mise davanti alla porta. Vaffa apri le serrature. La porta rimase ermeticamente chiusa, trattenuta da quattordicimila chili di pressione.

«Quando?» domando lei.

«Il mezzo cingolato non deve fermarsi. La guardia sulla torretta deve essere distratta al momento giusto, perche non ci fidiamo di lei. Il veicolo sara accessibile per dieci secondi, e dovrebbe arrivare fra un minuto.» Alzo gli occhi dall’orologio e sorrise. «Se tutto continua ad andare secondo i piani.» Lilo penso che era la prima volta che aveva detto qualcosa che non gli fosse stato ordinato di dire. Usci dalla camera stagna e chiuse la porta interna.

All’improvviso giunse il momento. Senti un grido che conosceva bene, ma tutte le altre volte che l’aveva udito aveva avuto indosso una tuta. Era la valvola di svuotamento rapido. Stranamente non provo niente. Ruttava in continuazione. Il suono si spense in pochi secondi. Spalanco la porta e corse nel silenzio. C’era una forma scura che si stava muovendo, una mano che si protese per afferrarla e che la tiro dentro il veicolo. Lo sportello si chiuse, e un grido attraverso l’aria che entrava a riempire la cabina sigillata. Lilo comincio d’improvviso a rabbrividire. «Ce l’ho fatta,» grido roca, e svenne.

Una donna era china su di lei.

«Non ti muovere, per favore.» Lilo si sentiva il braccio sinistro intorpidito. Abbasso gli occhi. Era stato reciso al gomito.

«Ci vorra solo un attimo,» disse la donna. Aveva un caduceo tatuato fra i seni: un medico. Lilo volto la testa sull’altro braccio e osservo.

«A cosa serve?» domando.

«Lasceremo il veicolo a una stazione a circa cento chilometri da qui. Questo e per farti superare la dogana.» Prese un avambraccio da una cassetta vitale metallica e lo collego a una borsa nera. Il pezzo di carne bianca acquisto colore e le dita si contrassero. Infilo il braccio di Lilo nella cassetta vitale.

«Sono Mari,» disse, con la voce che si alzo leggermente di tono sull’ultima sillaba. Sulla faccia aveva un accenno di sorriso.

«Lilo,» rispose lei, e si toccarono le palme, la destra di Lilo con la sinistra di Mari, poiche al momento Lilo era equipaggiata per salutare in modo corretto.

«Sara pronto in un minuto,» disse Mari indicando il braccio. Prese una borsa che era su uno scaffale alle sue spalle. Dentro c’erano due tuniche color porpora scuro. Si alzo per infilarsene una dalla testa. «Tu puoi mettertela quando avro finito.»

«Dove mi porti?»

«A vedere il Capo.» Dal tono della sua voce si capiva che Mari aveva un gran rispetto per il Capo. Quindi era una Terrestre Libera. Be’, certo non era una malattia. Lilo poteva anche tollerarli, tranne quando si trattava di un fanatico come Tweed che voleva portare tutta la razza alla distruzione.

Mari ricomincio a lavorare, facendo combaciare le. giunture del gomito, attaccando tendini, collegando nervi e vasi sanguigni. La pelle si cicatrizzo in cinque minuti e non rimase che una debole linea rossa a indicare dove il braccio era stato innestato. Stacco una spina dalla presa dietro la testa di Lilo e il braccio non fu piu solo un peso morto. Era pieno di aghi e spilli, ed era freddo.

«Non e un gran lavoro,» disse Mari, rimettendo a posto gli attrezzi. «Ti servira solo per un’ora o poco piu, cosi non aveva senso perderci troppo tempo, no? Non dovrai usarlo molto.»

«Non ti preoccupare. Non sono mancina.» Strinse il pugno. Il braccio era piu corto di circa cinque centimetri.

«Oh, davvero? Anche mia madre.»

«Questo di chi e?»

«Di una che dovrebbe essere sulla Luna. Di tanto in tanto facciamo passare il genotipo dalla dogana, in modo che il computer possa registrarlo… ma non credo che dovrei dirti queste cose.»

«Come vuoi.» Lilo si era immaginata che si trattasse di una cosa del genere.

«Non sembri molto contenta per essere una donna appena evasa da una prigione a prova di fuga,» disse Mari. Il suo sorriso era aumentato gradatamente; adesso era largo e amichevole. A Lilo venne di ricambiarlo.

«Immagino di non aver avuto il tempo di reagire. E tanto che vivo da condannata a morte.»

Mari le si fece piu vicina. «Vuoi cop?»

