fatto molti scrupoli. Perche semplicemente non gli dici quello che vuole sapere? Che cosa te ne frega di quello che succedera alla ragazza?»
Pomeroy alzo il mento, come in un moto di orgoglio. Ma fu Weiss a rispondere: «Perche Shadowman lo uccidera comunque». E Pomeroy lascio cadere nuovamente la testa. «Lo deve uccidere, in un modo o nell’altro, perche sa che Whip l’ha sentito… supplicare, l’ha sentito piangere e dire alla ragazza che aveva bisogno di lei. E cosi, Pomeroy?»
«No, non perche ho sentito lui.»
Weiss chiuse gli occhi per un istante. Poi capi, tutto gli apparve chiaro. «Ti vuole uccidere perche hai sentito
Pomeroy annui rassegnato. «Mi deve uccidere a tutti i costi», sussurro, quasi cantilenando, «perche l’ho sentita ridere.»
Nella stanza blindata era sceso nuovamente il silenzio. Si sentiva solo il rumore delle catene leggermente scosse dal tremore del prigioniero. I tre uomini erano ancora li, immobili e zitti, con quella strana storia che aleggiava nell’aria fra loro. L’uomo peggiore del mondo si era innamorato. L’uomo peggiore del mondo si era innamorato di Julie Wyant.
«Hai una possibilita, Pomeroy», riprese Weiss dopo un po’. «Una sola. Devi dirci subito dove si trova Julie. Dirci qual e la sua nuova identita, cosi possiamo trovarla. Vi proteggeremo entrambi, io e la polizia, vi proteggeremo tutti e due, te lo prometto.»
«Proteggerci?» La testa di Whip era improvvisamente balzata in avanti e persino Weiss si ritrasse davanti a quegli occhi sempre piu grandi che lo fissavano dal volto trasparente, mentre le labbra esangui si piegavano in grottesco, doloroso sorriso. «Non potete proteggerci, ne me ne lei. Non potete proteggere nessuno. Non da lui. Niente puo fermarlo, niente. Arriva ovunque, raggiunge chiunque. E anche questa volta lo fara, per lei.» Pomeroy torno ad appoggiarsi allo schienale e parve scomparire. «Non si puo fermarlo. Niente puo fermarlo. Mai.»
38
Dopo che le guardie ebbero recuperato Pomeroy per riportarlo in cella, Weiss rimase seduto dov’era ancora per un po’. Teneva le mani sulle gambe e fissava la barriera trasparente dietro la quale, ormai, non c’era piu nessuno. Ketchum gli era accanto e, stranamente, non parlava.
«Dannazione», sospiro finalmente Weiss.
«Be’, almeno una cosa positiva c’e», disse Ketchum. «Non ci ha detto il nome, ma finche si trova qui, il nostro amico, Shadowman, non puo certo raggiungerlo.»
Weiss annui, poco convinto. Ketchum poteva anche aver ragione, ma c’era qualcosa… quel senso di urgenza che non lo abbandonava, quella visione di lui che saliva le scale, con i minuti contati.
Comunque, in quel momento, non c’era altro da fare. Si alzo pesantemente e avanzo verso la porta, seguito da Ketchum. Suono e apri il battente.
Prima di imboccare il corridoio, si volto un’ultima volta a guardare la sedia vuota al di la del vetro. «Forse hai ragione», disse. «Penso che qui sia al sicuro.»
Uscirono e, per un po’, la stanza, il parlatorio numero tre del carcere di massima sicurezza di North Wilderness, rimase vuoto. Vuoto e deserto per mezz’ora, quaranta minuti, non di piu. Poi la porta ronzo e si apri di nuovo per lasciar passare un uomo magro con il vestito grigio scuro. Teneva le mani unite davanti a se, i gomiti stretti ai fianchi. Sembrava una persona pignola e sprezzante.
L’assistente di Bernard Hirschorn, Alex Wellman, si sedette su una delle sedie di plastica e aspetto. Dopo qualche minuto, la porta al di la del vetro si apri ed entrarono due guardie, con un prigioniero incatenato. Era l’uomo chiamato Ben Fry.
39
Sono ora costretto a ritornare, brevemente, sulle mie meno avvincenti avventure.
