turbata per qualcosa, sebbene lei lo negasse. «Ma e ancora un po’ stanca. Tutto e stato piuttosto faticoso per lei».

Vlad ascolto con gravita.

«Se domani sara ancora affaticata, allora procurero che un medico venga a stare in casa», disse. «E dovra rimanere per controllare che sia ben seguita fin dopo la nascita del bambino». Quando protestai dicendo che non gli permettevo di affrontare una spesa cosi grande senza il mio contributo, agito ancora una volta la mano imperiosa e disse: «La questione e risolta. E il minimo che possa fare per il nipote di Petru, e per suo figlio».

I suoi modi erano tornati ad essere gentili e, sentendomi rassicurato, confessai:

«Prima di fare la terribile scoperta di questa sera al cimitero, venivo perche desideravo parlarti circa l’incarico di assumere il lavoro di papa».

A cio rispose immediatamente.

«Ah, si. Presto… quando avrai avuto la possibilita di superare questo spaventoso shock. Ma non ora: e troppo presto per parlare di affari, dal momento che hai appena dovuto sopportare un’altra grande prova».

«No», risposi con fermezza, «la distrazione mi aiuterebbe, e mi sarebbe di conforto sapere che sto obbedendo ai desideri di mio padre. Si preoccupava molto affinche tu e i tuoi affari foste oggetto delle mie cure».

Al sentire cio, gli occhi di Vlad si appannarono.

«Ah, tuo padre aveva un nome appropriato: Petru, la roccia. Per me, fu veramente una roccia, sempre leale e affidabile, e tu, Arkady… devi sapere che io amo i figli di Petru come se fossero i miei».

Lo disse con tale calore e convinzione che sentii sorgere in me un moto di affetto verso di lui. A dire il vero, e eccentrico e vecchio, con delle strane abitudini, ma e sempre stato, verso la nostra famiglia, straordinariamente generoso. In un certo senso, nonostante il suo atteggiamento orgoglioso, ha un che di patetico. Nonostante tutta la sua ricchezza, e cosi solo, cosi isolato, cosi estremamente dipendente prima da mio padre… ed ora da me. Io sono il suo unico legame con il mondo esterno.

Poi ha parlato di affari, cosa che e stata di aiuto per allontanare i nostri pensieri dal recente orrore. Lo zio ha promesso di mostrarmi l’ufficio di mio padre domani sera, dove sono tenuti tutti i libri contabili e bancari, e mi ha chiesto di venire prima, in modo che possa conoscere i domestici (che non ho mai visto, tranne Laszlo, il cocchiere). Sembra essere piuttosto urgente il fatto che io parli con il soprintendente e faccia il giro dei campi, poiche lo zio non sa in alcun modo se si sia provveduto alla semina di primavera. In effetti, e del tutto incompetente.

Era anche piuttosto ansioso di dettare una lettera, che io ho scritto in rumeno e poi ho tradotto in inglese per un certo Mister Jeffries. Vlad sembrava impaziente di avvertire il visitatore di venire al piu presto possibile, ora che il funerale aveva avuto luogo; potra essere un solitario, ma e uno che e avido di compagnia istruita, oltre quella della propria famiglia.

Mi sono offerto di portare la lettera a Laszlo e di dirgli di impostarla a Bistritz, dato che, mentre ritornavo a casa, sarei passato davanti alla zona dei domestici, ma Vlad ha piegato la lettera senza firmarla e ha detto che desiderava dare personalmente le istruzioni a Laszlo.

Percio ho preso il posto di mio padre. L’incontro con lo zio e stato breve: ho avuto la sensazione che fosse inquieto e desideroso che me ne andassi. Penso che, in qualche modo, fosse la mia presenza a innervosirlo.

Mentre me ne stavo andando, ho parlato della mia preoccupazione per i lupi e ho chiesto se ancora, come ricordavo dalla mia infanzia, costituivano un pericolo. Vlad mi ha risposto che, di fatto, era ancora cosi e, invece di permettere a Laszlo di riaccompagnarmi a casa, diede disposizioni perche avessi un calesse e due cavalli per mio uso personale, in modo che potessi essere libero di andare e venire senza preoccuparmi dell’ora del giorno.

