ha fatto durante la nostra stretta amicizia durata otto anni. Frasi esoteriche quali “Come sopra, cosi sotto” (una citazione dalla nostra comune conoscenza Hermete Trismegisto, e dozzine di altre simili osservazioni oscure… oscure a quel tempo, pero).

Inoltre, il professore irradia un’aura di potere: non tanto del tipo fisico quanto di quello mentale. Come me, lui fu un wunderkind, ma qui io non parlo di intelligenza, che lui ha in abbondanza, ma della parte metafisica. In pubblico — tranne quando da lezioni — recita la parte del pasticcione, del pagliaccio. L’ho udito persino fingere il piu terribilmente comico accento straniero, anche se il suo inglese e eccellente. E come se volesse evitare che il mondo possa vedere in lui cio che e veramente: lo studioso, il genio, il filosofo.

Ma quando si e trovato solo in mia presenza, talvolta mi ha permesso di scorgere degli squarci di quell’immensamente brillante e sapiente occultista che e in realta, sotto la maschera dello sciocco. Naturalmente, non l’ha mai chiamato occultismo; questo e quello che sono riuscito a capire. Ma ora ricordo una vacanza di tanto tempo fa ad Amsterdam quando, inavvertitamente, entrai nella sua biblioteca privata e scoprii dentro a un armadietto chiuso un vero tesoro di trattati sulla magia: La Chiave Maggiore di Salomone, Il Goetia, Il Sepher Yetzirah, e Una vera e fedele relazione di quello che accadde per molti anni tra il dottor Dee e alcuni spiriti.

Questo e l’uomo che ho incontrato nuovamente oggi, sebbene abbia, con successo, adottato il travestimento del prete di campagna non molto istruito. Ma io ho visto al di la del semplice inganno che velava i suoi grandi occhi blu, al di la della sua espressione allegra. Sembra piu vecchio di quando l’ho visto l’ultima volta; la maggior parte dei capelli rosso dorato sono diventati bianchi e lui, come me, ha perso peso e sembra scavato nelle guance e nelle mascelle. Nonostante tutto cio, irradia ancora piu quell’impressionante forza interna, quel profondo senso di saggezza e calma che persino la tempesta piu forte non puo scuotere, facendolo paradossalmente sembrare — il vero uomo interiore sotto il vestito della carne — piu giovane di quando lo vidi l’ultima volta.

«Ma prego», continuai, facendo un gesto in direzione dell’entrata. Entrambi ci dirigemmo verso la porta aperta, io tendendo le braccia come a voler prendere la donna immobile tra le sue. Come mi aspettavo, lui rifiuto qualsiasi aiuto. «Entriamo subito e vi libererete del vostro peso. Chiamero il domestico per portarla…».

«No!». La sua brusca risposta mi fece girare la testa di scatto per fissarlo attentamente. Con piu dolcezza allora, aggiunse: «Ancora nessun domestico. Potra venire il momento che ne avro bisogno, ma oggi manteniamo tutta la riservatezza possibile».

Acconsentii e gli dissi che avrei atteso a chiamare Thomas per prendere le valige finche sia lui che la sua paziente si fossero sistemati nelle loro stanze, poi le avrei fatte lasciare fuori della porta delle celle per garantire il loro anonimato.

Oltrepassata la soglia, lo convinsi a liberarsi del suo tesoro cosi gelosamente custodito, e a depositarlo in una sedia a rotelle dall’alto schienale. E l’ultimo modello, equipaggiato in modo speciale con delle cinghie per i pazienti piu violenti. Mentre la sistemavamo nella sedia con tenera sollecitudine e ci fermavamo a considerare le cinghie, commentai piano:

«Dubito che ne avra bisogno».

«Non in questo momento». La sua maschera gioviale scivolo via per un istante, non di piu. Questa volta vidi un uomo oscuramente tormentato che portava il peso di tutto il mondo sulla sua anima. «Ma potrebbe venire presto il momento. Dobbiamo restare all’erta», continuo.

Insistette per spingere lui stesso la sedia. Lo condussi direttamente all’ascensore (qui e una necessita: trascinare di sopra o di sotto un paziente violento e un lavoro pericoloso). Nell’assoluta privacy dell’ascensore attesi una spiegazione circa la sua “missione segreta”, ma non mi disse nulla. Cosi chiacchierai del piu e del meno e chiesi notizie di sua madre, una vera gentildonna inglese che avevo conosciuto ed ero arrivato ad ammirare profondamente.

«Sta morendo», disse, nella sua opaca e concreta maniera olandese. «Tumore ulceroso del seno destro. Lo ha da piu di un anno, ma adesso le manca poco; e arrivato al cervello. La mia preoccupazione e che possa morire mentre sono via».

