«No», disse Vlad, «questo non sara necessario».

Infatti era sua intenzione, ora che Petru se n’era andato, di fare un viaggio in Inghilterra. Petru si era sentito legato a quella terra, spiego, ma, per quanto lo riguardava, lui amava muoversi. La Transilvania era un paese superstizioso, arretrato e piccolo, e il villaggio stava diventando un posto del tutto isolato, ora che molti contadini se ne andavano nelle citta. Sentiva di non poter piu fare affidamento sull’occasionale svago fornito dai visitatori, i quali raccontavano tutti delle storie di come il mondo oltre la foresta stesse cambiando rapidamente, molto rapidamente.

«Meglio tenersi al passo con quei cambiamenti», disse con allegria, «che languire qui nell’isolamento. Sopravvivono soltanto coloro che si adattano alle necessita dei tempi!».

Il viaggio, si affretto ad aggiungere, avrebbe avuto luogo entro un anno circa, dopo che il bambino fosse nato e fosse stato abbastanza grande per viaggiare. E per quel momento lui sarebbe stato in grado di parlare piuttosto bene l’inglese.

«Bene», dissi io, pensando che l’inclinazione di Arkady per i viaggi fosse chiaramente ereditaria, «certamente mi sentirei contentissima e privilegiata di servirla come sua maestra e guida turistica ma, quando ritorneremo in Transilvania, mi sara d’aiuto conoscerne la lingua».

«Ah», rispose, «ma questa non e la mia intenzione. Io intendo trasferirmi, forse permanentemente, in Inghilterra… sebbene, naturalmente, ritornero di tanto in tanto per delle visite, dettate dalla nostalgia, alla proprieta di famiglia…».

A dire la verita, il mio cuore era gia felice al pensiero di ritornare a casa ma, al sentire quelle parole, Zsuzsanna si alzo di scatto dalla sedia, in un impeto di rabbia che ci spavento tutti.

«Io lo vieto!», grido, in uno strano miscuglio di inglese e di rumeno, come se non sapesse decidere chi dei due — me o Vlad — potesse capire (scrivo qui quello che ritengo sia il senso dell’avvenimento). «Non potete andarvene! Tu sai che io sono troppo debole per viaggiare con te e, se tu mi lasci, io ne moriro!».

Rapidamente lui volto la testa verso di lei. La luce della candela si riflette sui suoi occhi, che luccicarono di una luce rossa, come quelli di un animale, e per un istante la collera contorse i suoi lineamenti aguzzi, tanto che pensai di stare guardando il viso nientemeno che di un mostro. Immediatamente, pero, si ricompose, e il suo tono fu calmo, mentre le parlava con dolcezza.

Quando, piu tardi, chiesi ad Arkady che cosa aveva detto, lui mi spiego che Vlad l’aveva rassicurata che non saremmo mai partiti, se Zsuzsa non fosse stata abbastanza forte da venire con noi e che, se avesse continuato a sentirsi debole, avrebbe pagato un dottore per farla stare bene.

Lei scoppio a piangere, e la sua voce tremo mentre diceva:

«Come potete pensare di partire? Papa e qui. Stefan e qui. Tutti i nostri ricordi sono qui».

Lui continuo a parlare confortandola e, finalmente, lei si calmo e si rimise seduta. La cena si concluse cordialmente e senza ulteriori incidenti, ma io ero estremamente turbata.

Ho visto come lui la guarda e come lei guarda lui. Lei e disperatamente innamorata di lui, ed io temo che Vlad non abbia troppi scrupoli ad approfittare di questo fatto. Il mio innocente marito non ne ha idea, ed io non so come dirglielo.

Il diario di Arkady Tsepesh

7 aprile. Maledetti contadini! Che siano dannati! Che siano maledetti, e che per la loro superstizione e la loro stupidita vadano all’inferno!

A fatica riesco a scrivere cio che e accaduto: e troppo mostruoso, troppo doloroso, troppo grottesco. Eppure devo… qualcuno deve testimoniare il male causato dall’ignoranza.

Ieri abbiamo sepolto papa, accanto a Stefan e a mamma, nella tomba di famiglia situata sul poggio tra la casa e il grande castello. Non volevo che Mary prendesse parte alla cerimonia, poiche sembrava debole e stanca, ed era un giorno primaverile freddo e ventoso. Ma lei e stata irremovibile, dicendo che era il minimo che potesse fare per il suocero che non aveva mai conosciuto.

La tomba le ha fatto una profonda impressione, e si fermava per leggere sul muro esterno gli elenchi dei nomi di ogni persona li sepolta. Nonostante la tristezza, ho provato un qualche vago orgoglio per la tomba signorile e per il fatto che tutte le iscrizioni, persino le piu antiche — che risalgono all’inizio del Settecento — fossero leggibili, come se fossero state incise con ogni cura nel marmo bianco, insieme alle date, in modo che il nome degli antenati non venisse mai dimenticato e perso nei secoli (presto, un giorno, le mostrero la cappella e le cripte che risalgono al quindicesimo secolo).

