corridoio nel piu assoluto silenzio. Arrivato allo stanzino della posta, distinse grazie alle luci notturne della citta le sagome della fotocopiatrice e del fax. Contro la parete c’era la mia scrivania e, abbandonato su di essa, c’ero io.
Nel vedermi Weiss si calmo, cerco l’interruttore e accese la luce. Gli si presento lo spettacolo della mia persona seduta in posizione scomposta, incosciente, la testa tra le braccia sul piano della scrivania. Negli occhi dell’investigatore passo un lampo di stizza. Avevo interrotto il filo dei suoi pensieri, i suoi tentativi di prevedere le mosse di Shadowman. Con un sospiro afferro la bottiglia di whisky posata accanto al mio gomito. La prese e si accorse che ce n’era ancora piu della meta. Percio ritenne che non fossi ancora morto e mi scosse senza molti riguardi.
«E pulito!» urlai, raddrizzandomi di botto, con la luce che mi feriva gli occhi.
Weiss mi fece oscillare la bottiglia di J B davanti alla faccia. «Ti ho insegnato a bere qualcosa di meglio di questa robaccia.»
Strabuzzai gli occhi. Weiss? C’era Weiss li con me? «Weiss!» dissi con la voce impastata, guardando la bottiglia con gli occhi stretti a fessura. «No, no, va tutto bene. Ho finito.»
«Si, hai finito di sbronzarti, direi.»
«Ho fatto tutto, ho solo pensato di…» Cercai di ricordare che cos’avevo pensato di fare.
«Svenire sulla scrivania?» suggeri Weiss. «Va bene, io sono favorevole a queste cose, danno all’Agenzia un certo fascino.»
Risi come un idiota, con la testa che mi girava come un mulino a vento. Che grand’uomo era Weiss, veramente un grand’uomo. Ma che cazzo stava cercando di dirmi?
«Ho controllato», cercai di spiegargli, sempre stringendo gli occhi irritati dalla luce. «Ho scritto il rapporto. Lui e pulito, a posto.»
Weiss depose nuovamente la bottiglia sulla scrivania. «E del caso Strawberry che stiamo parlando?»
«Certo.» Mi passai le mani sul viso cercando di chiarirmi le idee. «Il prete, il fratello del governatore.»
Weiss alzo il mento; stava iniziando a capire. «E lui che e pulito? La sua testimonianza e corretta, e questo che vuoi dire?»
«Si, proprio questo», risposi, gesticolando in modo cosi plateale che quasi caddi dalla sedia. «Si, tutto a posto, tutto controllato.»
«Benissimo.» Weiss annui e prese un plico di carte dalla scrivania. «Ed e tutto qui nel tuo rapporto, vero?»
«Assolutamente, tutto li, nel rapporto, non manca niente…» Le parole mi uscivano sempre piu ingarbugliate.
Weiss guardo l’orologio e si acciglio. «D’accordo, ragazzo, ti restano venti minuti prima di iniziare a vomitare l’anima. Che ne dici di risparmiare la donna delle pulizie e cercare di arrivare a casa prima?»
Decisi di provare ad alzarmi, ma non fu cosi semplice. Neanche allontanarmi dalla scrivania fu facile. Weiss resto in corridoio a osservarmi mentre avanzavo barcollando verso la porta. Andavo piano, ma oscillavo pericolosamente da una parete all’altra e infine dovetti fermarmi un attimo per aspettare che il mondo ritornasse diritto.
Weiss mi tenne d’occhio fino all’uscita. Aveva il rapporto in mano e sorrideva con l’angolo della bocca. Sospiro. Era un po’ deluso di me; gli ero sembrato piu acuto, piu promettente. Aveva creduto che mi sarei accorto dell’incongnienza sul particolare della calvizie, e avrei scoperto dove si trovava veramente il prete al momento della rapina. Secondo lui era probabile che il reverendo fosse a casa di una ragazza, o anche di un ragazzo, perche no, dopotutto eravamo a San Francisco. Ora, invece, doveva dire a Sissy che nel mio primo caso avevo fatto cilecca. Doveva controllare il testimone lei stessa, scoprire la verita.
Riuscii ad aprire la porta, a superarla e a raggiungere l’ascensore. Scesi con la testa appoggiata a una delle pareti e gli occhi che si chiudevano, per poi spalancarsi quando la testa ricominciava a girare. L’ascensore arrivo al piano terra e io mi proiettai nell’atrio. Mi buttai di testa contro il portone, come uno che lotti contro un forte vento, e dopo un’ultima spinta mi ritrovai nelle nebbiose vie della citta.
