Adesso li aspettava un lungo viaggio. Era impossibile fare in fretta. Sebbene potessero procedere a cinquanta chilometri all’ora, dovevano fermarsi tutti i giorni a mangiare. Avrebbero impiegato quasi un anno per arrivare da Lilo.

«Be’, tutti i viaggi iniziano con il primo passo,» disse Solstizio. «Andiamo.»

4

Non vado quasi mai a visitare una disneyland. Secondo me il desiderio di lavorare la terra a mani nude e di mangiare cibi cresciuti dal suolo e innocuo, ma sciocco. Ci fa desiderare qualcosa che non potremo mai avere, qualcosa che e sempre sospesa nel cielo lunare. Porta a fantasie lunatiche, come quella che da tanto tempo ossessionava Tweed: la riconquista della Terra, la liberazione del tuo pianeta di origine dagli Invasori.

Sono cresciuta circondata dal metallo e non mi e mai sembrato che per questo mi mancasse qualcosa. Le storie sulle glorie della Vecchia Terra mi lasciano indifferente. Per raggiungere le nostre frontiere non dobbiamo cercare di ricatturare il passato, ma guardare in noi stessi. Ho tentato di farlo, e sono finita in prigione.

Tweed doveva aver regolato il termostato del suo paradiso privato sui venti gradi. Stavo soffocando. Porse le piante avevano bisogno dell’estate, ma io senz’altro no. E alcuni piccoli insetti odiosi si erano fatti strada fra i peli delle mie gambe. Natura. Mi tolsi l’ingombrante tunica e cercai di rinfrescarmi mentre Tweed meditava sul mio destino.

Lilo vide Tweed fare un cenno all’uomo al limitare del boschetto. Divenne tesa. Di che si trattava? Poteva decidere che non valeva la pena occuparsi di lei — ancora non sapeva che intenzioni avesse nei suoi confronti — e le cose potevano cominciare a succedere in fretta. Osservo attentamente Vaffa. Se le fossero saltati addosso, avrebbe venduta cara la pelle.

Ma Tweed attraversava velocemente il folto prato. Quando fu scomparso, Vaffa si rilasso un po’. Si sedette nell’erba e si mise a carezzare il serpente. Questa Vaffa era due metri e mezzo, non aveva seno e aveva pochissimo grasso addosso, ed era completamente bianca, come un osso. Un teschio: magra, parca di movimenti, possente e letale.

Qualcuno venne verso di loro correndo. Lilo si chiese come mai qualcuno corresse con quel caldo. Si trattava forse di una persona in difficolta? Ma era solo allegria. Lilo vide prima il tatuaggio, poi la faccia.

«Salve, Mari.»

«Salve,» ansimava. «Non e meraviglioso? Essere qui, voglio dire.»

«Uh, huh.» Lilo colpi con uno schiaffo qualcosa che ronzava e ritrasse la mano rossa. Sanguisughe!

«Salve, Vaffa.» La donna saluto Mari con un cenno della testa. La dottoressa era madida di sudore e sembrava che le piacesse. Rimase ferma per un attimo, riacquistando fiato. «Devi venire con me,» disse.

«A fare che?»

«Devo registrarti. Ordine del Capo. Vieni, ci vuole un minuto.»

Lilo sapeva che ci sarebbe voluto un po’ di piu, ma la segui per un sentiero che si snodava fra gli alberi. Voltandosi, vide che Vaffa le stava seguendo: prestava pero piu attenzione al serpente che non a Lilo. Non era molto lusingante. Sarebbe stato piacevole considerarsi pericolosa, ma Vaffa non sembrava particolarmente impressionata. Be’, probabilmente era la cosa migliore. Forse un giorno avrebbe avuto una sorpresa.

Aveva pensato che sarebbe stata portata nella parte piu normale della residenza di Tweed. Invece andarono in una radura in mezzo a un folto bosco. Vicino c’era una cascata. Mari aveva portato con se la borsa; la poso per terra e fece un cenno a Lilo. Steso sull’erba c’era un sottile lenzuolo di plastica.

«Qui?» chiese Lilo. «Non hai bisogno di…» Mari stava gia aprendo quello che sembrava un tronco d’albero. Dentro era metallico.

«Perche no? Non ti preoccupare, ti piacera.»

Lilo doveva ammettere che l’ambiente era piu riposante di quello di una normale sala operatoria. Forse l’avrebbe aiutata a superare il nervosismo.

