Il diario del dottor Seward

4 settembre. Un giorno terribile! Ho mandato via l’inserviente appena prima dell’alba in modo da poter fare entrare il professore per vedere Renfield senza che nessuno lo sapesse. Van Helsing pensa che il nostro paziente zoofago sia a conoscenza dei movimenti dei Vampiri e possa essere d’aiuto nel rintracciarli.

Il paziente e rimasto calmo quando sono entrato, cosi ho fatto cenno a Van Helsing di entrare. Cosi ha fatto e, con mia sorpresa, ha indotto Renfield in uno stato ipnotico in meno di un minuto.

«Dove sei?», gli ha chiesto il professore, con ammirevole autorita.

«Non lo so», ha risposto Renfield, con un tono di sorpresa dignita; quando e calmo, sembra un raffinato gentiluomo, tranne che per i capelli scomposti e la barba (non osiamo dargli un rasoio e nemmeno un pettine, e lui non ha la pazienza di lasciare che l’inserviente lo pettini). Ma pettinate i capelli d’argento e radete la barba sale e pepe, e sotto di essi c’e un uomo con dei lineamenti aristocratici e degli intelligenti occhi azzurro chiaro sotto severe sopracciglia nere. Secondo sua moglie, ha cinquantanove anni, ma e estremamente muscoloso e in forma per la sua eta (l’inserviente — e ora anche Van Helsing e io — lo possiamo confermare!).

«Penso di trovarmi in una scatola chiusa. C’e solo oscurita e tranquillita: tranne che per gli uccelli che cantano».

Come se fosse il momento giusto, un pettirosso comincio a cantare appena fuori della finestra; il professore e io sorridemmo a quella coincidenza.

«Sei a Londra?», chiese Van Helsing.

La domanda sembro confondere Renfield. Gli occhi ancora chiusi, aggrotto profondamente la fronte ed esito.

«No… si… non lo so. Che cosa intendi per Londra?».

Fu il turno del professore a essere confuso.

«La citta. Londra: la citta piu grande d’Inghilterra».

«Si, si», rispose irritato il nostro pazzo. «Lo so che cos’e Londra! Semplicemente non so…».

Un gallo canto in lontananza; improvvisamente, Renfield balzo in piedi e corse dal professore con velocita allarmante. Prima che riuscissi a muovermi, aveva messo le sue grosse mani intorno alla gola di Van Helsing e lo stava strozzando, mentre il professore aveva afferrato i polsi del suo aggressore e cercava di liberarsi.

Ma il viso del professore era gia diventato di un acceso rosso apoplettico: non riusciva assolutamente a respirare, e poteva solo emettere degli orribili respiri strozzati. Suonai immediatamente per chiamare l’inserviente, poi mi gettai nella lotta, afferrando gli avambracci di Renfield proprio sopra le mani dalle nocche bianche di Van Helsing.

In una frazione di secondo (suppongo, sebbene sembrassero ore), l’inserviente entro e si getto con tutta la sua mole massiccia contro Renfield, mandandolo a sbattere contro la parete. Presto il paziente fu ristretto in una camicia di forza, mentre io mi occupavo di Van Helsing, che ingollava aria mentre si massaggiava piano il collo colpito. Mi preoccupai che non gli fosse stato causato un danno reale poiche, sotto le sue dita, c’erano degli scuri segni rossi sulla pelle che, ben presto, sarebbero diventati dei lividi. Ma lui mi allontano con la mano e presto si riprese al punto da poter parlare. Oggi e diretto alla villetta in campagna. Sono preoccupato di saperlo solo la; se la sua teoria che Renfield sia controllato dai Vampiri e esatta, versa davvero in grave pericolo.

Capitolo nono

Il diario di Zsuzsanna Dracul

13 agosto. Sto scrivendo sulla nave, durante il ritorno a Londra dopo una breve visita ad Amsterdam (i trasporti pubblici olandesi sono cosi puliti!). Che io partissi e stata, inizialmente, un’idea di Elisabeth. Per un po’ di tempo siamo state entrambe di cattivo umore, poi ho sentito diminuire la mia forza, nonostante il fatto che mi sia riempita di sangue “blu”. Anche Elisabeth sembra piu pallida, piu debole, e cosi irritabile che ho cominciato a evitarla. Mi spaventa; mi preoccupo per la possibilita che Vlad abbia gettato su di noi un qualche tipo di incantesimo.

