fino all’ultimo istante non udi neanche i passi. Solo allora si volto, e vide suo marito sulla porta.
Impressionata, si raddrizzo sul divano. Gesu, com’era conciato. Era proprio messo male. La faccia plumbea, gli occhi spiritati e sui pantaloni una macchia scura che stava cominciando ad asciugare… e puzzava di urina.
Spense la sigaretta che si era appena accesa, prese il telecomando e premette il pulsante per togliere l’audio.
«Ehi, Chris», disse, con tono esitante.
Le finestre erano aperte per lasciar uscire il fumo e far entrare l’aria della sera. Con il televisore senza audio — adesso sullo schermo c’era un grassone flaccido con un gran sorriso — si sentivano i rumori del giardino e del vicinato. I grilli, il chihuahua simile a un topo degli O’Connor che abbaiava, il rumore del coperchio di un cassonetto di plastica presso la casa dei Paynter.
Chris non si mosse per qualche istante; sembrava malfermo sulle gambe e il sorriso vacuo sul suo volto era simile a quello di chi ha perso la ragione.
«Tutto bene?» chiese Kathleen.
«Si», rispose l’uomo, ma anche il tono della voce era vacuo. «Sto bene, ma dobbiamo andare, Kathleen.»
«Andare, dove diavolo dobbiamo andare?» Guardo l’orologio. «Sono le nove di sera…»
«Lo so», disse lui, senza cambiare tono. «Ma dobbiamo andare comunque. E signor Hirschorn dice che qui non siamo al sicuro. Ha mandato i suoi scagnozzi. Ci porteranno loro in un posto sicuro.»
«Chris… di che cosa stai parlando? Non riesco a…»
Fu allora che comprese che l’avrebbero uccisa.
I personaggi nel televisore continuavano il loro spettacolo e i grilli non smettevano di cantare, e quel cazzo di chihuahua continuava ad abbaiare. Forse udi uno scalpiccio sull’erba, o magari fu semplicemente il tono di Chris a farglielo intuire, ma Kathleen si rese improvvisamente conto che i due uomini della BMW nera erano tornati. Capi che erano venuti per lei, per portarla nel bosco, da qualche parte. Quando l’avessero trovata, i suoi capelli sarebbero stati intrisi di sangue intorno al foro del proiettile, e il volto premuto a terra, con foglie e rametti che aderivano alla pelle.
E li c’era Chris, era questa la cosa piu schifosa. Era venuto per consegnarla a loro, il suo caro maritino, era venuto a blandirla per farla uscire senza resistenza, per non far sapere ai vicini che cosa stava succedendo, per non far casino. Aveva pensato che niente potesse piu ferirla, ma quel comportamento di Chris la feriva eccome. La faceva star male da morire. Era sua moglie, ma a lui non importava un accidente. L’avrebbe consegnata a loro per soldi, come nel gioco alla televisione. Si fa qualsiasi cosa per denaro, anche alla propria moglie.
Si alzo, lentamente, anche se tutto dentro di lei sembrava sprofondare.
«Mio Dio, Chris», disse.
«Dobbiamo andare», continuo Chris in tono assente. «Il signor Hirschorn ha mandato i suoi uomini a prenderci.»
Le vennero le lacrime agli occhi. «Chris, che cosa stai facendo?»
«Forza, Kathleen», disse. «Va tutto bene, nessuno ti fara del male. Dobbiamo andare.»
Si getto contro di lui, pianse e urlo di rabbia e disperazione, cerco di colpirlo con entrambi i pugni. Quando lui le prese i polsi, cerco di graffiarlo, di lacerargli le guance. Singhiozzava e le lacrime le bruciavano gli occhi, come acido. La disperazione e la rabbia le rendevano infuocate.
Chris la prese tra le braccia robuste e la tenne stretta, in modo che non potesse muoversi. Lei cerco di divincolarsi, mentre sentiva il puzzo del suo sudore rancido, dell’urina, di qualcos’altro che non sapeva definire, ma era orribile. Lotto e, alla fine, si arrese. Appoggio il volto sul suo petto e pianse, mentre lui cercava di consolarla, le baciava i capelli.
«Va tutto bene», disse, sempre in quello strano tono di voce. «Dobbiamo solo andare via per un po’, non ci sono problemi. Nessuno ti fara del male. E solo finche tutto non sara finito.»
Kathleen stava ancora piangendo. «Chris», disse. «Perche?»
«Su, andiamo», rispose lui. «E tutto a posto. Davvero.» Si avviarono verso la porta.
