accarezzavano la faccia, la pelle fresca e il calore della schiena di Mari contro il braccio, il gioco dei muscoli nelle gambe e nei piedi. Mari le circondo la vita con un braccio e la fece camminare in cerchio, come un’ubriaca.

«Riacquisterai l’uso normale delle gambe in pochissimo tempo,» disse dolcemente. «Ti ho fatto fare esercizi durante tutto il processo di crescita, mentre eri nella vasca. Sei forte, solo che ancora non ci sei abituata. Pensi di riuscire a reggerti in piedi da sola?»

Lilo annui, non avendo abbastanza fiducia in se per parlare. Mari la lascio andate e lei si trovo davanti a Tweed che aveva alcuni fogli in mano.

«Cosi sono morta,» disse. Lui guardo i fogli e spunto qualcosa.

«Non avete niente da dirmi?»

Tweed non parlo, si limito a guardare nuovamente i fogli e a farvi un altro segno. Il Vaffa uomo osservava le cime degli alberi e sorrideva. Era la prima volta che lo vedeva sorridere. La femmina si teneva la mano davanti alla bocca e Lilo capi che cercava di trattenersi dal ridere. Era lei che li divertiva? Che razza di gente era?

«Che diavolo sta succedendo? Me lo potreste dire, per favore?»

Tweed strappo un foglio e lo passo a Lilo. Lei lo guardo, guardo Tweed, poi dovette guardare di nuovo quello che temeva di aver visto.

«Cosi sono morta.»

«Non avete niente da dirmi?»

«Che diavolo sta succedendo? Me lo potreste dire, per favore?»

Le parole erano stampate e accanto a ogni frase c’era un grosso segno. Le vennero di nuovo le vertigini. Ci fu un’apparizione: al limite della radura, una grande alce, con corna di cristallo che riflettevano il sole in una luce azzurra. Un’allucinazione? Guardo da un’altra parte. Voleva andarsene da quel luogo folle.

«E meglio che ti sieda e ti riposi,» disse Mari, circondandola di nuovo con un braccio, mentre a Lilo tremavano le ginocchia. «Forse ti farebbe bene piangere.»

«No! Piangero piu tardi. Adesso voglio sapere cosa sta succedendo.»

«E lo saprai,» annui Tweed. Fece un cenno e il Vaffa maschio gli apri una sedia. Ci si sedette. «Mari, ti avevo detto di non intrometterti.»

«Mi dispiace, Capo,» rispose Mari, impotente. «E solo che non riesco… quando qualcuno e in difficolta, io…»

«Non ti preoccupare. Non avrei dovuto farti venire qui. Comunque non ha importanza. Lilo, come hai gia visto, non sei quella che pensavi di essere. Sei un clone. Forse sai cosa e successo alla Lilo originale. Ho motivo di credere che stesse tramando gia prima che la facessi registrare. In ogni caso e entrata in societa con me con… intenzioni che non erano esattamente le migliori. Sai di cosa sto parlando?»

«Sta dicendo che ho cercato di fuggire. E che non ce l’ho fatta.» Guardo i due Vaffa. Le loro espressioni erano impenetrabili.

«Esattamente. Ci pensavi fin dal momento in cui hai capito che non saresti stata giustiziata.»

«Immagino che non abbia senso non ammetterlo, no?»

«No, non ne ha.»

Ho paura, penso, ma non lo disse. Poteva darsi che l’avesse scritto da qualche parte. Senti qualcosa che le si accumulava dentro, qualcosa che doveva trovare uno sbocco. Ne fu contenta, anche se avrebbe significato la morte per lei. Gli avrebbe strappato la pelle dalla faccia, gli avrebbe scoperto le ossa e gliele avrebbe spezzate con i denti. Lo avrebbe ucciso. Guardo per terra, mentre dentro le cresceva la sete di sangue. Stava per scattare…

I suoi occhi si posarono su due piedi nudi. Risalirono lungo un paio di gambe, dei genitali senza peli e un petto piatto, fino a una testa calva. Le ginocchia erano piegate, le braccia leggermente allontanate dai fianchi. Le labbra erano aperte sui denti macchiati secondo la moda. Voleva che Lilo attaccasse. Vaffa si era spostata fra Lilo e Tweed addirittura prima che a Lilo fosse venuto in mente di aggredirlo. La rabbia si ridusse a un nodo secco allo stomaco. Vaffa si rilasso.

