Ed entrambe di una bellezza ultraterrena!

Vidi che era sul punto di rifiutare, ma Elisabeth si accorse della sua riluttanza e disse subito:

«Per favore, buon signore! Il nostro padrone e severo e soggetto a scoppi d’ira; se scopre che avete rifiutato, sicuramente ci battera a sangue».

Questo gli fece socchiudere gli occhi e balbettare, cercando disperatamente una scusa appropriata; ma tutto cio a cui pote pensare fu:

«Che barbaro!».

Allora Elisabeth si fece piu audace e lo tiro gentilmente per la manica di lana, con la voce turbata da finto terrore (mentre io mi mordevo entrambe le labbra e lottavo per mantenere un’espressione sobria; mi stava diventando piu facile, poiche il mio divertimento veniva rapidamente sopraffatto dalla fame).

«Per favore, signore. Venite con me!».

Lo sconforto dell’uomo era completo, ma la gentilezza riflessa nei suoi occhi ebbe la meglio.

«Benissimo, signorina», disse. «Ma, per favore, aspettate fuori dalla porta finche non avro preso la mia giacca da casa».

Lei accondiscese, ed entrambe ci ritirammo per consentire all’uomo la sua privacy ma, dietro la porta chiusa, ci abbracciammo e poggiammo la testa l’una sulle spalle dell’altra ridendo sommessamente.

Di li a poco, udimmo lo sconosciuto avvicinarsi alla porta; prima che l’aprisse, eravamo di nuovo due serve dalla faccia impassibile. Ora era vestito con dignita, con pantaloni lunghi, pantofole di pelle, la giacca da casa di lana dal collo di velluto nero, e una cintura di velluto in vita. I suoi riccioli castani erano bagnati e pettinati ordinatamente, ma le guance erano ancora ben colorite mentre diceva a Elisabeth e a me:

«Benissimo, signore. Conducetemi al bagno».

Cosi facemmo, camminando in silenzio verso le stanze di Elisabeth, finche il nostro compagno parlo.

«Devo confessarvi, signore… che voi non siete vestite come delle cameriere».

Nell’udire cio io sorrisi, ma Elisabeth disse molto seriamente:

«Dovete sapere, signore, che il nostro padrone sa essere, a volte, molto crudele, ma anche molto generoso».

Dovetti di nuovo reprimere una risata.

Il gentiluomo accetto la spiegazione con un cenno del capo, e noi continuammo senza piu parlare fino a che arrivammo nella stanza di Elisabeth.

Dorka attendeva all’interno con parecchi grandi teli da bagno sulle braccia e disse alla sua padrona in ungherese:

«Ho preparato il bagno».

Elisabeth annui mentre prendeva degli asciugamani, poi si volto per fare un cenno all’ospite.

«Qui dentro, prego, signore».

Lui ci segui con un’espressione di crescente imbarazzo e, quando arrivammo all’interno della camera da letto — nel cui centro attendeva una vasca di ferro rotonda con i piedi a forma di artiglio, piena di acqua fumante — ci disse di fermarci.

«Signore, vi ringrazio per il vostro aiuto. Cio sara sufficiente, grazie».

E fece un cenno per congedarci.

Elisabeth lo guardo, colpita.

«Ma signore… se io non eseguo esattamente gli ordini del mio padrone… lui ci ha detto di assicurarci che voi siate soddisfatto».

Con malvagio divertimento, raccolsi il suo suggerimento e mi avvicinai a lui; con una sola tirala, sciolsi la cintura della sua giacca da camera, che si apri rivelando la lunga camicia da notte infilata nei pantaloni.

Tutti gli uomini di questa epoca sono cosi puritani? Lui si ribello richiudendosi la giacca e disse con stizza:

«Beh! Questo e molto sconveniente, e io sono fidanzato!».

Poi Elisabeth entro e, incurante delle sue indignate proteste, gli tolse la giacca nell’istante in cui io gliela aprivo di nuovo. L’inglese, senza giacca, lotto per liberarsi, ma noi eravamo piu forti e lo tenemmo saldamente.

«Non siate cosi pudico, signore!», gli disse Elisabeth, con una tale sincerita che io fui quasi convinta che fosse una serva che agiva per ordine di Vlad. «E l’usanza del nostro paese che le donne assistano gli uomini nel fare il bagno».