Dietro di loro erano iniziate le pubblicita. Un papa era a tavola e una mamma gli serviva una minestra calda, sorridendo a lui e ai due frugoletti, un maschio e una femmina. Non c’era audio, solo il canto dei grilli, il cane che abbaiava, e i singhiozzi di Kathleen stretta al petto del marito.
Chris la porto nell’ingresso dove c’erano i due uomini. Flake era entrato dal retro, Goldmunsen dal davanti. In quel modo avrebbero bloccato qualsiasi tentativo di fuga.
Ma Kathleen non tento di fuggire. Non gliene importava piu nulla. Perche doveva affannarsi a tentare? Si lascio portare fuori, nella sera calda, verso la macchina nera. Esito un attimo quando la vide, quando venne il momento di lasciare il vialetto di casa sua. Era tutto orribile, l’auto e Chris che la spingeva verso la morte. Tento di fermarsi, ma lui la teneva stretta.
«Va tutto bene, Kathleen», ripete l’uomo, assente.
I tre la fecero salire e partirono. A lei non importava piu niente di che cosa sarebbe successo.
52
Bishop stava aspettando il momento propizio per attaccare l’uomo che lo scortava. Erano nella baracca, nella stanza al primo piano, una lunga stanza quasi completamente vuota. C’erano un paio di materassi, un tavolino quadrato, alcune sedie. Dal soffitto pendeva una lampadina nuda.
Chase si sedette al tavolino e inclino la sedia all’indietro. La lampadina, direttamente sopra di lui, lo racchiudeva in un cerchio di bruschi contrasti luce-ombra. Era un uomo possente, con il torso come una piramide rovesciata e la testa come un masso appoggiato sulla base. Non toglieva mai le mani dall’arma che aveva a tracolla, e non toglieva mai gli occhi di dosso a Bishop.
Bishop era di fronte a lui, appoggiato alla parete opposta, con una gamba piegata all’indietro e la pianta del piede sul muro. Aveva un braccio posato all’altezza della vita, e dalla sigaretta che teneva in quella mano saliva lentamente un filo di fumo. Stava riflettendo su un certo numero di interrogativi: si chiedeva che cosa uno come Hirschorn stesse meditando di fare con un elicottero da guerra. Si chiedeva se sarebbe riuscito ad andarsene in tempo per fermarlo, e se al momento dell’azione avrebbe dovuto uccidere questo Chase.
Dopo un po’, si mosse e ando verso una delle finestre. Scosto leggermente la veneziana per sbirciare fuori. Il secondo uomo della scorta, un nero altissimo, era di guardia all’ingresso del piano terra. Si stava svolgendo una specie di riunione, di sotto, se ne sentiva il rumore. Bishop udiva le voci, quella di Hirschorn e almeno altre due. Cio voleva dire che gli uomini armati erano probabilmente quattro. Qualsiasi cosa avesse deciso di fare, doveva essere veloce e silenzioso per non metterli tutti in allarme.
Lascio ricadere la tenda e fece vagare lo sguardo per lo stanzone. C’era solo una porta, che dava sulla scala esterna. In fondo alla scala c’era il nero di guardia. Non c’era modo di evitarlo: un bel rompicapo.
Si rivolse a Chase.
«Che ne dici se esco sulle scale a prendere una boccata d’aria?» chiese.
«Che ne dici di restare qua?» disse Chase con una voce inespressiva. «Di aria qui dentro ce n’e abbastanza.» Oscillava avanti e indietro sulle gambe posteriori della sedia, senza perdere di vista Bishop.
Bishop gli si avvicino con passo rilassato e Chase lo guardo con un sorriso di pietra sulla faccia di pietra. Lo divertiva l’idea che l’altro potesse tentare qualcosa.
«Che cosa significa?» insistette Bishop. «Sono prigioniero?»
«Solo nel senso che se cerchi di uscire io ti uccido.»
«Capisco», disse Bishop. «Per un attimo, ho creduto di dovermi preoccupare.»
Giro prima di essere troppo vicino a Chase; non c’era modo di sorprenderlo, era troppo vigile. Si mosse verso l’altro lato del tavolino, sempre seguito dagli occhi di Chase e dalla canna della sua mitragliatrice.
«Non penso che uccidermi sarebbe una buona idea», prosegui Bishop.
«Ehi, amico, non criticare le mie idee», replico Chase. «Abbatte la mia autostima.»
Bishop mise le mani sullo schienale della sedia che stava di fronte all’energumeno. Si domando se era abbastanza veloce per alzarla e arrivare a rompergliela sulla testa. Probabilmente si, ma comunque Chase avrebbe sparato ammazzandolo. E questo era un bell’inconveniente per il piano.