entrambe le guance, un’usanza a cui non ero piu abituato dopo gli anni trascorsi a Londra. Doveva essere piuttosto vecchio poiche, per quanto potessi tornare indietro con i ricordi, i suoi capelli erano sempre stati di un bianco argenteo, e si muoveva con la cautela dell’eta, ma la sua presa, sebbene fredda, era forte, e contraddiceva la fragile apparenza. Grazie a qualche miracolo, o per difetto della mia memoria, non era invecchiato.

Ci tenemmo le mani e ci guardammo negli occhi per un po’ di tempo. Ebbi la sensazione di guardare profondamente nelle anime di tutti i miei antenati, ora mescolati in un’unica carne.

«Mi spiace disturbarti», disse. «Non mi ero aspettato di trovarti qui».

«Non e un disturbo».

«E come sta la tua cara e giovane moglie?»

«Bene. Sta riposando».

«Cio e bene», disse gravemente. «Dobbiamo fare il possibile per conservare la sua preziosa salute, per amore del bambino in arrivo». Diede un’occhiata in giro nella cappella immobile, vuota. «Ma dove sono le donne? Quelle che avevo pagato per cantare i Bacete

«Sono andate via», dissi. «Le ho mandate via io. La colpa e tutta mia. Spero che non ti arrabbierai, ma desideravo il silenzio».

«E naturale», rispose, con grande comprensione, e agito la mano per chiudere l’argomento. «Ma come sei cambiato dall’ultima volta che ti ho visto; sei diventato un uomo. Piu che mai, ora assomigli a tuo padre». Indietreggio di un passo per studiarmi meglio e tiro un respiro breve, doloroso. «E vero. Hai il suo viso, i suoi capelli…». Cio fu detto con approvazione, poi (di sicuro l’ho immaginato) il suo tono divenne leggermente deluso. «Ma i tuoi occhi hanno qualcosa di tua madre».

Mi fisso negli occhi per un po’, quindi si volto verso la bara. Uno sguardo di dolore gli attraverso la faccia, mentre sospirava:

«Ed ecco qui il nostro Petru…».

«Si», mormorai, e ritornai al banco per lasciarlo al suo momento di dolore.

Si porto una mano al viso mentre chiudeva gli occhi e disse, con un dolore cosi profondo che mi vennero le lacrime agli occhi:

«C’e qualcosa di piu orribile della morte? Piu terribile del capire che, per noi, lui e perduto per sempre?».

Poi abbasso il braccio e si avvicino alla bara con rispetto; prese la mano di mio padre e con una voce bassa, appassionata, esclamo:

«Ah, Petru! Ormai la tua carne e divenuta cosi fredda!». Quindi si chino, sollevando la mano alle labbra e la bacio, dicendo: «Alle volte sento di aver camminato troppo a lungo su questa terra; troppe volte ho visto le persone care morire, troppe volte ho baciato un caro volto defunto».

Cerco di rimettere la mano di papa al suo posto, con una certa dignita ma, alla fine, il dolore lo sopraffece, e si accascio per posare la guancia sul petto di mio padre, come avevo fatto io, bisbigliando, nel frattempo:

«Petru! Petru! Il mio unico vero amico…».

E pianse. Chiusi gli occhi e mi voltai, perche essere testimone della sua sofferenza significava aumentare la mia; sembrava cosi fragile e patetico, mentre si chinava sulla bara, che non potei trattenermi dal pensare che presto, fin troppo presto, lui stesso sarebbe stato disteso nella sua.

Quando, alla fine, si riprese e si alzo, rimase a fissare mio padre e parlo, con tale forte e appassionata convinzione che la sua voce riecheggio sulle fredde pareti di pietra, ed io capii che superava il confine della morte, tanto che mio padre e tutti i miei antenati lo potevano udire:

«Io ti giuro, nel nome degli Tsepesh, che la tua fedelta non verra dimenticata».

Detto cio, si avvicino, si sedette vicino a me e vegliammo in silenzio. Subito dopo, i lupi cominciarono a ululare ancora, e cosi vicino che non riuscii a trattenermi dal guardare ansiosamente fuori della finestra scura. Lo zio vide e sorrise debolmente, con fare rassicurante.

«Non avere timore, Arkady. Non ti faranno del male».