Londra e ancora piena di una miriade di meraviglie, ma io comincio a perdere interesse in quello che precedentemente mi faceva piacere. Quanti vestiti nuovi uno puo avere? Ne ho una stanza piena. Sono tutti belli e mi piace indossarli, ma il mio desiderio per essi ora e appagato, mentre comincio a diventare inquieta…

Senza dubbio Vlad e arrivato sulle coste inglesi, ma ancora non e apparso in nessuna delle sue proprieta: Carfax, Mile End, Bermondsey, Piccadilly. Noi le visitiamo ogni giorno sperando di trovarlo ma, ogni giorno, le nostre speranze sono infrante.

Alcune sere fa, Elisabeth mi si e avvicinata sorridendo, per la prima volta in molti giorni, con uno sguardo deciso sul viso.

«Vlad e in ritardo», ha detto, «e noi stiamo entrambe diventando terribilmente ansiose nell’attesa. Ma perche? Tu dici di sapere dove vive Van Helsing. Perche non sorprenderlo li durante il giorno e portarlo qui? Infatti, se Vlad sa che noi abbiamo Van Helsing, sara forzato a trattare con noi».

«Perche non uccidere semplicemente il dottore?», chiesi in risposta, poiche ero ansiosa di farlo e cosi vendicarmi dell’assassino del piccolo Jan.

Schiocco la lingua in segno di disapprovazione. «Ma che divertimento c’e, Zsuzsanna? Se Van Helsing muore, Vlad semplicemente si dissolvera in polvere. No, dobbiamo usare Van Helsing per attirarlo da noi. Io, per quanto mi riguarda, intendo vedere entrambe le loro morti e infliggere loro tanta sofferenza quanta essi ne hanno inflitto a te!».

«Benissimo!», acconsentii, sebbene fossi segretamente decisa a ucciderlo comunque. «Quando partiremo?»

«Non tutte e due, piccolina. Andrai tu: solo tu conosci Van Helsing e la sua casa. Io conosco Vlad, e cosi lo aspettero qui; qualcuno deve controllare le sue case ogni giorno».

L’idea di lasciarla sola mi tormentava. Dal tempo di Dunya, sapevo che era capace di infedelta; ancora piu penoso era il pensiero della stanza di tortura sotto la casa. La sua irritazione era dovuta alla sua ansia di provarla? Mi aveva giurato che non l’avrebbe fatto, che “collezionava” soltanto quegli orrendi congegni per divertimento, ed era un fatto che io non li avevo ancora trovati usati.

Eppure, non mi fidavo di lei.

Fiducia o no, la logica vinse. Un giorno, mi trovai davanti alla porta di Van Helsing. Non mi travestii, ma indossai soltanto un cappello con un po’ di velo, dimodoche, se lui avesse guardato fuori, non mi avrebbe riconosciuto immediatamente. Tutto cio di cui avevo bisogno era che aprisse la porta di uno spiraglio — non di piu — e io gli avrei facilmente potuto tirare un colpo fatale.

Suonai e, dopo un buon minuto, la porta si spalanco; la donna che rispose aveva i capelli grigi e la mascella quadrata. Mary?, stavo quasi per chiedere, ma non poteva essere: quella donna era troppo grossa e alta. Per un istante, regno la confusione: ero venuta nella casa sbagliata? Oppure i Van Helsing si era trasferiti? No, la casa era quella, e la targhetta di ottone sulla porta portava scritto A. VAN HELSING, M.D., con una frase in olandese che non riuscii a decifrare.

«Sto cercando il dottor Van Helsing», dissi esitando, in inglese.

La donna aggrotto la fronte severamente e scosse la testa. Allora tradussi la frase in francese, senza successo, ma il mio tedesco evoco un caldo sorriso.

«Ah», disse, con un accento da madrelingua e ovviamente sollevata nell’udire il proprio idioma. «Il vostro tedesco e eccellente! Ma temo che il dottore non prenda appuntamenti a quest’ora». E indico la targhetta di ottone sopra il campanello, poi rise tra se. «Ma, naturalmente, voi non parlate olandese!».

Sorrisi graziosamente e tirai indietro il mio velo per esporla sia alla mia bellezza che ai miei occhi ipnotizzatori.

«Io non sono una paziente, ma una parente. Sono qui in visita», aggiunsi.

Schiocco la lingua.

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