«Zsuzsanna», sospiro con voce tremante, acuta, che mi spezzo il cuore. Mai, per un istante, la dolcezza nel suo sguardo venne meno. «Come sei bella…».

Abbassai il viso nelle mani coperte di merletto e piansi. Era perduta nel passato, compresi, e ricordava soltanto la Zsuzsanna mortale: aveva dimenticato il mio Cambiamento. Anche cosi, fui toccata dal suo benvenuto. Ma avevo un’altra ragione per lasciarmi andare alle lacrime. Oltre il sentimento, ero obbligata a raggiungere il mio obiettivo: sapere di Bram.

Frau Koehler entro dietro di me e poso una grossa mano sopra la mia spalla.

«Mia cara… So quanto questo sia difficile per voi», mormoro. «Vi posso portare un bicchiere di sherry?».

Alzai la testa e asciugai le lacrime con il fazzoletto.

«Grazie, ma… posso avere, invece, una tazza di te?».

Questo mi avrebbe concesso il tempo di cui avevo bisogno.

Il rapido consenso della Frau mi mise subito di buon umore; se ne ando per le scale in direzione della cucina, mentre io mi chinavo piu vicino a Mary e le prendevo la mano tra le mie.

«Mia cara», bisbigliai. «Non sopporto di vederti cosi, ma posso liberarti da tutto il dolore… per sempre».

Mi avvicinai e mi chinai ulteriormente premendole le labbra contro le morbide e cadenti pieghe del collo; l’odore aspro dell’urina era forte, cosi come lo erano la forte sensazione della bonta di Mary, della sua paura di morire, il suo amore sincero per coloro che se ne erano andati prima di lei e per coloro che sarebbero rimasti. L’avvicinarsi della morte aveva tolto qualsiasi altra cosa, fino a che era rimasta soltanto l’essenza della donna.

Ma qualcosa mi tratteneva; forse era la conoscenza della donna che era stata o la sensazione potente della bonta e della sofferenza tragica che emanava. Sapevo che la vera Mary avrebbe preferito morire piuttosto che votarsi al Male.

In effetti, tolse la mano dalla mia e, con una debolezza che spezzava il cuore, mise i suoi palmi contro la mia spalla e cerco, invano, di spingermi via.

«Per favore, no… ho perduto due figli e un marito. Non e abbastanza?».

Lo disse con aria sognante, calma, senza traccia di paura.

Mi ritrassi.

«Mary… vuoi soffrire? Vuoi morire?».

Sostenne direttamente il mio sguardo; nello stesso tempo, sembro guardare oltre me, a qualcosa di molto piu distante e glorioso, e la sua faccia avvizzita divenne di una bellezza radiosa e devastata.

«La mia sofferenza non e nulla a paragone della tua», bisbiglio. «La mia non durera per sempre».

Caddi all’indietro nella sedia, colpita da un dolore acuto come se un ago trafiggesse il mio cuore commosso. Cercai di protestare: come poteva dire che io soffrivo? Io, che godevo di cio che di meglio la vita potesse offrire, io, che non conoscevo il dolore fisico, io che infliggevo ad altri la morte?

Ma non potevo negarlo. In un lampo, vidi la mia attuale esistenza come l’avrebbe vista lei: i vestiti piu belli, lo champagne migliore, gli uomini piu attraenti, la bella e crudele Elisabeth. La vanita, la vacuita. Secolo dopo secolo, senza significato.

Mi alzai e le presi di nuovo le mani, massaggiandole un po’ per riscaldargliele. Questa volta, quando mi chinai su di lei, premetti con delicatezza le mie labbra sulle sue.

«Dio ti benedica, Mary».

«E possa benedire te».

Sospiro e chiuse gli occhi. Udii, al piano inferiore, il rumore della porcellana su un vassoio e dei passi attutiti; Frau Koehler stava ritornando con il te. Mi sistemai nella sedia a dondolo e attesi, cercando di decidere il modo migliore per ritornare nello studio, quando la stessa Mary mi forni la risposta.

Improvvisamente, emise un ululato di dolore, con l’intollerabile abbandono di un animale ferito; lo ammetto, feci un piccolo salto sulla sedia (e non e una cosa facile spaventare un Vampiro). Grido ancora e allora mi avvicinai per chiedere quale fosse il problema, ma lei sembro del tutto inconsapevole della mia presenza. Provai un’enorme impotenza… e imbarazzo quando, all’improvviso, lei strinse convulsamente la coperta tra le gambe.

