E adesso Harry Eidder era morto, suicida. Peter Crouch era morto, ucciso nella sua cantina. E Julie Wyant era scomparsa.
L’uomo ombra, Shadowman, esisteva, che fosse reale oppure no.
«Ecco, iniziano i boschi», disse Ketchum, con evidente disapprovazione.
La strada piegava verso l’interno, allontanandosi dalla costa. Da li in poi il paesaggio sarebbe stato sconfinato e selvaggio, completamente disabitato.
«Che posto di merda!» continuo Ketchum.
Weiss osservava la strada. Dopo qualche chilometro, gli alberi che la costeggiavano iniziarono a diradarsi e apparve una barriera di filo spinato. Poco dopo si stagliarono sul cielo le torri del carcere, al cui interno si distingueva l’ombra di uomini armati. Sul terreno al di sotto delle torri si vedevano le gabbie di cemento incastrate una nell’altra. Non c’era segno di vita, nessun movimento. Non un essere vivente.
«E il buco del culo del mondo», grugni Ketchum, sconsolato. «Mi hai trascinato dritto in culo al mondo.»
37
Superarono una serie di controlli sia al cancello sia all’entrata dell’edificio. Guardie dall’aspetto truce li passarono al setaccio con metal detector cosi sensibili da rilevare quasi il ferro presente nel sangue. Poi un agente dal volto squadrato, grande come una montagna, li scorto fino alla prima barriera.
L’uomo resto fermo mentre un apparecchio analizzava l’iride del suo occhio destro. Si udi un forte ronzio e la pesante porta scorrevole si apri. L’agente li fece passare e si ritrasse. Weiss e Ketchum si ritrovarono soli nel corridoio di uno dei blocchi, mentre la porta si richiudeva alle loro spalle, intrappolandoli.
Percorsero lo squallido passaggio in silenzio. Anche se abituato alla desolazione di quei posti, Weiss si sentiva sempre piu oppresso a ogni passo, come se stesse abbandonando la luce e l’aria per scendere in una soffocante oscurita.
Anche Ketchum provava una simile sensazione e scuoteva la testa lamentandosi: «Mio Dio, credo che non ci sia niente di piu sconfortante di questo posto».
Le telecamere li seguivano passo dopo passo, ma i due non incontrarono altre guardie finche non raggiunsero la porta di ferro del parlatorio. Qui, in una cabina dai vetri corazzati, c’era una guardia che li saluto con un cenno, senza sorridere. Poi si udi un altro assordante ronzio, e Weiss pote aprire la porta.
La stanza era piccola, con i muri di cemento e una parete, quella di fronte a loro, trasparente e, ovviamente, corazzata. Sui lati vi erano alcune sedie di plastica. Weiss e Ketchum ne presero due e si sedettero.
Rimasero a guardare, in silenzio e immobili, la sedia di metallo inchiodata al pavimento al di la del vetro. Entrarono due guardie che trascinavano un uomo ammanettato. Lo fecero sedere e lo incatenarono ai ganci fissati sul pavimento; poi si ritirarono. La porta si chiuse. Weiss e Ketchum si sedettero di fronte all’uomo incatenato, Lenny «Whip» Pomeroy.
Non aveva l’aspetto di un galeotto comune. Era magro, con i lineamenti delicati e dita lunghe, delicate e nervose. Gli occhi avevano un’espressione di scusa e le labbra sottili continuavano a muoversi. Sembrava impegnato in un monologo con se stesso che si manifestava come un impercettibile sussurro.
Erano due mesi che mercanteggiava con i federali, rivelando identita nascoste in cambio di quella protezione. Praticamente era da allora che non vedeva il sole e il suo pallore era cadaverico.
«Dunque, Pomeroy», inizio Ketchum. «Sono l’ispettore Ketchum del dipartimento di polizia di San Francisco. Questo e il detective Weiss, della Weiss Investigations, un’agenzia privata. Deve farti un paio di domande.»
Gli occhi del poveretto si mossero da uno all’altro fino a scegliere Weiss, senza pero fissarlo, piuttosto ronzandogli intorno come un insetto irrequieto. Scosse appena la testa. «No, no. Avevamo detto tre mesi.» La voce era come un nervoso singulto che il microfono rendeva metallico e spezzato. Le catene cigolarono, mentre muoveva le mani. «Non vi diro niente per almeno tre mesi.»
