishop smise di sorridere. Goldmunsen si fece avanti, mentre il pilota scrutava Flake. Non aveva estratto la pistola, ma Bishop credette sulla parola che ne aveva una e che l’avrebbe usata se Hirschorn glielo avesse chiesto. Goldmunsen era davanti a lui, sogghignante.

Bishop dovette fare un grande sforzo per controllarsi e non opporre resistenza. Induri i muscoli addominali, ma non servi a molto. Il pugno del gorilla si rivelo molto potente e il pilota crollo sul pavimento piegato in due, come Hirschorn aveva predetto.

«Grazie signori, e tutto», disse il boss ai gorilla.

Passo qualche istante e Bishop si rese conto che i due se ne erano andati.

Pochi minuti dopo, Hirschorn disse: «Ora puo sedersi, signor Kennedy».

Bishop si trascino fino al divano e si tiro su. Era di pelle come la poltrona di Hirschorn, ma morbido, e ci si sprofondava dentro. Appoggiato a un bracciolo, le mani strette allo stomaco, dovette allungare il collo per vedere in faccia il vecchio che lo scrutava dal suo trono.

«A proposito di quell’incidente al Clover Leaf, l’altra sera», disse Hirschorn, «lei deve capire che Wannamaker e un mio impiegato e, oltretutto, il figlio di un mio compagno di scuola, che ha lavorato con me finche e morto, l’anno scorso.» Teneva la mano alzata come per prevenire qualsiasi intervento del suo interlocutore. Ma Bishop non era ancora in grado di parlare. «Mi rendo conto che di tanto in tanto insorgano questioni personali e che sia necessario affrontarle. Siamo uomini e conosciamo le regole.» Sorrise e gli occhi azzurri furono attraversati da un lampo. Ma il messaggio non era che la vita e un’allegra cavalcata in cui ci si puo prendere delle liberta; il messaggio era che, se lo avesse voluto, quell’uomo poteva far spazzare via Bishop dalla faccia della terra come una macchia di merda dalla biancheria. Per il pilota, ancora senza fiato e privo di forze, quell’occhiata fu come un essere strisciante e appiccicoso che gli fosse salito su per la spina dorsale.

«Comunque», prosegui Hirschorn, «in questa citta — la mia citta — le cose vengono affrontate in un certo modo… il mio modo. E se lei ha una questione aperta con un mio impiegato, personale o non, deve chiarirla prima con me. Perche, come spero la lezione le abbia insegnato, ci sono cose peggiori di un pugno nello stomaco. E se lei mi disturba, signor Kennedy, quelle cose potrebbero accaderle senza che lei quasi se ne accorga. Ci siamo capiti?»

Bishop si asciugo il sudore dalla fronte con il dorso della mano, riusci a raddrizzarsi un poco e annui. «Si», sussurro.

«Bene.» Hirschorn si alzo per continuare in un tono piu colloquiale. Era passato al lavoro, adesso. «Vediamo ora che cosa possiamo fare uno per l’altro.»

Ando alla finestra dietro la scrivania e si pianto davanti ai vetri, con le gambe leggermente divaricate e le mani dietro la schiena. Osservava le sue montagne, le sue valli, il suo potere. Dava le spalle a Bishop per fargli una volta di piu capire il messaggio: il pilota era in suo potere, ma non valeva la pena di avere paura. Bishop

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