adulti a cantare il ritornello».

Poi canto ancora e, cosi facendo, un’unica lacrima le scivolo lungo la guancia; quando ebbe finito, il suo sorriso incerto si allargo. Con la stessa generosita emotiva che mi faceva amare suo fratello, si volto verso di me ed esclamo:

«Sono cosi felice che tu sia venuta! Sono stata cosi triste per il fatto che la nostra famiglia fosse separata, ma ora avremo di nuovo dei bambini che ridono in queste stanze!».

Toccata, le afferrai la mano magra e la strinsi. Prima che potessi rispondere, Arkady si volto nella sua sedia e Zsuzsanna lancio uno sguardo veloce all’entrata. Seppi, immediatamente, che il Principe era arrivato, e seguii il loro sguardo, ansiosa di vedere, finalmente, il benefattore che aveva riversato cosi tanta gentilezza su di me e sulla sua famiglia.

Al vederlo, riuscii a malapena a trattenere un sussulto di spavento. Il suo aspetto era alquanto diabolico. Rimase sull’entrata, con la sua figura alta, imponente, che sembrava principesca in ogni millimetro. Sembrava, pero, emaciato, mezzo denutrito, e cosi orrendamente pallido da sembrare senza sangue. Per contrasto, la pallida e consunta Zsuzsanna appariva come una rosa in fiore. La mia prima impressione fu che soffrisse di anemia o di qualche terribile forma di tisi. La sua carnagione si addiceva quasi perfettamente ai suoi capelli bianchi argentei e, nella luce tremula della candela, la sua pelle assumeva una strana fosforescenza. Immaginai che, se avessimo spento tutte le candele e fossimo rimasti al buio, lui avrebbe potuto continuare a risplendere come una lucciola. Eppure, nonostante il pallore, le sue labbra erano di un rosso intenso e scuro e quando, al vederci, si aprirono in un sorriso, apparvero per un momento dei denti color avorio, troppo lunghi e aguzzi.

Sorprendentemente, ne Arkady ne sua sorella sembrarono turbati dallo strano aspetto del loro zio o dai suoi spaventosi occhi magnetici. Quegli occhi mi studiarono con una tale intensita predatrice da farmi rabbrividire, e nella mia mente sorse un pensiero spontaneo: Ha fame, ha terribilmente fame.

Lui non disse nulla, ma rimase fermo come una statua all’entrata finche, finalmente, Zsuzsanna grido; «Zio! Zio!» con una tale eccitazione e un tale giubilo che uno avrebbe potuto pensare che il padre fosse appena ritornato dal regno dei morti. Fatico per spingere all’indietro la pesante sedia, come se intendesse correre da lui come una bambina. «Per favore, entra!».

All’invito di lei, lui attraverso la soglia per entrare nella stanza. Sia Arkady che Zsuzsanna si alzarono e lo baciarono, un bacio su ogni guancia. Lui si fermo un po’ di piu con Zsuzsanna, circondandole la vita con le braccia e…

Possa Dio perdonarmi per i miei pensieri cattivi se lui e innocente, ma non sono una che si lascia andare all’immaginazione o ai pettegolezzi. So quello che ho visto. Quando lei alzo gli occhi su di lui, i suoi occhi brillavano di adorazione, e lui guardo in basso verso di lei con una chiara, inequivocabile fame. Percepii un momento incerto, in cui lui sembro appena in grado di controllarsi, poi alzo lo sguardo, vide la mia espressione indagatrice, e le sue labbra si curvarono verso l’alto.

Sotto l’osservazione di quegli occhi verde scuro, provai un’improvvisa confusione, come se la capacita della mia mente di vedere la realta vacillasse per un istante, come le candele. Un nuovo pensiero sostitui quello precedente, ma mi parve quello di un’estranea, non il mio: “Sicuramente stai facendo un grosso errore. Guarda: lui l’ama semplicemente come una figlia…”.

Quegli occhi mi attiravano come un vortice. Mi sentivo stranamente attirata, stranamente respinta. Il battito del mio cuore aumento — se per l’eccitazione o per il terrore, devo ancora deciderlo — e il bambino, dentro di me, si mosse. Istintivamente, misi una mano sul mio ventre gonfio e lui, allora, si avvicino a me, mi prese l’altra mano e si chino per baciarla.

Il suo tocco era talmente simile al ghiaccio che lottai per non rabbrividire — ma senza riuscirci — quando sentii le sue labbra aprirsi e la sua lingua scivolare con leggerezza sul dorso della mia mano, come se stesse assaggiando la mia pelle, nel modo in cui potrebbe fare un animale. Poi si raddrizzo, e di nuovo vidi una scintilla di appetito in quegli occhi degni di un incantatore di serpenti.

“Ma ti stai sbagliando…”, mi dissi ancora.