«Frau Koehler!», gridai, mentre l’infermiera saliva per le scale rumorosamente; apparve con la faccia rossa e ansimante e, subito, poso il vassoio del te su un basso mobile e si avvicino accanto al letto della sua protetta.

«Ah», disse, sollevata. «E soltanto l’ora della padella. Vi aiutero io, signora. Se volete, potete prendere la vostra tazza di te e sedervi al piano inferiore, dove il rumore non vi disturbera».

«Il rumore?»

«E veramente doloroso per lei ora; beve cosi poco che brucia come fuoco, specialmente con le sue piaghe aperte, ma io l’aiutero a sentirsi meglio. Andate, signora».

Cosi questa e una morte lenta: pipi, feci e dolore impotente, l’umiliazione piu crudele.

Si mosse verso la padella insaponata nella tinozza e io me ne andai prima di vedere altro. Abbandonando il te, mi precipitai per le scale e nuovamente scivolai attraverso la porta che conduceva allo studio del dottore. Con velocita immortale, sfogliai le carte sul suo tavolo… con ben scarsi risultati, poiche quasi tutte erano in olandese e quindi per me del tutto incomprensibili.

Ma, chiusi ordinatamente in un nascondiglio, c’erano tre telegrammi, mandati da A. Van Helsing, Purfleet, England, a Frau Helga Koehler, Amsterdam. Il primo era datato 8 luglio, il secondo 16 luglio, e il terzo 4 agosto.

E tutti provenivano da Purfleet. Purfleet. Dove Elisabeth e io andavamo ogni mattina a controllare l’arrivo di Vlad!

Mi sarei voluta sedere tranquillamente a terra e ridere — ero venuta fino a li per trovare qualcuno a Londra! — se non avessi capito qualcosa di raggelante: il dottor Van Helsing era mortale, ma era ancora una forza con cui fare i conti poiche, in qualche modo, aveva scoperto il nuovo indirizzo di Vlad.

Come potevo essere sicura che non aveva scoperto anche il mio?

Li guardai tutti in fretta poiche, fortunatamente, erano scritti in tedesco, lingua di cui ho un’ottima padronanza. Tutti ringraziavano Frau Koehler per le sue relazioni sulle condizioni di sua madre, e davano l’informazione che «La signora Van Helsing sta, sfortunatamente, come sempre». Il piu recente dichiarava che sarebbe dovuto rimanere a Purfleet un po’ piu a lungo ma che la Frau doveva avvertirlo subito se avesse ritenuto che Mary stava per morire.

La signora Van Helsing: la frase mi riempi di trepidazione, sebbene non comprendessi o ricordassi immediatamente. C’era stata una signora Van Helsing? Ero venuta in quella casa venti anni prima, per prendere il piccolo e dolce Jan e per rapire il fratello di Bram…

Naturalmente, naturalmente… C’era stata una donna: una timida cosina scialba dagli occhi grandi. L’avevo morsa ma non l’avevo uccisa, dato che era stata un ostacolo sulla mia strada. Aveva uno di quei nomi olandesi che si dimenticano facilmente che iniziava con un G, quel suono fortemente aspirato come la ch ebraica, ripetuta due volte nel nome “Van Gogh”.

Per qualche ragione, non mi era nemmeno venuto in mente che lei fosse ancora viva, ma la rivelazione che lo fosse — e che si trovava in Inghilterra con Van Helsing — mi riempi di orrore.

Che cosa sarebbe accaduto se lui usava sua moglie per avere informazioni su di me? Poiche Vampiro e vittima sono legati insieme finche entrambi sopravvivono e, cosi, quella donna dagli occhi folli era legata a me, anche se la sua personalita era cosi timida, cosi umile, che nel corso degli anni mi ero sconsideratamente dimenticata di lei. Io, che ero stata una tale idiota da non pensare di voltare le carte e ottenere informazioni su di lui.

Ho corretto la mia sbadataggine.

Durante tutto il tempo, avevo udito i passi e le grida dal piano di sopra e i sommessi confortanti bisbigli di Frau Koehler. Le grida erano cessate, seguite dal rumore dell’acqua che scorre. Uscii dallo studio e attesi di nuovo alla fine delle scale, finche l’infermiera apparve.

Non mi invito a salire, ma scese le scale per fermarsi accanto a me; il sudore le brillava sulla fronte e sul labbro superiore. Si porto il grembiule al viso e lo asciugo.

«Penso che adesso dormira», disse a voce bassa. «E molto stanca; finora ha avuto un giorno molto difficile.

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