comincio a piangere pietosamente per essere liberato.

Prima delle cinque eravamo alla porta della vecchia proprieta di Carfax, ognuno di noi con una piccola lampada elettrica appesa al petto e indossando uno dei crocifissi di Arminius, tranne Mr. Harker che aveva il suo. E tutti noi — eccetto Harker, del quale tutti noi eravamo riluttanti ad avere fiducia — portavamo in tasca dei pezzi dell’ostia consacrata di Arminius allo scopo di rendere le casse inabitabili per il nostro nemico (in questo modo, anche se Dracula era a conoscenza dei pensieri di Jonathan, non sarebbe stato avvertito in anticipo delle nostre reali intenzioni).

Inoltre, Arthur portava un fischietto d’argento intorno al collo per chiamare in aiuto i cani, se ce ne fosse stato bisogno, poiche nessuno di noi aveva dubbi che quel vecchio edificio fosse pieno di topi.

John utilizzo la sua abilita chirurgica e un vecchio grimaldello per farci entrare dall’entrata principale e noi ci muovemmo rapidamente all’interno: ben presto scoprimmo su un tavolo nel corridoio un anello con delle chiavi. Le diedi a Jonathan, e lo pregai di condurci nella cappella, poiche lui conosceva abbastanza la casa per trovare la strada.

Nella mia vita, non ho mai visto tanta polvere raccolta in un solo posto; infatti, il pavimento era sepolto sotto un tappeto di polvere e sporcizia spesso parecchi pollici, cosi che non sapevo dire se stavo camminando sulla terra, sulla pietra o sul legno.

Nonostante il nostro desiderio di essere il piu silenziosi possibile per timore che l’Impalatore potesse abbandonare la sua caccia presto, sia Arthur che John scoppiarono in un attacco di tosse per le nuvole di polvere alzate dai nostri passi che ci solleticavano la gola. Anche le pareti erano coperte da uno strato grigio e ornate di fitte e antiche ragnatele, molte delle quali pendevano e oscillavano languidamente dietro di noi, rotte dal peso della polvere che vi si era raccolta.

Ero sicuro che l’Impalatore se ne fosse andato, poiche la sua aura era diventata, di recente, cosi intensa e grande che l’avrei sentita molto vicino all’entrata. Quest’idea si rafforzo quando arrivammo alla porta di legno ad arco che conduceva alla cappella.

Dopo qualche tentativo inutile, Jonathan trovo la chiave giusta e apri la porta.

Quando fu spalancata, il puzzo orribile della tana del Vampiro usci fuori. Dopo tanti anni io ero avvezzo ad esso ed entrai subito, ma gli altri, dietro di me, non se l’erano aspettato, e ne furono sconvolti. Nondimeno, si sforzarono di seguirmi.

All’interno si trovava una pietosa rovina di quello che un tempo era stato un luogo di culto vasto e alto: c’erano alcune travi di legno marcio di quelli che, allora, erano stati i banchi e l’altare e, sul muro sudicio, sotto un velo di ragnatele, il contorno di cio che, una volta, era stata una croce. Doveva essere stato un bel luogo, poiche c’erano due grandi finestre ad arco — forse in origine di vetro colorato — ma da molto tempo coperte, come tutto il resto, dallo spesso strato di polvere.

La stanza parlava fortemente di oscurita, decadenza, precarieta. Questo era gia abbastanza scoraggiante da vedere, ma molto peggio fu scoprire, dopo aver contato silenziosamente, che le casse di legno sistemate in file ordinate non erano cinquanta, ma ventinove.

Ne mancavano ventuno! Mi accostai a John e gli bisbigliai di dire rapidamente a Quincey e ad Arthur di non sigillare le casse con l’ostia. Farlo avrebbe soltanto messo in allarme, circa il nostro piano, il Vampiro, che cosi avrebbe potuto nascondere le altre casse in maniera piu accorta. John riusci a parlare agli altri due uomini mentre Harker era distratto nel contare e nel guardarsi intorno per trovare qualche altro posto in cui le casse potevano essere nascoste. Poi diedi istruzioni a tutti di guardare attraverso la sporcizia e la polvere e di cercare qualsiasi indizio che potesse condurci dove erano state spostate le altre casse; naturalmente, John sapeva bene che cio aveva lo scopo di cercare tracce del manoscritto e della prima chiave.

Mentre noi tutti cercavamo, percepii un improvviso cambiamento nella stanza, uno scintillio di colore indaco che mi disturbo… ma che nello stesso tempo non mi infastidiva. Nello stesso istante, Arthur e Jonathan reagirono entrambi a qualcosa nell’ombra.

«Ho pensato di vedere un volto», disse Arthur per scusarsi.