Ma il suono degli ululati penetro profondamente nella mia mente e, dopo un po’ di tempo, caddi di nuovo nel sogno di Stefan e di Shepherd, nell’incubo che si svolgeva attraverso una foresta senza fine. Corsi per ore e ore, gridando il nome di Stefan, mentre i lupi ringhiavano in lontananza; soltanto allora arrivai alla mia orribile meta per vedere il corpo sanguinante di mio fratello, e Shepherd, che sollevava il suo muso gocciolante di rosso vivo per guardarmi…

All’improvviso mio padre si mise tra noi due, con la schiena rivolta fiduciosamente verso la bestia. Mi afferro il polso e giro la tenera parte interna del mio braccio verso l’esterno. Non feci resistenza; quello era mio padre, che io amavo.

Abbi fiducia in me, disse. Non ti accadra niente di male…

L’argento brillo in un luccicante arco che si abbassava dal suo braccio sollevato alla mia carne scoperta. Gridai, spaventato dal dolore.

Al tocco di una mano fredda sulla spalla, mi svegliai ansimando, per ritrovarmi a fissare dentro due bianchi occhi di lupo.

«Arkady», disse mio zio severamente. «Svegliati! Stai sognando».

Battei le palpebre e gli occhi di lupo divennero quelli di mio padre, nel pallido viso dello zio. Fuori, l’oscurita si era addolcita nell’aurora.

«Devo tornarmene a casa», disse lo zio.

Mi alzai e lo accompagnai fino all’entrata, ringraziandolo per aver vegliato con me, ma lui alzo una mano per farmi fare silenzio, dicendo: «Va bene cosi». Poi si fermo e, per la prima volta, mi accorsi di una traccia di esitazione nei suoi modi. «Dimmi: tuo padre ti ha mai menzionato la possibilita di prendere il suo posto?»

«Si», risposi. «Era stabilito. Avevo sempre avuto intenzione di ritornare ad amministrare la tenuta, un giorno; sarei onorato di farlo per tuo conto».

«Ah! Eccellente… ma non parliamo di affari ora che i nostri cuori sono gonfi di dolore».

Mi mise le mani sulle spalle e ci congedammo l’uno dall’altro nella maniera tradizionale, poi ci avviammo per strade separate nella notte che svaniva.

Il ripetersi dell’ululato in lontananza mi fece affrettare verso casa, attraverso l’erba bagnata. Mentre mi avvicinavo all’entrata orientale della casa, notai per caso un oscuro movimento in basso, alla mia sinistra e mi gelai, preso dal panico, pensando che fosse un lupo che si era perduto o forse un orso nascosto, che correvano verso me.

Non era nulla di tutto cio. Mentre guardavo verso la fonte del movimento e i miei occhi si abituavano all’oscurita, la piccola e sanguinante forma di Stefan si materializzo nella luce lunare che schiariva.

Il mio defunto fratello si trovava all’estremita dell’ala orientale, che affacciava sulla foresta tra la casa e il castello; alzo un sottile braccio e fece un ampio gesto indicando gli alti pini.

I nostri sguardi si incontrarono. Mi guardo con una solennita piena di rimprovero, non piu da demonietto ridente, con gli scuri occhi castani — gli occhi di mia madre — enormi e a mandorla, tendenti leggermente verso l’alto, in una testa di bambino ancora troppo grande per il suo corpo sanguinante. Sotto il mento, pendeva un brandello di pelle che brillava oscuramente; la luce lunare faceva risaltare nella gola il biancore dell’osso. Indico di nuovo con l’indice verso gli alberi lontani e silenziosamente batte il piede in un caratteristico gesto di impazienza che non avevo visto in vent’anni.

Emisi un debole gemito di terrore, caddi in ginocchio, e mi coprii il volto. Rimasi li alcuni minuti finche, alla fine, osai sbirciare attraverso le dita tremanti.

Stefan era scomparso. Mi rimisi a fatica in piedi, ripulendomi dai pezzetti di erba bagnata che mi si erano attaccati ai pantaloni e mi affrettai a rientrare in casa.

Ora sto scrivendo. Da qualsiasi parte guardi stasera, temo di vedere Stefan: nel letto accanto a mia moglie, o fuori nel corridoio. So che questa apparizione e soltanto frutto della grande afflizione che provo, eppure non riesco a impedire alla mia mente di ruminare sulle leggende circa il moroi.

Che cosa vuoi che trovi, fratellino? Che tesoro c’e, nascosto nella foresta?

Ho scritto tutto questo con un ritmo febbrile. Non e ancora mattino ma il sole e alto nel cielo. Mary dorme ancora, poverina. Adesso mi stendero vicino a lei, e preghero di non sognare i lupi.

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