Avevamo lasciato l’eroe — cioe io — in preda a un dilemma morale. La mia brillante investigazione mi aveva fatto scoprire lo scomodo segreto del reverendo Reginald O’Mara. Per dirla tutta, nel momento m cui aveva presumibilmente visto il nostro cliente derubare e menomare per la vita un ragazzo dell’universita, era intento a pratiche ben poco ortodosse con un parrocchiano del suo stesso sesso. Ora, io non sono cattolico, e neanche un moralista. Non mi importa certo di chi si inchiappetta chi, a patto che entrambi siano consenzienti e adulti. Ma mi rendevo conto che non tutta l’opinione pubblica o, peggio, i parrocchiani del reverendo la potevano pensare come me. Cio mi porto alla conclusione che padre O’Mara fosse, per dirla con i teologi, nella merda fino al collo. Se avessi fatto rapporto a Sissy, come mi aveva chiesto, avrei distrutto la carriera di un uomo giusto, che aiutava i poveri e i disperati, per salvare il nostro cliente, cioe, come ho gia detto, un delinquentello che non meritava altro che di finire in carcere, dove la testimonianza del sacerdote l’avrebbe spedito senza alcuna difficolta, purche si ignorasse la faccenda dell’inchiappettamento.
Pero, se avessi fatto finta di niente, sarei venuto meno al mio dovere professionale. Ecco perche ero in un bel dilemma. Da un lato c’erano tutte le belle parole sulla giustizia, Sissy che mi chiamava «mio caro», il fatto che, almeno nella mia testa, questo caso mi dava la possibilita di diventare un eroe come quelli dei romanzi che leggevo da piccolo e di avere nuovi incarichi assieme a Sissy e quindi, cosi speravo, di andare a letto con lei. Argomentazione che per un uomo ha un’indubbia validita. Ma, d’altro canto, la prospettiva di diventare un rovina- preti per liberare un delinquente non mi piaceva proprio. Cosi mi arrovellai finche non mi venne in mente che, quando si ha un problema morale, ci si rivolge a un prete.
Brad Murphy — l’inchiappettato — mi combino un incontro con il reverendo O’Mara davanti al palazzo della Legione d’Onore, proprio sotto la statua del
Il palazzo, per chi non l’ha mai visto, e una costruzione maestosa, con un arco neoclassico fiancheggiato da imponenti colonnati. Davanti c’e un tempietto con una piccola piramide di vetro e al di la dell’ampia corte c’e una vasca d’acqua, che in quel momento rifletteva in modo molto scenografico il cielo divenuto basso e grigio come metallo. Ancora piu in la svettavano esotici eucalipti, oltre i quali si stendevano le acque immense del Pacifico. Tutta questa maestosa grandezza mi faceva sentire ancora peggio. La figura del detective alla Marlowe che impersonavo un paio d’ore prima era in quel momento offuscata da quella di un viscido guardone che scava senza pieta nei segreti piu reconditi degli altri.
Mentre ero intento a questi pensieri, ecco arrivare il reverendo O’Mara, con la faccia piu plumbea del cielo di quel pomeriggio. Aveva circa cinquant’anni ed era abbastanza alto, con le spalle larghe e la vita sottile. Il volto era regolare, incorniciato da capelli che iniziavano a tingersi di grigio. Non indossava l’abito, ne aveva il collarino bianco; solo un dolcevita grigio e dei pantaloni anonimi. Gli tesi la mano, ma lui l’ignoro, e cio peggioro la mia sensazione di essere un individuo meschino e piccolo, molto, molto piccolo.
C’era un gruppo di giapponesi che fotografavano la statua, percio ci spostammo verso la corte. Eravamo affiancati, ma il reverendo non mi guardava. Teneva lo sguardo davanti a se, parlando come se si stesse confidando con l’aria.
«Presumo che voglia del denaro», disse.
Sgranai gli occhi. «Non voglio soldi, santo cielo, no. Sono qui per aiutarla.»
Sbuffo in un modo che mi fece vergognare ulteriormente. Stavamo passando sotto l’arco e i nostri passi rimbombavano.
«Mi vuole aiutare?» disse.
«Esatto. Non credevo certo di imbattermi in una situazione del genere, durante le indagini.» Entrammo nella corte e le nostre voci non riecheggiarono piu. «Stavo solo controllando la testimonianza, questo era il mio compito, e cosi ho scoperto…» Mi sentivo come in confessionale.
Procedemmo fino alla vasca e ci fermammo a fissare l’acqua. Finalmente lui si giro a guardarmi. Lo vedevo solo di scorcio, ma mi sembro che stesse cercando di valutarmi.