Cosi me ne sono andato, sentendomi molto piu calmo di quando ero arrivato ma, mentre mi dirigevo verso casa nel calesse, sono passato davanti alla tomba di famiglia. Sebbene l’oscurita celasse quell’indicibile orrore, il dolore, la rabbia, e il senso di violazione, mi colpirono tutti insieme ancora una volta. Come posso sopportare di vivere tra questa gente, conoscendo le atrocita di cui e capace?

Il diario di Mary Windham Tsepesh

7 aprile. (Ultima registrazione). Questo pomeriggio ho tentato ancora una volta di impegnare la mia cameriera, Dunya, in una conversazione. Come la maggior parte delle contadine di qui, e di corporatura piccola ma robusta. Come loro, indossa un grembiule bianco doppio e, sotto di esso, un vestito di lino grezzo alquanto impudico, che non le copre le caviglie e, nello stesso tempo, e trasparente quando la luce lo illumina in un certo modo. I contadini del posto sembrano avere un atteggiamento negativo verso la biancheria intima.

Il colorito di Dunya e chiaro, e i suoi capelli scuri, quasi neri, acquistano al sole un riflesso rossiccio. Questo e il suo nome mi fanno credere che sia, almeno in parte, russa. Non puo avere piu di sedici anni, ma sembra intelligente e riflessiva, sebbene mostri, come gli altri domestici, la stessa riluttanza a incontrare il mio sguardo.

Nonostante cio, percepisco in lei una certa innata audacia, cosi, quando volli capire se l’atteggiamento timoroso dei domestici fosse una caratteristica transilvana o se fosse ispirato da qualcosa di diverso, ho scelto di affrontare Dunya mentre stava riordinando la camera da letto. Quando l’ho chiamata per nome, ha sobbalzato leggermente, e io ho dovuto nascondere il mio divertimento.

Parla un po’ di tedesco, come me, e cosi le ho detto:

«Dunya, e mia abitudine intrattenere un rapporto amichevole con i miei domestici. Per favore… Non avere tanta paura di me».

La mia incertezza con la lingua tedesca richiedeva che fossi breve e diretta.

Sentito questo, fece un inchino e rispose:

«Grazie, doamna (Ho imparato che questo e il corrispettivo rumeno di “signora”). Ma io non ho paura di lei».

«Bene», risposi. «Ma e chiaro che hai paura di qualcuno. Di chi?».

Al sentire cio, e sbiancata un po’ e si e guardata alle spalle come se avesse paura che qualcuno ci stesse spiando. Poi si e avvicinata — un po’ troppo vicino per gli usi inglesi, ma ho imparato, guardando mio marito e la sua famiglia, che i Transilvani, quando parlano, preferiscono stare molto piu vicini degli Inglesi — e ha bisbigliato:

«Vlad. Il voievod, il Principe».

Sentivo di conoscere la risposta alla mia domanda, ma le chiesi, nondimeno, abbassando la voce allo stesso volume:

«Perche?».

In risposta, si segno e mi sussurro nell’orecchio:

«E uno strigoi».

«Uno strigoi?». Era chiaramente una parola rumena, ma non l’avevo mai sentita. «Che cos’e?».

Sembro sorpresa della mia ignoranza e non volle rispondere: si limito a premere strettamente le labbra e scosse la testa. Quando ripetei la domanda, scappo via dalla stanza.

Il diario di Zsuzsanna Tsepesh

8 aprile. Sono cattiva, cattiva! Una donna malvagia con pensieri malvagi. Il mio dolce papa non e ancora freddo, ed e stato appena sepolto, che io ho gia fatto il sogno piu vergognoso che si possa immaginare.

Non so nemmeno come pregare nel modo giusto. Papa disprezzava talmente la Chiesa, che non permise mai ai suoi figli di apprenderne i riti. Forse lui e Kasha hanno ragione sul fatto che non esista alcun Dio. Loro sono tanto intelligenti, ma io non lo sono (a volte penso che il mio povero cervello sia storto come la mia colonna vertebrale) e ho un bisogno disperato del conforto del Divino.

Cosi, questa mattina mi sono inginocchiata ai piedi del letto, nel modo in cui ho visto fare ai contadini alle edicole ai bordi delle strade e ho cercato di chiedere perdono. Non so se ho avuto successo — il solo fatto di inginocchiarmi mi ha dato le vertigini; gli ultimi giorni mi sono sentita cosi debole, esaurita, senza dubbio, dal dolore — ma sentivo che non avrei potuto affrontare Kasha e la buona e forte Mary, senza prima alleggerire in

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