Joe entro nel parcheggio, spense il motore e si giro verso di me.
«Agosto?» domando, con un tono di voce piu acuto del solito, incapace di nascondere l’incredulita. «Vuoi sposarti ad agosto?»
«Mi e scappato di bocca! Tutta colpa di mia madre e della sua paura di morire.»
«In confronto alla tua, la mia sembra la famiglia Brady.»
«Stai scherzando? Tua nonna e pazza. Fa il malocchio.»
«E una cosa italiana.»
«E da pazzi.»
Un’auto arrivo nel parcheggio a tutta velocita, poi freno di colpo, la portiera si apri e il Luna rotolo fuori sul marciapiede. Io e Joe ci catapultammo fuori dalla macchina nello stesso momento. Quando gli fummo vicini, il Luna era gia riuscito a mettersi seduto. Si teneva la testa e gli gocciolava del sangue tra le dita.
«Ehi, piccola» disse il Luna «mi sa che mi hanno sparato. Stavo guardando la TV quando ho sentito un rumore sulla veranda, cosi sono andato a dare un’occhiata e ho visto una faccia spaventosa che mi guardava da dietro il vetro. Era una vecchia spaventosa con degli occhi spaventosi. Era buio, ma sono riuscito a vederla lo stesso, nonostante il vetro scuro. Poi mi sono accorto che aveva in mano una pistola e mi ha sparato. E ha anche rotto la finestra di Dougie. Dovrebbe esserci una legge che proibisce questo genere di cose, piccola.»
Il Luna abitava a due isolati dall’ospedale St. Francis, ma invece di fermarsi la era venuto a chiedere aiuto a me. Perche proprio a me? mi chiesi e poi realizzai che sembravo mia madre e mi diedi mentalmente una botta in testa.
Caricammo di nuovo il Luna nella sua macchina. Morelli lo porto in ospedale e io li seguii con il fuoristrada di Joe. Due ore dopo avevamo esplicato tutte le formalita dell’ospedale e della polizia e il Luna aveva un vistoso cerotto sulla fronte. Il proiettile l’aveva sfiorato vicino al sopracciglio e poi era rimbalzato sulla parete del soggiorno di Dougie.
Dall’interno del soggiorno di Dougie, analizzammo il buco nella finestra sul davanti.
«Avrei dovuto indossare il super costume» disse il Luna. «Li avrebbe confusi, piccola.»
Io e Morelli ci scambiammo un’occhiata. Confusi. Direi proprio di si.
«Pensi che sia al sicuro in questa casa?» chiesi a Joe.
«Difficile dire cosa sia sicuro per il Luna» rispose.
«Amen» fece il Luna. «La sicurezza viaggia su ali di farfalla.»
«Non so che accidenti significhi» disse Morelli.
«Significa che la sicurezza e fuggevole, amico.»
Joe mi prese da una parte. «Forse dovremmo portarlo in un centro di riabilitazione.»
«Guarda che ti ho sentito. E un’idea assurda. Quelli che stanno al centro di riabilitazione sono gente strana. Cioe, sono dei veri e propri depressi. Sono tutti un po’ drogati.»
«Be’, che diamine, non vogliamo di certo metterti insieme a un branco di drogati» disse Joe.
Il Luna annui. «Ben detto, cazzo.»
«Potrebbe stare da me per un paio di giorni» proposi. Mentre lo dicevo… mi stavo gia mordendo la lingua. Che accidenti mi succedeva, oggi? Era come se bocca e cervello fossero scollegati.
«
Joe non era certo contento quanto il Luna. Aveva dei progetti per la serata. C’era stato quel commento a tavola a casa dei miei a proposito della notte di sesso sfrenato che gli dovevo. Forse aveva scherzato. O forse no. E difficile capire gli uomini. Forse era meglio rimanere con il Luna.
Alzai le spalle a Morelli come per dire:
«Okay» disse Joe «chiudiamo e andiamocene di qui. Tu prendi il Luna e io prendo Bob.»