Con le mani in tasca e la testa bassa, attraversai a passo malfermo Market Street. La luce dei fari delle auto faceva intravedere una fitta pioggerellina. Il fracasso di un tram copri per un attimo il sussurro ininterrotto del traffico. Lasciai la via affollata alle mie spalle e imboccai una laterale, piu buia e tranquilla. L’oscurita sembrava aver avvolto anche le mie budella, il whisky aveva offuscato le mie sensazioni, ma non abbastanza. Non credo di avere veramente percepito la delusione di Weiss, ma non ce n’era bisogno. Ero io stesso a essere deluso di me. Anzi, ero disgustato del mio comportamento, della mia debolezza, della mia falsa moralita. L’aiuto fornito al reverendo O’Mara, il fatto di mentire per lui, avevano siglato il mio fallimento come investigatore. Avevo sperato, iniziando a bere, di scacciare la vergogna che provavo, ma non era stato cosi. Non mi sarei mai perdonato.
Con questo amaro sentimento di autocommiserazione nel cuore, mi girai per dare quello che pensavo sarebbe stato un ultimo saluto all’Agenzia, al settimo piano della torre di cemento con il tetto rosso. Mi ricordo ancora che cosa vidi, anzi, credo che non lo dimentichero mai. Era Weiss, la sua massiccia figura inquadrata nel grande arco della finestra, che con le mani in tasca contemplava la citta, il traffico, i pedoni sotto di lui, le persone, la fretta con cui si allontanavano sparendo nella sera e nel mistero della loro vita. Il computer doveva essere acceso, perche nell’oscurita della stanza si vedeva una debole luce bianca che delineava la sua sagoma. Nel mio stato confusionale, mi immaginai di poter distinguere i suoi lineamenti, l’espressione compassionevole del suo viso segnato. Credetti di scorgere il bagliore dei suoi occhi e lo sguardo intenso che cercava di scrutare oltre la nebbia.
Mi fermai a guardarlo, a fissare la sua immobilita. Sebbene cosi deluso di me stesso, provai un moto di vera ammirazione per lui e sentii riaccendersi in me il barlume di una nuova ispirazione, un ricordo vago di quell’idea di uomo che avevo pensato di poter incarnare.
Rimasi a fissarlo per un lungo istante, poi mi girai e andai via, nel buio.
Con questo, finisce la mia apparizione in quella storia. Ma mentre caracollavo fino a casa per poi vomitare l’anima e abbattermi sul pavimento del bagno, quel forte senso di ammirazione rimase in me e mi scaldo il cuore. Non potevo saperlo, allora, ma nel voltarmi indietro avevo intuitivamente capito che Weiss, proprio in quel luogo e in quel momento, mentre stava perfettamente immobile alla finestra, era in uno dei suoi momenti di massima azione e di massimo, inarrestabile impegno. Stava dando il meglio di se proprio in quel luogo e in quel momento, perfettamente immobile eppure, come venni a sapere in seguito, scatenato sulle tracce di Shadowman.
51
Arrivarono da Kathleen non molto piu tardi, verso le nove di sera. Era nella stanza sul retro della casa, sdraiata sul divano, a guardare la televisione. In verita la fissava e basta, ed erano due ore che non si muoveva di li, sgranocchiando patatine e bevendo birra dalla bottiglia. Accendeva una sigaretta dopo l’altra per poi spegnerle dopo averle fumate a meta, e non avrebbe saputo dire qual era il programma in onda in quel momento.
La verita era che, nella sua testa, c’era troppa spazzatura e nel suo cuore un’opprimente oscurita. Kennedy e il suo inganno, Chris e i tizi che lo cercavano, Hirschorn. Era disgustata da tutti. Come era possibile che la sua vita fosse una schifezza del genere? Era disgustata da tutta quella dannata storia.
Il disgusto, pero, non aveva ancora lasciato il posto alla paura. Kennedy l’aveva avvisata, ma lei non gli credeva piu. I due scagnozzi di Hirschorn se n’erano andati, cercavano Chris, non lei. Penso che se lo sarebbero lavorato per un po’, perche beveva troppo e aveva la lingua lunga. Ben gli stava. Era Kennedy quello che doveva avere paura. Quando Hirschorn avrebbe scoperto chi era in realta… be’, peggio per lui. Che andasse all’inferno, con tutti gli altri. A lei non importava.
Continuo a fissare il televisore, a bere birra e ad accendere sigarette per poi spegnerle quasi subito. Adesso c’era una specie di gioco, uno di quelli in cui la gente, per denaro, fa cose strane. C’era una donna che veniva ricoperta di serpenti e, se resisteva per un certo periodo, avrebbe vinto. Be’, che c’era di difficile? penso Kathleen. Quella troia avrebbe messo la testa in un secchio di merda, se le avessero dato denaro sufficiente. Una puttana idiota che avrebbe fatto qualsiasi cosa per denaro.
Penso di cambiare canale, ma la pigrizia prevalse e continuo a guardare il gioco a premi. Dal punto in cui era, sul retro, non vide l’auto nera accostare al marciapiede davanti a casa. Non senti aprire la porta d’ingresso e