«Non sono qui per questo», disse Weiss, in tono pacato.
«Tre mesi, questo era l’accordo.» Non riusciva a tener ferme le mani.
«Non voglio nessuna informazione sui tuoi clienti.»
«Avevamo un accordo, mi avevate detto…»
Weiss taglio corto: «Stiamo cercando Julie Wyant».
L’effetto fu immediato e drammatico. Weiss non avrebbe creduto che il giovanotto potesse ulteriormente impallidire, ma anche l’ultimo, impercettibile colore vitale scomparve dalle sue guance. Sulla sedia in quel momento c’era un essere trasparente, tranne gli occhi, enormi e terrorizzati.
Weiss non riusciva a capire se stava scuotendo la testa o se era in preda a una crisi isterica. Parlo comunque, sempre con voce calma. «Non lavoro per Shadowman», disse. «Sto cercando di fermarlo.»
Gli occhi non smettevano di roteare. «Si… be’… Per forza dite cosi, no? Io… Come faccio a saperlo? Capite quel che dico? Come faccio…?» La voce venne meno. Le labbra continuarono a muoversi ma non usci piu un suono.
Weiss ignoro la domanda. «Io la vedo cosi», continuo, ancora piu calmo. «E accaduto qualcosa mentre Cameron Moncrieff stava morendo nel suo letto. Forse ha detto o fatto qualcosa che riguardava Shadowman e per cui il killer si e sentito minacciato. Julie Wyant era presente, cosi come il legale di Moncrieff, Peter Crouch; anche Harry Eidder, il giardiniere, ha sentito, forse dalla finestra, forse perche passava di li o stava origliando.»
«Si occupava delle rose.» La frase si distinse nel mormorio senza senso dell’uomo, come un improvviso bagliore nella notte buia. «Le prime rose Heart of Gold della stagione, fiorite proprio sotto la finestra della camera da letto. Ha sentito per caso, solo per caso.»
Weiss annui, incoraggiandolo con uno sguardo profondo e comprensivo. Era piegato in avanti, con le mani sulle ginocchia. «Che cosa vi ha detto, Pomeroy? Che cosa e accaduto quel giorno? Devo saperlo, per Julie.»
Weiss e Pomeroy si guardarono attraverso la parete trasparente. Piu tardi, Ketchum avrebbe detto che gli era sembrato di assistere a un esorcismo, come se il nome della ragazza, trasformato in una formula rituale, avesse obbligato il giovanotto a liberarsi dell’ossessione.
Le labbra su quel volto cadaverico sussurravano sempre piu forte. «Non potete capire… Non potete, non la conoscete.»
«Spiegami, allora. Che cosa e successo?» continuo Weiss. «Moncrieff le ha detto qualcosa? Qualcosa che Shadowman non voleva che sapesse? O le ha dato qualcosa che non doveva avere…»
«No!» sibilo Pomeroy. «No, no, no. Non capite. Pensate che si tratti… si tratti di cose… di
A Weiss non piacque quel tono, lo faceva sentire insicuro, come se improvvisamente la sua ricostruzione avesse meno valore, o lui stesso non volesse piu sapere la verita.
«E lei che ha cambiato le cose», continuava Whip, senza mutare il modo di esprimersi: melenso, esagitato. «Ha cambiato… tutto. Tutti. Era… una creatura irreale, come la figura di un quadro, un sogno diventato realta. Era come le persone non sono mai. Non potete capire.»
Weiss, sempre piu oppresso e a disagio, fisso l’uomo che stava dall’altra parte del vetro, incatenato. Dall’espressione sembrava che stesse per entrare in una sorta di trance, provocata dal desiderio della donna scomparsa.
Il detective scosse sconsolato la testa, come se non comprendesse; in realta, temeva proprio di cominciare a capire.
«Ti faceva sentire come se tu fossi l’unica persona al mondo», stava sussurrando Pomeroy, estasiato. «E quando ti toccava… ecco… le cose cambiavano. Tutti cambiavano.»
«Moncrieff, e di Moncrieff che stiamo parlando.» Weiss cerco di farlo ritornare in se. «Intendi dire che ha cambiato Moncrieff.»
«Cam l’adorava, come me, come tutti… E dopo che Cam l’ebbe assunta, il modo in cui lei ebbe cura di lui durante la malattia, il modo in cui si comportava con lui… E cambiato, ecco tutto. Voleva… fare qualcosa, non so se mi spiego.»