La paura di Lilo nei confronti della registrazione della memoria era comune. Poteva ripetersi quante volte voleva che quello che temeva era semplicemente impossibile; non poteva risvegliarsi dopo il processo di registrazione e sentirsi dire che era morta e che erano passati diversi anni. A un clone poteva succedere, ma a lei no. La coscienza umana e lineare e la sua mente era attaccata al suo corpo, per sempre. Una registrazione della memoria faceva si che una seconda personalita, esattamente come la sua, potesse venire immessa in un secondo corpo, anch’esso esattamente uguale al suo. Ma Lilo non avrebbe mai potuto partecipare alla vita che il clone avrebbe condotto, anche se aveva tutti i suoi ricordi fino al momento della registrazione.

Cerco di rilassarsi mentre Mari la collegava. Si senti intorpidire mentre Mari girava i comandi della sua scatola nera. Da quel momento in poi le fu impossibile vedere quello che faceva il medico, pero conosceva abbastanza bene il procedimento. Le scoperchiarono la testa. Quando le mani di Mari entrarono nel suo campo visivo si accorse che erano coperte di sangue.

Nel cervello di Lilo c’erano piccoli canali metallici, installati allorche aveva tre anni. Le consentivano di essere collegata a un computer e servivano anche da condotti per il mezzo di registrazione: catene mononucleari di acido ferro-foto-nucleico. Mari avvolse un nastro di registrazione intorno alla fronte di Lilo. Appena esso entrava in funzione, il registratore avrebbe ridotto Lilo all’incoscienza per tre minuti.

In pratica era piuttosto semplice, in teoria impossibilmente complesso. Spesso Lilo si chiedeva se la razza umana sarebbe mai riuscita a mettere a punto quel metodo senza le informazioni ottenute attraverso la Linea Calda Ophiucus.

La memoria e un procedimento olografico: non viene immagazzinata in un solo punto, ma in tutto il cervello. Non puo essere registrata o decifrata mediante un processo lineare, come un nastro magnetico che scorra in un registratore. Doveva essere afferrata tutta insieme, nella sua interezza, come con un’istantanea o un ologramma. Il FPNA lo rendeva possibile. Ogni linea — contenente miliardi di bit — interferiva con tutte le altre mentre il processo era in corso. A differenza di un ologramma visivo, nel quale ogni segmento della lastra fotografica presenta tutte le informazioni su tutta l’immagine, una linea isolata di FPNA era inutile. L’immagine aveva un significato solo se tutte le linee del fascio — quarantasei — si combinavano fra loro. La banda di registrazione faceva si che in tutto il cervello venissero a crearsi campi magnetici che producevano un codice di permutazioni quasi infinite.

Lilo non si era mai preoccupata di sapere se il procedimento fosse effettivamente in grado di ritenere tutto. I concetti di anima, di karass, di karma o di atman non le dicevano molto. Conosceva persone che erano morte ed erano state riportate in vita grazie alla registrazione della memoria e alla clonazione, e non si notava nessuna differenza.

Mari aziono l’interruttore e l’ultima cosa che Lilo ricordo fu la sua faccia sorridente.

Quando si sveglio la faccia era sempre li, sempre sorridente. Lilo rispose al sorriso, contenta che fosse finito. Accenno ad alzarsi.

«Ferma, non cosi veloce,» disse Mari, allegra. «Prima devo staccarti e richiuderti.»

C’era qualcosa di diverso. Guardo di nuovo e si rese conto che si trattava dello sfondo. Qualcosa dietro la faccia di Mari era cambiato.

Erano le foglie degli alberi. Prima erano verdi, adesso c’era un miscuglio di rossi, gialli e viola.

«Oh, Dio, no. No, questo… questo non mi piace. Non voglio!»

Mari le tocco delicatamente la fronte. «Non voglio essere costretta a spegnerti.»

Lilo si lascio andare. A poco a poco si rese conto che al limite del suo campo visivo c’era un cerchio di facce, fra Mari e la volta degli alberi, che la fissavano. C’era Tweed, Vaffa, e… l’altro Vaffa. Uomo e donna, che la guardavano.

Mari termino il proprio lavoro. «Lascia che ti aiuti,» disse. «Ne avrai bisogno.» Lilo si lascio mettere a sedere e poi alzare in piedi. Rimase rigida, provando per un attimo le vertigini, ma riacquistando rapidamente il senso dell’equilibrio. Si abbandono alle sensazioni, senza avere il coraggio di pensare: l’erba sotto i piedi, i capelli che le

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