Io e il Luna eravamo davanti alla porta del mio appartamento. Il Luna aveva una piccola sacca di tela dove immaginavo tenesse un cambio e una gamma completa di stupefacenti.
«Okay» dissi «le cose stanno cosi. Puoi stare quanto vuoi, ma niente droghe in casa mia.» «Piccola» fece il Luna. «C’e della droga in quella borsa?» «Ehi, che faccia ho?» «La faccia di uno che si fa.» «Si, va bene, ma e perche mi conosci.» «Svuota la borsa per terra.»
Il Luna mise il contenuto della borsa per terra. Infilai di nuovo i vestiti nella sacca e confiscai tutto il resto. Pipe e cartine e un assortimento di sostanze controllate. Entrammo in casa, buttai nello scarico del bagno il contenuto delle buste di plastilene e l’attrezzatura varia nella spazzatura.
«Finche stai qui niente droghe» dissi.
«Ehi, grandioso» fece il Luna. «Il Luna non ha veramente bisogno di farsi. Il Luna e un consumatore a scopo ricreativo.»
Ma va’.
Gli diedi un cuscino e un piumone e me ne andai a letto. Alle quattro fui svegliata dal suono della televisione a tutto volume nel soggiorno. Mi trascinai fuori dalla mia camera in T-shirt e pantaloncini di cotone e guardai il Luna di traverso.
«Che succede? Non dormi?»
«Di solito dormo come un sasso. Non so cosa mi succede. Forse e tutto un po’ troppo. Sono scoppiato, piccola. Capisci cosa voglio dire? Teso.»
«Gia. Mi sa tanto che ti ci vuole una canna.»
«E terapeutica, piccola. In California l’erba si compra con la prescrizione medica.»
«Scordatelo.» Tomai in camera, chiusi la porta a chiave e mi misi il cuscino sopra la testa.
Quando cominciai a stiracchiarmi di nuovo erano ormai le sette, il Luna dormiva sul pavimento e in TV c’erano i cartoni animati del sabato mattina. Accesi la macchinetta del caffe, diedi a Rex un po’ d’acqua e qualcosa da mangiare e infilai una fetta di pane nel tostapane nuovo di zecca. Il profumo del caffe appena fatto fece svegliare il Luna.
«Ehila» disse «che cosa c’e per colazione?»
«Caffe e pane tostato.»
«Tua nonna mi avrebbe preparato le frittelle.»
«Mia nonna non c’e.»
«Stai cercando di fare la dura con me, piccola. Probabilmente ti sei sbafata delle ciambelle mentre a me tocca un misero toast. Ho anch’io i miei diritti.» Non stava urlando, ma non parlava neanche sottovoce. «Sono un essere umano e ho i miei diritti.»
«Di che diritti parli? Il diritto di avere delle frittelle? Il diritto di avere delle ciambelle?»
«Non mi ricordo.»
Oh cavolo.
Crollo a sedere sul divano. «Questo appartamento e deprimente. Mi rende nervoso. Come fai a vivere qui dentro?»
«Lo vuoi questo caffe, o no?»
«Si, voglio il caffe e lo voglio subito.» Il tono della voce si era un tantino alzato ora. Stava proprio urlando. «Non penserai mica che io rimanga qui ad aspettare il caffe in eterno!»
Sbattei una tazza sul piano della cucina, ci versai un po’ di caffe e la spinsi verso il Luna. Poi telefonai a Joe.
«Mi serve della roba» dissi a Morelli. «Devi trovarmi della roba.»
«Che genere di roba?»
«Marijuana. Ho buttato nel gabinetto tutte le droghe del Luna ieri sera, e adesso non lo sopporto piu. Si comporta come se fosse in piena sindrome premestruale.»
«Credevo che volessi disintossicarlo.»
«Non ne vale la pena. Lo preferisco quando e fatto.»
«Rimani li» disse Morelli. E riaggancio.
«Questo caffe e finto, piccola» si lagno il Luna. «Voglio un cappuccino.»
«Bene! Andiamo a prendere questo maledetto cappuccino.» Presi la borsa e le chiavi e spinsi il Luna fuori dalla porta.