«No, grazie. Credo di voler ricominciare con un uomo, dopo tanto tempo.»

«Certo.» Il medico rivolse la sua attenzione al paesaggio piatto e butterato e alle ombre oblique fuori dal finestrino.

Lilo cerco di rendersi pienamente conto del fatto che adesso aveva la possibilita di sopravvivere. La situazione non aveva ancora un significato preciso. Continuava a pensare all’altra donna, al clone, che sarebbe morta al posto suo. Comincio a piangere, arrendendosi alle confuse emozioni che dovevano avere uno sbocco. Solo quando Mari decise che Lilo aveva sopportato abbastanza e le tocco una spalla, si rese conto di quanto avesse bisogno di una faccia amica, del contatto con un altro essere umano. Si calmo quasi immediatamente. Mari fece per ritirare il braccio, ma Lilo la fermo con un tocco.

«Fra quanto arriveremo?»

Mari diede un’occhiata al cronometro che aveva sull’unghia del pollice. «Fra circa due ore. Vuoi cop, adesso? E probabile che sia la cosa migliore. So qualcosa di quello che stai passando.»

«Ah, perche no?» Cosi lo fecero. Mari aveva avuto ragione; servi ad allentare la tensione. Mari era abile e gentile, una brava partner, tranne che per la tendenza a parlare. Baciava qualcosa — il naso, l’ombelico, il ginocchio, le labia — e poi voleva sapere chi era stato a prendere l’iniziativa. Di solito la risposta era «e andata cosi».

Mari segno la maggior parte dei punti. Lilo era troppo distratta per stare molto attenta a quello che facevano la sua bocca e le sue dita. Sapeva di essere stata una cattiva partner, ma Mari disse che non importava, e sembrava sincera. Era un bel gesto, ma non tanto da meritare il secondo attacco di lacrime che provoco in Lilo. Quando si arresto, capi che il medico l’aveva tirata fuori dall’abisso emotivo nel quale era vissuta durante l’ultimo anno come non sarebbe riuscito a farlo la consapevolezza intellettuale di una sospensione della sentenza.

Sarebbe rimasta viva!

Il veicolo si fermo a Herschel, uno dei piccoli formicai al limitare degli Altipiani Centrali. Mari entro in una camera stagna e parcheggio, poi andarono direttamente in citta a prendere la metropolitana locale per Panavision. Lilo teneva gli occhi aperti, pronta a scappare se se ne fosse presentata l’occasione, ma vennero subito raggiunte da un uomo e da una donna. Ridevano e scherzavano con Mari, ma era chiaro che stavano in guardia. L’occasione ci sarebbe stata, ne era sicura. Era meglio aspettare finche non avesse conosciuto un po’ meglio la situazione.

Infilo la mano nella macchina della dogana e senti la sonda graffiarle la pelle secca del palmo. L’apparecchiatura emise qualche gorgoglio e si convinse che lei era qualcun altro. Peccato che non potesse tenere la nuova mano, riflette. Avrebbe avuto un valore incalcolabile. Ma il rigetto dei tessuti lo impediva. In meno di una settimana sarebbe morta.

Panavision era una citta di artisti, piena di attori e di registi. L’aspetto di molti era stato modificato in funzione di un ruolo; era un posto bizzarro. Si misero in fila ad aspettare il treno gravitazionale per Archimede. Salirono tutti e quattro, la vettura fu chiusa ermeticamente, e il peso di Lilo comincio a diminuire mentre il treno scendeva per circa quattrocento chilometri lungo la galleria inclinata. A un certo punto, sotto gli Appennini, il treno comincio a risalire, rallentando via via fino ad avanzare a passo d’uomo allorche la vettura entro nell’ascensore che li riporto ai livelli abitati. Quando Lilo comincio a stare comoda a sedere, il viaggio termino.

Il Gran Concorso di Archimede era terrificante. Aveva dimenticato che ci fossero tante persone e tanto rumore. Non vi fu tempo per preoccuparsene; venne spinta attraverso la folla fino a una metropolitana privata. Appena ebbe riacquistato il controllo di se, vide che nella capsula a otto posti era di nuovo sola con Mari.

«E adesso dove andiamo?»

«Non sono autorizzata a dirlo,» rispose Mari alzando le spalle.

Lilo non ci mise molto a capirlo. La maggior parte dei Lunari ha qualche nozione di selenografia. Spesso non escono in superficie piu di una volta o due in diversi anni, probabilmente per un viaggio come quello che Lilo e Mari stavano facendo in quel momento: chiuse in una capsula, su una rotaia a induzione mentre il paesaggio sfrecciava

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