Ci fu una breve cerimonia a mezzogiorno. Mettemmo papa in una piccola nicchia insieme a Stefan e a mia madre che non ho mai conosciuto. Secondo i suoi desideri, non ci fu il prete, ne furono lette le scritture o il servizio funebre. La grande porta che conduce alla tomba fu aperta, e i domestici portarono la bara all’interno, sistemandola poi su un catafalco circondato da candele accese e decorato da fragranti fiori bianchi.

Noi la seguimmo e le demmo il nostro addio finale, poi parlai brevemente, percependo ancora una volta l’esame minuzioso e la palpabile presenza dei miei antenati defunti; quasi mi aspettavo di vedere il piccolo Stefan nel piccolo gruppo di persone presenti. Vlad non venne, cosa che non sorprese particolarmente nessuno, anche se aveva fatto fare una placca d’oro squisitamente incisa per la bara che diceva: “PETRU TSEPESH, amato padre, marito e nipote”, un’altra coppia di cantanti di Bocete, e una bella cascata di rose rosse che adornavano il feretro e che lasciammo nella tomba, insieme a papa.

Il giorno passo tranquillamente, e poi passo anche il seguente. Dopo la mia prima registrazione sul diario, Mary ed io abbiamo discusso parecchie volte circa la conversazione con Vlad e il fatto che io resti per prendere il posto di mio padre, e lei e quasi riuscita ad alleviare il mio senso di colpa per aver chiesto a una moglie di citta di trascorrere il resto della sua vita nelle selvagge foreste dei Carpazi.

Bistritz e la piu vicina citta dotata di ufficio postale, e non puo certo sostituire Londra; per mandare o ricevere posta o per fare spese in negozi modesti, ci vogliono perlomeno otto ore di viaggio in carrozza (per non parlare del viaggio di ritorno!) lungo strade tortuose. Durante le tempeste invernali, saremo, di fatto, isolati.

Mary dice che non ha importanza, finche mi puo restare accanto; per parte mia, non riesco a immaginare quale santa azione io abbia fatto nella mia fanciullezza da portarmi come ricompensa una tale moglie.

Il giorno seguente, Mary sembrava fisicamente provata, ed e rimasta a letto fino a tardi. Io ho riposato e letto un romanzo della ben fornita biblioteca di mio padre, ed ho preso la decisione di andare la sera a parlare con Vlad. La tristezza ha ancora avuto la meglio su di me, di tanto in tanto, ma sapevo che la noia non era il modo giusto per alleviarla. Desideravo tenermi occupato sapendo che avrebbe allietato il mio cuore fare qualcosa che avrebbe fatto piacere a papa.

Cosi, poco prima del tramonto, mi sono incamminato verso il castello. Sono appena quindici minuti a piedi su per il dolce pendio verdeggiante che guarda a sud: per un uomo di citta una semplice passeggiata per sgranchirsi le gambe. La luce del sole filtrava attraverso i rami degli alti pini verso ovest; l’aria era piena di un impalpabile calore primaverile e del dolce e alto canto degli uccelli.

Nonostante l’idilliaco paesaggio, un crescente disagio si impadroni di me, e non fu che quando udii l’abbaiare frenetico di un cane nella casa alle mie spalle che ne determinai la causa: mi ero completamente dimenticato che al cader della notte i lupi se ne vanno in giro.

Non era tanto pericoloso come in inverno, quando si raggruppavano in branchi mortali, ma il pensiero di incontrarne anche uno solo, mi spinse ad affrettare il passo. Nondimeno, mi concessi una deviazione che mi ero ripromesso alla tomba di famiglia, per restare un momento da solo con mio padre.

Ma, mentre mi avvicinavo alla recinzione di ferro nero, potei vedere attraverso le sbarre uno strano spettacolo: i cadaveri di due lupi giacevano appena al di la del cancello spalancato. Capii immediatamente che qualcosa non andava, che terribilmente non andava.

Mi misi a correre e sfrecciai attraverso il cancello aperto. I lupi giacevano su un fianco, uno accanto all’altro, con gli occhi velati dalla morte; il cranio di uno di essi era stato fracassato, e il ventre dell’altro era reso duro dal sangue rappreso. Era evidente che in quel punto avevano attaccato un visitatore che li aveva uccisi ed era scappato, dimenticando, nella fretta, di chiudere il cancello.

C’era qualcos’altro: alzai lo sguardo dai corpi dei lupi, e vidi che la porta che conduceva alla tomba era stata aperta e cosi era rimasta. Pieno d’orrore, corsi all’interno; l’entrata alla tomba era bloccata da un altro lupo ucciso. Ne oltrepassai rapidamente il corpo e corsi alla nicchia dove giaceva mio padre.

La tomba era stata aperta, qualcuno era entrato, e l’ultimo luogo di riposo di mio padre era stato violato. Le

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