Gli poggiai una mano sulla spalla. Raramente l’ho toccato se non per stringergli la mano per dargli il benvenuto o per salutarlo, e lui rispose al gesto con un’occhiata piena di gratitudine (c’e qualcuno a cui piace stringere la mano piu che ai suoi connazionali?).

«Sono piu dispiaciuto di quanto le parole possano esprimere. Fu cosi gentile con me quando entrambi veniste in visita! Arrivai a pensare a lei come a mia nonna, dato che io non ne ho conosciuta nessuna».

A quell’ultimo commento, sussulto in silenzio, come se fosse stato colpito allo stomaco, e distolse lo sguardo; penso che l’emozione lo avesse sopraffatto. Dopo un momento di silenzio, disse:

«Non ho intenzione di procurarvi un fastidio, amico John, con le mie difficolta. Avete sopportato piu di quello che e sopportabile, nella vostra breve vita. Siete troppo giovane per aver fatto esperienza di una tale perdita, troppo giovane. Alla mia eta, ce lo si aspetta».

Si riferiva, naturalmente, alla morte di mio padre avvenuta sedici anni fa, e a quella di mia madre, fa tre anni il prossimo autunno. La proprieta di famiglia e troppo grande e solitaria per un unico erede, cosi ora la divido con i miei pazienti.

Infine arrivammo alle due celle piu vicine alla mia camera da letto, che io preferisco lasciare libere a meno che l’Istituto non sia proprio pieno. Dato che, al momento, abbiamo soltanto tre residenti, Uno dei quali penso di dimettere a breve termine, il piu vicino ospite si trovava a una distanza di una mezza dozzina di celle. Van Helsing avrebbe avuto la sua privacy.

«Ecco», dissi, aprendo con la chiave e poi spalancando le porte che conducevano in ogni stanza, in modo che il professore potesse guardarvi dentro.

Una cella era senza finestre e conteneva l’usuale mobilia: letto, comodino, e una lampada a gas montata cosi in alto sul muro che poteva essere accesa o spenta soltanto da un inserviente con uno speciale congegno attaccato a un lungo manico di scopa. L’altra l’avevo preparata personalmente per il professore. La finestra con la grata guardava direttamente sul giardino fiorito (che quest’estate e particolarmente bello e rigoglioso), e avevo coperto il letto con una coperta imbottita cucita da mia madre. Avevo anche aggiunto uno scrittoio e una comoda sedia che fronteggiava la finestra, e accanto all’irraggiungibile luce a gas avevo lasciato un lungo palo in modo che il professore potesse controllare la luce come preferiva.

Tolsi due chiavi dall’anello da secondino che portavo alla cintura, e gliele porsi.

«Questa e vostra… e questa e la chiave della camera della signora».

«Ah!», disse, fissandole e poi guardando di nuovo le stanze. «Questa», e fece un gesto verso la stanza piu assolata e piu bella che avevo destinato a lui, «la lascero a lei. L’altra per me va bene».

E, prima che potessi protestare, la spinse nella cella, oltrepassandomi, la sollevo dalla sedia a rotelle e la deposito nella sedia piu comoda che guardava verso il giardino. Era piuttosto frustrante perche, se la signora era veramente catatonica, quella vista sarebbe stata del tutto sprecata e io non ero certo felice di lasciare il frutto del lavoro di mia madre nelle mani di una pazza.

Li seguii all’interno, chiedendomi se sarebbe stato maleducato parlare a voce alta, quando il professore tolse il cappello e il velo alla sua paziente.

Trattenni il respiro. La donna era completamente pelle e ossa ma, nello stesso tempo, giovane e innaturalmente graziosa, con enormi occhi neri e capelli molto scuri raccolti sulla nuca. Eppure…

Sbattei le palpebre e per un istante mi trovai a guardare una donna dell’eta di Van Helsing, una donna con delle striature di grigio nei capelli e le zampe di gallina intorno agli occhi.

Un altro sbattere di palpebre e la signora era ancora giovane e bella, con i capelli di un intenso castano scuro senza tracce di argento. Era come se la sua gioventu fosse un velo che si era alzato per un istante, e poi si era abbassato rapidamente, mascherando la vera donna al disotto. Il terribile vuoto senz’anima in quegli occhi mezzi chiusi, rivolti verso il basso, non poteva essere nascosto; ma sotto di esso percepii un dolore senza fondo.

Infine alzai gli occhi e mi accorsi che il professore mi stava studiando, con le sue sopracciglia d’oro e d’argento che si aggrottavano intente. Quando i nostri sguardi si incontrarono — il suo consapevole, il mio interrogativo — mi chiese:

«Sei un sensitivo, John? Tu vedi sotto la facciata, vero?».

Ero troppo sorpreso per fare altro che un gesto di assenso. Lo avevo compreso nel modo giusto? Quello che mi aveva portato era un caso metafisico? Quella strana e triste donna con un viso invecchiato ma senza eta? L’idea

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