La sua espressione si induri e divenne indecifrabile mentre le si inumidivano gli occhi. Per un po’, mi diede dei colpetti affettuosi sulla mano in silenzio; infine, parlo con appassionata convinzione.
«So che un tale spettacolo deve aver lacerato il vostro cuore, cosi come il mio, ma non dovete mai dimenticare questo, signore: vostro padre dorme, ora, tra i morti benedetti, e nessuno, nulla, puo disturbare il suo sonno. Lui e con Dio».
Avrei voluto obiettare all’ultima affermazione, ma la frase precedente mi aveva dato un po’ di conforto, cosi come la sua sincera e materna preoccupazione. Lei apri le labbra come per parlare, poi esito, come se ci fosse qualcos’altro che desiderava dire ma che non riusciva a convincersi a farlo.
«Che cosa c’e?», chiesi, sommessamente.
Lei mi guardo con un sussulto e nei suoi occhi vidi il dispiacere, mescolato a un’indubbia paura.
«Niente», rispose, abbassando le palpebre per nascondere la paura, «niente. Ora signore, lasciatemi andare subito a prendervi lo slivovitz, prima che venga il Principe».
Si alzo quindi faticosamente con un lamento, e poi si precipito fuori.
Mi asciugai gli occhi con un fazzoletto e lottai per ricomporrai e organizzare i miei pensieri mentre fissavo il fuoco. Non so esattamente perche ero corso dallo zio per chiedere il suo aiuto. Sebbene tecnicamente noi Tsepesh abbiamo ancora dei privilegi reali e possediamo dei diritti legali sui contadini, il confine di questi diritti non e piu chiaro nei tempi moderni. Mentre il
Per amore di mio padre, non potevo lasciare quell’atto impunito, nemmeno se avessi dovuto rintracciare da solo il criminale. Mi sembrava che il cadavere di mio padre fosse divenuto il simbolo di come i contadini avessero ingiuriato il nome della nostra famiglia negli ultimi quattro secoli, e giurai con ardore che avrei messo fine per sempre ai loro insulti, e che li avrei obbligati a rispettare il nome dei Tsepesh.
Masika Ivanovna ritorno presto con lo slivovitz, che aveva versato in una fine coppa di cristallo lavorato. Me la porse con una piccola riverenza e, dopo aver rapidamente mormorato, «Dio vi dia conforto, signore»; si volto per andarsene.
Le toccai la mano.
«Per favore, resta un momento», la pregai.
La sua sola presenza mi confortava, e volevo porle delle domande sugli ultimi giorni di papa in casa e sulle parole che non aveva detto.
Si irrigidi, presa dal panico, con gli occhi che si dirigevano involontariamente verso la porta opposta e quella da cui eravamo entrati. Gentilmente, ma con fermezza, si libero dalla mia presa.
«Oh, signore! Non posso. Il sole e quasi tramontato, ed io devo affrettarmi ad andare a casa!», mormoro.
Lasciai cadere la sua mano. Se non avessi visto il suo sguardo ansioso diretto verso la porta, avrei sospettato che dovesse andare a casa attraversando la foresta e che del tutto razionalmente temesse i lupi ma, al rumore di passi che si avvicinavano alla porta, si fece il segno della croce, sollevo la gonna, e corse attraverso la porta aperta che conduceva al corridoio. La chiuse quindi dietro di se sbattendola con poche cerimonie.
Il forte rumore rinfocolo la mia angoscia e il mio furore. Poiche lo zio era dedito a strane abitudini e, a causa di un equivoco sul nome di famiglia, i contadini lo temevano come un mostro e avevano intessuto molte storie su di lui, materializzando le loro ridicole superstizioni. Quelle stesse superstizioni li avevano spinti a commettere quell’orrendo delitto contro il mio povero padre morto e, per un istante, la mia naturale simpatia per Masika Ivanovna fu sostituita dall’odio. A dispetto della sua gentilezza, temeva lo zio, e probabilmente credeva che cio che era accaduto nella tomba di famiglia fosse necessario affinche l’anima di Petru riposasse in pace.
La porta si apri con un cigolio e lo zio avanzo, diritto e alto, con tranquilla grazia, ma con un’aria di debolezza e lo stesso inquietante pallore delle due sere precedenti. Al vedere la mia espressione agitata, le sue sopracciglia cespugliose si sollevarono per lo stupore (oltre quegli occhi che tanto somigliavano a quelli di mio padre, parlo con la voce melodiosa di papa, rendendo il resoconto della notizia che dovevo dargli ancora piu difficile).