«Sapeva dove mettersi,» stava dicendo Tweed. «Lo capisci?»

«Si, lo capisco.»

«Le tue azioni sono prevedibili, Lilo.»

«Capisco anche questo.»

«Ti piacerebbe sapere cosa ti e successo? Ti mancano quattro mesi.»

«Immagino che sia meglio che sappia.»

Ero stata sciocca. Adesso capivo quanto fosse stato ridicolmente facile fuggire.

Mi avevano portato a fare un corso di sopravvivenza nella disneyland delle Amazzoni, trecento chilometri quadrati di giungla tropicale a clima controllato, venti chilometri al di sotto di Aristillus. Ero nell’entroterra, la zona che la gente non vede mai, dove piove tutto il giorno e gli abiti ti marciscono addosso nell’umidita soffocante.

Stavamo tornando a casa attraverso i corridoi pubblici. C’era una guardia sola; Vaffa era stata richiamata all’ultimo momento. Avevo rubato il pezzo di pelle di cui avevo bisogno dal laboratorio di Mari. Aspettavo che si presentasse un’occasione.

La guardia si volto da un’altra parte.

Scattai fra la folla. In due secondi sparii alla vista. In trenta ero gia due livelli piu in basso e mille metri a est su un marciapiede che attraversava la citta e che tornava indietro. Superai la dogana grazie al pezzo di pelle che avevo sulla palma, e presi un treno per Clavius.

Il treno si fermo a un segnale. Trenta minuti dopo la porta si apri con un sospiro a una stazione che conoscevo bene. Mi domandai cosa mi avrebbero fatto.

C’era Vaffa, la donna, la faccia che mi era ormai cosi familiare. Guardai la cosa di metallo scuro che aveva in mano, poi i denti che aveva messo in mostra. Ancora non capivo.

Lilo ebbe un altro, inutile conato di vomito. Era passato molto tempo da quando aveva svuotato lo stomaco, ma continuava a sentirsi male. Era inginocchiata sull’erba, sopra il miscuglio di bile e di fluido della vasca che aveva rigettato. Mari la sorreggeva, mentre Tweed riponeva le foto.

«I Vaffa sono piuttosto diretti nelle loro azioni,» esclamo Tweed. «Come ti avevo detto tanto tempo fa, sono utili.» Li guardo tutti e due. Lilo noto lo sguardo e per un attimo si domando se non ne avesse paura anche lui. «Sei in grado di continuare?»

Lilo si sedette sui talloni. C’era Vaffa, la donna che aveva sparato a qualcuno che le assomigliava esattamente e che poi aveva sorretto il cadavere insanguinato con la faccia e il corpo informi, in modo che potesse essere fotografato. Il suo viso si muoveva solo quando sbatteva gli occhi.

«C’e altro?»

«Temo di si. Non ti arrendi facilmente. Se tu lo facessi non saresti il tipo di persona che sto cercando.»

«E altre fotografie?»

«Si. Devi vederle»

«Facciamola finita.»

Ero stata sciocca.

Adesso lo capivo, e chiedevo perdono delle mie due precedenti incarnazioni. Col mio insuccesso avevo reso inutili le loro morti. Molto difficilmente avrei avuto un’altra occasione.

E il costo: Mari, Mari…

Forse Tweed non mi avrebbe riportato di nuovo in vita. O, se l’avesse fatto, non mi avrebbe detto di Mari e della mia vergogna. Vaffa comparve sulla porta della mia stanza. Lo salutai.

Tweed aveva acceso un altro sigaro. Esalo una nuvola di fumo, e Lilo vide la Vaffa femmina allontanarsi di un passo da lui. Le venne un tic al naso.

«La prima volta sei scattata,» disse. «Hai visto l’occasione che volevo tu vedessi e l’hai colta.» L’alce, che era risultata non essere un’allucinazione, era entrata nella radura e stava brucando l’erba dietro Tweed. Mentre

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