Immagino che tu lo hai visto.»
«Si, ho visto il focolare.»
«Quell’altro. Anche lui mangia carne?»
«Non mangia niente.»
«Incredibile,» disse Carnivoro. «Come fa a conservare le forze?»
«Ha quella che si chiama una batteria. Gli fornisce un nutrimento di tipo diverso.»
«Pensi che Nicodemus non riesca subito a riparare il tunnel? Prima, mi e sembrato che dicevi proprio cosi.»
«Penso che forse ci vorra un po’ di tempo,» disse Horton. «Lui non ha idea di cosa si tratti e nessuno di noi puo aiutarlo.»
Ripercorsero il sentiero tortuoso.
«Cos’e quest’odore?» chiese Horton. «Sembra qualcosa di morto, o peggio.»
«E lo stagno,» disse Carnivoro. «Devi avere notato lo stagno.»
«L’ho visto quando siamo venuti qui.»
«Puzza abominevolmente,» disse Carnivoro. «Shakespeare lo chiama Stagno Fetido.»
12.
Horton si accoscio davanti al fuoco, per sorvegliare il pezzo di carne che arrostiva sui carboni. Carnivoro sedeva di fronte a lui, e dilaniava con i denti il pezzo crudo che stringeva fra i tentacoli. Il sangue gli macchiava il muso, gli scorreva dalle mascelle.
«Non ti dispiace?» chiese. «Il mio stomaco invoca prepotentemente di essere riempito.»
«Fai pure,» disse Horton. «La mia parte sara pronta fra un minuto.»
Il sole del tardo pomeriggio gli scaldava la schiena. Il calore del fuoco gli investiva il volto. Si accorse di provare una sorta di esultanza. Il fuoco era di fronte all’edificio niveo, e il teschio di Shakespeare pareva guardarli sogghignando. Nel silenzio si udiva il ciangottio del ruscello che scendeva dalla sorgente.
«Quando abbiamo finito,» disse Carnivoro, «ti mostro la roba dello Shakespeare. Ho messo tutto in ordine nei sacchi. Ti interessa?»
«Si, certo,» disse Horton.
«Sotto molti aspetti,» disse Carnivoro, «lo Shakespeare era un umano esasperante, sebbene io gli voglio bene. In verita non ho mai saputo se gli ero simpatico o no, ma credo di si. Andavamo d’accordo. Lavoriamo molto bene insieme. Parliamo molto. Ci diciamo tante cose. Ma non riesco mai a cancellare l’impressione che mi prendeva in giro, anche se non capisco perche lo faceva. Mi trovi buffo, Horton?»
«No, affatto,» rispose Horton. «Devi averlo immaginato.»
«Vuoi dirmi cosa significa
«Non ha un vero significato. Normalmente, voglio dire. Lo si usa per enfasi, senza una vera intenzione. E solo un modo di dire. Molti non lo usano, d’abitudine. Solo certuni lo fanno. Altri l’usano di rado, e solo in caso di provocazione emotiva.»
«Allora non significa niente. Solo un modo di dire.»
«Infatti,» disse Horton.
«Quando io parlo di magia, lui la chiama maledetta sciocchezza. Allora non vuol dire sciocchezza particolare.»
«No, voleva dire sciocchezza e basta.»
«Tu pensi che la magia sia una sciocchezza?»
«Non saprei dirtelo. Il fatto e che non ci ho mai pensato molto. Forse, la magia usata con leggerezza potrebbe essere una sciocchezza. Forse la magia e qualcosa che nessuno capisce. Tu hai fede nella magia? La pratichi?»
«La mia gente ha grande magia, nel corso degli anni. Qualche volta funziona, qualche volta no. Io dico allo Shakespeare, mettiamo insieme la nostra magia, forse servira ad aprire il tunnel, e allora Shakespeare dice che la magia e una maledetta sciocchezza. Diceva che lui non ne aveva. Diceva che la magia non esiste.»
«Sospetto,» disse Horton, «che parlasse cosi per pregiudizio. Non si puo condannare qualcosa di cui non si sa niente.»
«Si,» disse Carnivoro. «Lo Shakespeare farebbe una cosa simile. Pero credo che mi mentiva. Credo che usava una sua magia. Aveva una cosa che chiamava
«Noi lo chiamiamo
«Lui teneva il libro, e il libro gli parlava. Poi lui parlava al libro. Gli fa su piccoli segni con un bastoncino speciale. Io gli domando cosa fa e lui grugnisce. Mi grugniva sempre dietro. Voleva dire di lasciarlo in pace, di non seccarlo.»
«L’hai tu il suo libro?»
«Te lo mostro dopo.»
La bistecca era cotta, e Horton si mise a mangiarla.
«E buona,» disse. «Che animale era?»
«Non troppo grosso,» disse Carnivoro. «Non difficile da uccidere. Non cerca di lottare. Scappa e basta. Ma gustoso. Molti animali da carne, ma questo e il piu saporito di tutti.»
Nicodemus sali pesantemente dal sentiero, stringendo la cassetta degli utensili. Sedette accanto a Horton.
«Prima che me lo domandiate,» disse, «non l’ho riparato.»
«Ma fatto progressi?» chiese Carnivoro.
«Non lo so,» disse Nicodemus. «Credo di sapere come potrei staccare il campo di forza, anche se non ne sono sicuro. Vale la pena di tentare. Ho cercato soprattutto di capire cosa c’e dietro il campo di forza. Ho fatto una quantita di disegni, ho provato alcuni diagrammi per cercare di capire di cosa si tratta. Ho qualche idea, ma non servira a niente se non riesco a eliminare lo schermo di forza. E naturalmente, posso avere sbagliato tutto.»
«Non scoraggiato, pero?»
«No, continuero a tentare.»
«Cosi va bene,» disse Carnivoro.
Trangugio l’ultimo boccone del suo pezzo di carne sanguinolento.
«Vado giu alla fonte,» disse, «e mi lavo la faccia. Mi sporco tutto quando mangio. Vuoi che ti aspetti?»
«No,» disse Horton. «Io andro giu dopo. Ho mangiato solo meta bistecca.»
«Vi prego di scusarmi,» disse Carnivoro, alzandosi. Gli altri due lo seguirono con lo sguardo, mentre scendeva il sentiero a grandi passi.
«Com’e andata?» chiese Nicodemus.
Horton si strinse nelle spalle. «C’e un villaggio abbandonato, poco piu ad est di qui. Costruzioni di pietra, soffocate dagli arbusti. A giudicare dall’aspetto, nessuno e stato li da secoli. Non c’e niente che indichi perche fossero qui, o perche se ne andarono. Carnivoro dice che secondo Shakespeare poteva essere una colonia penale. Se e cosi, era un bellissimo sistema. Con il tunnel inattivo, non c’era bisogno di preoccuparsi di eventuali evasioni.»
«Carnivoro sa di che specie si trattava?»
«Non lo sa. E credo che non gli interessi. Non ha una vera curiosita. A lui interessa solo il presente. E poi, ne ha paura. Sembra che il passato lo terrorizzi. Io credo che fossero umanoidi… non necessariamente del tipo che possiamo immaginare. Sono entrato in uno degli edifici e ho trovato una sorta di bottiglia. In un primo momento ho pensato che fosse un vaso, ma credo sia una bottiglia.»
Allungo una mano e porse la bottiglia a Nicodemus. Il robot la rigiro tra le mani.
«Molto rozza,» disse. «Le figure possono essere solo molto approssimative. E difficile dire cosa rappresentino. Certi segni sembrano scritte.»