«Arkady! Caro nipote! Non mi aspettavo di vederti tanto presto. Ma che succede? Sei triste…».
Rapidamente, sollevai la coppa alle labbra e ingoiai un grosso sorso di slivovitz, che mi punse le narici, la lingua e la gola come fosse fuoco, ma che non era del tutto sgradevole. Reprimendo la voglia di tossire, dissi (con una praticita che mi sorprese):
«La tomba di papa e stata violata. Hanno mutilato il cadavere con…».
Alzo una mano, incapace di udire altro e si volto verso il fuoco, poi si chino e si premette il petto dov’era il cuore. Io mi raddrizzai nella sedia e mi mossi per posare la coppa e alzarmi, pensando, dapprima, che avesse avuto una sorta di attacco e sentendo una fitta di colpa per aver dato la notizia a quel fragile vecchio in maniera cosi brusca. Ma era soltanto dolore. Rimase immobile e non emise alcun suono per almeno due interi minuti. Ricaddi indietro sulla sedia e bevvi un altro grosso sorso di slivovitz.
Alla fine parlo, con una voce talmente bassa che era quasi un bisbiglio, una voce che non riconoscevo piu tanto era fredda e dura, come il marmo di una tomba.
«Che siano dannati!», disse lentamente, fissando sempre il fuoco. «Che siano
«Lo so», risposi. «Mi dispiace di portare tali notizie, poiche so che ti causano dolore, ma pensavo che forse avresti potuto essere in grado di aiutarmi a scoprire chi…».
Ancora una volta, si volto verso di me e alzo la mano.
«Non dire altro! Faro in modo che chi ha commesso questa orrenda azione sia portato davanti alla giustizia. Non devi preoccupartene un minuto di piu».
«Non posso fare a meno di farlo», dissi, «poiche non riesco a capire come qualcuno possa aver commesso un atto tanto orribile. Supera semplicemente la mia capacita di comprensione».
Alzai quindi la coppa di cristallo alle labbra e la vuotai.
Le labbra di Vlad si contrassero, come per disgusto represso o per divertimento. Si mosse verso una sedia dallo schienale alto vecchia di secoli, imbottita di broccato dorato, e sedette con regalita, afferrando i braccioli imbottiti con mani forti, e assumendo veramente l’aria di un principe che sale sul trono.
«Che cosa c’e da capire? L’ignoranza dei contadini li porta alla follia».
«Credo di essere scioccato. Ho sempre creduto nella bonta di fondo delle persone».
Le sue labbra si assottigliarono; il suo tono conteneva una sottile ironia che trovai inquietante.
«Allora devi imparare molto sull’umanita, Arkady… e su te stesso». Cio mi offese leggermente e l’offesa aumento quando lui continuo: «Rivolgersi ai domestici con il loro patronimico! Questo non sta bene! Sangue reale scorre nelle tue vene; tu sei uno Tsepesh, il pronipote di un Principe!».
Arrossii, comprendendo che lui era, in qualche modo, riuscito a origliare la mia conversazione con Masika Ivanovna; mi chiesi se avesse anche ascoltato quanto avevamo detto di papa.
Dovette percepire il mio sconforto, poiche il suo tono cambio improvvisamente e divenne allegro.
«Andiamo, su! E tutto sistemato; lascia a me la soluzione di questa questione, e parliamo di cose piu allegre. Non c’e null’altro in cui posso esserti utile? La tua cara moglie si sta riposando bene dopo gli eventi faticosi degli ultimi giorni?».
Lo slivovitz mi sali improvvisamente alla testa. Ebbi una leggera sensazione di vertigine e una vampata di calore mi corse lungo la spina dorsale per rimanere, con un senso di prurito, nei piedi. Mi rilassai un po’ e compresi che Vlad stava semplicemente cambiando argomento con rapidita, per aiutarmi a superare lo shock, per farmi pensare a qualcosa di diverso da mio padre.
«Si», risposi piu calmo, sebbene, in verita, fossi un po’ preoccupato per Mary, dato che il viaggio estenuante e lo shock della morte di papa l’avevano lasciata esausta, e quel mattino avevo avuto l’impressione che fosse