«Cara Mary», comincio, in un inglese fortemente accentuato, con una voce cosi cantilenante, cosi musicale, cosi estremamente affascinante, che io mi sciolsi immediatamente, e provai un’ondata di enorme colpa per aver potuto pensare cose terribili di quel vecchio veramente gentile e generoso. Poi mi guardo il ventre, con lo stesso estremo desiderio…

O era amore estatico?

«Cara Mary, che bello conoscerti!». Teneva ancora la mia mano tra le sue due, enormi e fredde. Non volevo niente altro che liberarla e pulirne il dorso sulla mia gonna, ma rimasi educatamente immobile, mentre il suo sguardo mi osservava intensamente. «Arkady aveva ragione a dire che sei molto bella; occhi come zaffiri, capelli come l’oro. Un gioiello di donna!».

Arrossii e balbettai goffamente dei ringraziamenti. Le sue parole mi colpirono come se fossero apertamente inclini a un flirt, ma Zsuzsanna e Arkady ci guardavano con sorrisi di approvazione, come se il comportamento del loro prozio non fosse quello di un libertino, ma del tutto appropriato. Decisi che, forse, i modelli di comportamento della Transilvania e della Gran Bretagna erano completamente diversi.

Avendo raggiunto il massimo della sua capacita di parlare inglese — apparentemente il suo poetico complimento era stato attentamente preparato — Vlad torno al rumeno e Arkady tradusse:

«Che bello incontrarti, finalmente! Ti ringrazio di cuore per la fresca gioia che hai portato nella nostra famiglia. Come ti senti dopo il lungo viaggio?»

«Piuttosto bene, Signore», risposi, e rimasi in ascolto degli strani suoni sibilanti che Arkady uso per riportare la mia risposta a Vlad. Ho studiato un po’ di francese e un po’ di latino, e riuscivo a indovinare alcune parole. In realta, non mi sentivo del tutto bene, ma all’improvviso venni presa dalle vertigini, e non desideravo altro che sedermi.

«Benissimo!», rimarco Vlad con vigore. «Dobbiamo prenderci cura attentamente di te, e far si che tu stia sempre bene, poiche sei la madre dell’erede dei Tsepesh».

Per il resto della sera, Vlad parlo in rumeno e Arkady tradusse, sebbene, di tanto in tanto, comunicassimo l’un con l’altro direttamente, in un tedesco incerto. Per amore di convenienza, registrero la nostra conversazione come se si fosse svolta interamente in inglese.

Lo ringraziai per le sue gentili lettere, e ci scambiammo i piu cortesi commenti, poi prendemmo posto al tavolo della cena. Il cane, Bruto, che era rimasto accucciato ai piedi di Zsuzsanna, ringhio molto ingenerosamente verso Vlad, poi sguscio via dalla stanza e non riapparve per il resto della serata.

Eppure Vlad dimostro di essere tanto affascinante quanto spaventoso. Tenne un piccolo discorso sul defunto nipote, cosi toccante e veramente sentito, che tutti noi avemmo le lacrime agli occhi. Poi fu servita la cena, durante la quale ogni persona racconto delle storie affettuose su Petru, e furono fatti molti brindisi. Finsi di bere soltanto qualche sorso, poiche bere vino, in generale, non mi piace, e ancor meno da quando sono incinta.

Durante i brindisi, la mia attenzione fu catturata dal fatto che Vlad portava il bicchiere alle labbra ma fingeva soltanto di bere, ne mangiava, sebbene sollevasse la forchetta in parecchie occasioni. Alla fine della serata, sia il suo vino che il suo cibo non erano stati assolutamente toccati. Ancora piu sorprendente fu il fatto che ne i domestici ne la famiglia sembravano averlo notato.

Mi sentii certa che la famiglia la tollerasse semplicemente come un’altra delle eccentricita del Principe ma quando, piu tardi, lo accennai timidamente ad Arkady, lui mi sembro pensasse che stessi scherzando. Ma era naturale che lo zio avesse mangiato la cena: lui l’aveva visto mangiare e bere con i suoi stessi occhi!

Questo mi sembro incredibilmente strano, ma non gli dissi null’altro, per non far si che mi considerasse pazza o in preda all’immaginazione a causa della gravidanza.

E l’inizio della follia se penso di essere l’unica sana di mente?

A un certo punto, durante la cena, Vlad tiro fuori una lettera per Arkady e parve estremamente ansioso che lui gliela traducesse, poiche era scritta in inglese. Sembrava che fosse di un gentiluomo britannico che aveva progettato, prima della morte di Petru, una visita alla proprieta. Pensai che il momento fosse inopportuno, considerando la solenne circostanza, ma Arkady gliela tradusse di buon grado, promettendogli poi di aiutarlo a scrivere la risposta. Vlad si rivolse sorridendo verso di me e disse:

«Tutti e due dovrete aiutarmi ad imparare l’inglese!».

Lusingata, replicai:

«E lei mi dovra aiutare a imparare il rumeno».

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