E, mentre lei gli teneva ferme le braccia da dietro, e lui si lamentava piano per lo sgomento, io m’inginocchiai, gli sbottonai i pantaloni, e glieli tolsi. Sotto c’era un paio di mutandoni da uomo di seta, lunghi fino al ginocchio. Rapidamente glieli sfilai, mentre l’inglese gridava dall’orrore; poi vennero via le pantofole di pelle, una alla volta.

Mi restava un’ultima sfida: la lunga camicia da notte. Elisabeth libero dapprima un braccio, poi l’altro, mentre io, con rapidita, gli sfilavo la camicia da notte dal viso ora color melanzana, rivelando finalmente la sua nudita. Subito, lui si chino su se stesso per l’imbarazzo e lo sgomento in un patetico tentativo di nascondere il suo corpo alla nostra vista; se le sue mani fossero state libere, senza dubbio si sarebbe coperto le parti intime.

Elisabeth fece schioccare la lingua in segno di disapprovazione e mi si rivolse in rumeno. «Questi vittoriani… troppo vestiti! Non e salutare». All’ospite, disse poi in inglese: «Nella vasca, signore!».

Lui non si mosse per obbedire e cosi, sempre tenendogli le braccia dietro alla schiena, lei lo sollevo e lo depose nell’acqua fumante.

Lui vi entro con un breve grido per il caldo bruciante e rimase sulle prime in punta di piedi, nell’acqua che gli arrivava alle cosce. Ma presto la decenza vinse la paura e, emettendo un gemito, si rannicchio nella vasca. Subito l’acqua copri tutto tranne la testa e il collo; questi erano velati dal vapore che si alzava. Si porto quindi sul lato vicino a noi che, in effetti, nascondeva il resto di lui alla nostra vista.

Dal bordo della vasca, Elisabeth prese una saponetta — fine sapone francese, fragrante di profumo — e, con aria severa, gliela porse.

«Lavatevi, signore», gli disse.

Sempre rannicchiato, lui stese un braccio gocciolante e la prese. Segui un divertente momento di indecisione, in cui la sua espressione comunico ogni suo pensiero: come avrebbe dovuto portare a termine quel compito davanti a quegli sguardi femminili? Il buon senso indicava che si doveva alzare per fare un migliore uso del sapone ma, ancora una volta, la pudicizia prevalse. Rimase rannicchiato nell’acqua fino al collo, e in questo modo si passo il sapone dappertutto.

«Ho finito», annuncio. «Vorrei un telo da bagno».

«Non ha finito del tutto», gli dissi, mentre cominciavo a slegare il mio corsetto. La seta grigia si apri rivelando i miei seni bianchi… non costretti dalla biancheria vittoriana.

Lui trattenne il respiro e distolse doverosamente gli occhi, da gentiluomo, con un’espressione tra l’orrore e il desiderio nascosto. Quando la seta cadde frusciando sulla pietra e io avanzai verso di lui nella mia nuda gloria, piu bella di qualunque visione di Venere emergente dal mare, lui mi guardo furtivamente con la coda dell’occhio.

Entrai nella grande vasca di ferro e mi inginocchiai accanto a lui, con il liquido che mi toccava i capelli color indaco lunghi fino alla vita e li faceva galleggiare come alghe che si muovono pigramente. Sotto l’acqua che si muoveva, la mia pelle luccicava di un bianco fosforescente accanto alla sua pelle piu scura e grigia. Il calore era delizioso.

Dietro di me udii la voce di Elisabeth, nella quale ora vibrava un’innegabile eccitazione e seppi, allora, che sarei stata capace di fare cio che desideravo alla sua presenza, senza vergogna.

«Non vi allarmate, signore», disse. «E solo la nostra usanza lasciare che le donne facciano il bagno dopo gli uomini. E considerato del tutto normale…».

Ma l’inglese si alzo accanto al bordo della vasca con le ginocchia e i fianchi premuti contro il ferro caldo, e le dita aggrappate al bordo.

«Per favore, signorina… un telo da bagno! Mi sento piuttosto a disagio poiche, nel mio paese, l’usanza e del tutto diversa».

Mi avvicinai finche le nostre gambe si toccarono; lui si ritrasse subito, spruzzando acqua dappertutto, disperato. Seppi, in quel momento, che la sua decisione di essere fedele alla sua fidanzata era, sfortunatamente, sincera e sorretta da una grande determinazione, cosi allungai una mano gocciolante e voltai il suo ispido mento verso di me.

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