Non dissi nulla, ma mi accucciai per aprire le casse e guardare tra la polvere e le ragnatele in cerca di qualsiasi indizio riguardo al manoscritto o alla chiave. Mentre cosi facevo, uno degli uomini si mosse e mi si mise vicino, in attesa di parlarmi di qualcosa… o cosi pensai poiche, con la coda dell’occhio, vidi un paio di pantaloni e di stivali.

Alzai lo sguardo, con la bocca aperta per chiedere: Si? Ma la domanda mi mori sulle labbra quando i miei occhi si fissarono su un uomo alto vestito di nero, con lunghi capelli d’argento e neri, e dei baffi; un uomo — no, un Vampiro — la cui pelle brillava del bianco immortale, madreperlaceo, caratteristico di quelle creature.

Vlad, pensai, fissando l’intruso, ma non dissi nulla: la sorpresa mi aveva tolto la voce. Il disappunto mi inondo come il mare piu amaro; cosi persino l’aiuto di Arminius non era servito a nulla. Se i suoi talismani non riuscivano nemmeno a scoraggiare il Vampiro nella sua tana, allora nessuno di noi era al sicuro, e la povera Madam Mina sola nel manicomio…

Ma, mentre lo fissavo, il mio sgomento comincio a scemare, poiche gli occhi non erano del verde scuro di quelli dell’Impalatore ma nocciola e dolci, e il suo naso non era cosi aguzzo, ne le labbra cosi crudeli. In effetti, il viso non mostrava ne malvagita ne dissoluta sensualita, ma gentilezza mescolata a gioia e a dolore.

«Mio Dio!», bisbigliai, inconsapevole di aver avuto l’intenzione di parlare; le parole sembravano uscire da me senza l’intervento del cervello, dei denti, della lingua o delle labbra. «Mio Dio…», ripetei.

Mi guardai intorno, e vidi gli altri occupati a darsi da fare, del tutto inconsapevoli dell’immortale che stava accanto a loro. Il Vampiro era invisibile, ma io non lo ero; quando si volto e mi fece cenno di seguirlo dietro a un angolo, obbedii, facendo del mio meglio per fare finta che mi fosse appena venuto in mente un nuovo posto dove cercare.

Una volta che fummo entrambi al riparo dalla vista degli altri, mi apri le sue braccia e ci abbracciammo.

«Brain, mi hai reso orgoglioso», bisbiglio nelle mie orecchie. «Molto orgoglioso…».

«Arkady», bisbigliai e mi allontanai per guardarlo meglio. «Papa… Come puo essere? Vent’anni fa ti lasciai cadavere nel Castello Dracula, con un palo che ti trapassava il cuore».

Si batte il petto ora intero e sorrise.

«Non lo capisco nemmeno io ma, in qualche modo, sono stato resuscitato… da chi, non lo so. Forse e stato possibile perche non sono stato decapitato». Il suo sorriso svani e mi guardo intensamente. «Ne parlerei ancora, ma abbiamo poco tempo prima che il sole sorga, Bram. E c’e qualcosa che deve essere trovato, e rapidamente, altrimenti Vlad diventera cosi potente che nessuno, nemmeno il Diavolo stesso, sara in grado di fermarlo».

«Si, lo so… il manoscritto».

Lui ne fu piuttosto sorpreso. «Chi te ne ha parlalo?», mi chiese.

«Arminius».

Un’ombra di sorriso apparve sul suo viso.

«Sono contento che ti aiuti lui ancora». E di nuovo, seriamente: «Vlad non ha ancora trovato la prima chiave: di questo ne sono sicuro. Se lo fara, acquistera ancora piu potere di quello che ha adesso. E qui, da qualche parte; io la cerco quando mi e possibile, ma non sono alla sua altezza di questi tempi. Probabilmente adesso arrivo a stento al tuo livello».

Sorrisi, mentre scuotevo la testa.

«Ora tornero ad essere invisibile e partecipero alla tua ricerca. Ma dobbiamo lavorare rapidamente, poiche non e rimasto molto tempo prima che lui ritorni». Quindi si allontano da me e comincio a scomparire… ma prima che la sua scomparsa fosse completa, si fermo, e con un’espressione malinconica chiese:

«Mary e ancora viva?».

Io non sono un uomo facile alle lacrime ma, di recente, ne ho versate molte. E, a quella domanda, i miei occhi si riempirono ancora.

«E al sicuro, ad Amsterdam».

Alla mia reazione, la sua espressione divenne di preoccupazione e di angoscia.

«Ma non sta bene?», chiese ancora.

«Sta morendo».

«Ah!», mormoro con un lamento, ritornando ad essere pienamente visibile, e si volto. «Se non fosse per

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