vedova fredda e asciutta.

Ramirez lo segui nello studio di Jimenez.

«E stata lei», domando, lasciandosi cadere sulla sedia con lo schienale rigido, «o l'ha fatto fare a qualcun altro, Inspector Jefe?»

Falcon rigiro la penna tra le dita.

«Notizie da Perez all'ospedale?» domando.

«La domestica e ancora in stato confusionale.»

«E le registrazioni delle telecamere?»

«Quattro persone non identificate dal portiere. Due individui maschi. Due femmine. Una delle donne mi sembra la puttana, ma ha un'aria molto giovane. Fernandez ha portato tutto alla centrale per fare qualche stampa da mostrare in giro nel condominio.»

«E le altre uscite del palazzo? Il garage, per esempio.»

«In quel punto le telecamere non funzionano. Il portiere ha chiamato i tecnici stamani, ma non sono ancora arrivati. Semana Santa, Inspector Jefe.»

Falcon gli forni i nomi e gli indirizzi degli impiegati licenziati raccomandando che fossero interrogati al piu presto e Ramirez usci. Falcon prese la fotografia della prima moglie di Raul Jimenez, Gumersinda Bautista, chiamo la Jefatura e chiese di effettuare una ricerca su Jose Manuel Jimenez Bautista, nato a Tangeri alla fine degli anni '40, inizio anni '50.

Si appoggio allo schienale sfogliando le altre foto con i loro volti senza nome, finche ne trovo una di Raul Jimenez sul ponte di uno yacht. A malapena riconoscibile. Nessun indizio premonitore che lasciasse immaginare l'aspetto da rospo che avrebbe assunto in seguito: appariva bello e sicuro di se, nell'atteggiamento di chi e cosciente di esserlo, le mani sui fianchi, le spalle erette, il petto in fuori. Falcon fece scorrere il pollice su quel torace, pensando che vi fosse una macchiolina sulla foto. La macchiolina non scomparve e, osservando meglio, Falcon si accorse che si trattava di una specie di ferita al muscolo pettorale destro, vicino all'ascella. Giro la foto: «Tangeri, luglio 1953», era scritto sul retro.

Suono il cellulare. Il computer della polizia aveva trovato un indirizzo e un numero di telefono di Madrid per Jose Manuel Jimenez. Annoto tutto e chiese di Serrano e di Baena, altri due membri della sua squadra. Erano fuori per la Semana Santa. Ordino che lo raggiungessero nell'appartamento di Jimenez.

Invece di ricontrollare i suoi appunti e programmare il successivo assalto alle raffinate difese di Dona Consuelo Jimenez, la quale, inutile negarlo, rimaneva la sua principale indagata, si scopri a protendere la mano verso le vecchie istantanee. Vi erano alcune foto di gruppo, anche queste scattate a Tangeri, nel 1954 secondo le date sul retro. Esamino i volti, convinto di essere ancora alla ricerca dell'immagine di suo padre, finche non si rese conto che si stava concentrando maggiormente sulle donne e si domando se sua madre, morta sette anni dopo che quelle foto erano state scattate, potesse figurare tra quegli sconosciuti. Era affascinato dalla prospettiva di trovare una fotografia di lei, in compagnia di persone delle quali non aveva mai sentito parlare, in un periodo in cui non era ancora nato. Alcune facce erano troppo piccole e sgranate, cosi decise di portarsi le foto a casa per esaminarle con la lente d'ingrandimento.

Sfilo una sigaretta dal pacchetto di Celtas e l'annuso. Non fumava da quindici anni. Aveva smesso quando ne aveva trenta, lo stesso giorno in cui aveva troncato la sua relazione con Isabel Alamo, una relazione durata cinque anni. Le aveva spezzato il cuore, anche perche lei si era illusa che quel loro incontro si sarebbe concluso con una proposta di matrimonio. Il ricordo lo disturbo al punto da spingerlo a spezzare il filtro, prendere l'accendino e accendere la sigaretta. Un gusto orribile anche senza aspirare il fumo: Falcon la poso sul portacenere. Lascio vagare i pensieri a un altro ricordo di Tangeri, il Capodanno del 1963. Era in piedi accanto alle scale, in pigiama; era piccolo, arrivava a malapena alla vita degli ospiti che stavano uscendo per recarsi al porto a vedere i fuochi d'artificio. Mercedes, la sua matrigna, la seconda moglie del padre, lo aveva preso in braccio per riportarlo a letto. Aveva quell'odore nei capelli, Celtas, qualcuno degli ospiti doveva aver fumato quella marca di sigarette. A Tangeri gli spagnoli erano ancora numerosi in quei giorni, anche se i bei tempi erano passati da un pezzo. Mercedes lo aveva messo a letto, lo aveva baciato, se l'era stretto con forza al petto. Falcon lascio il ricordo a quel punto. Normalmente pensava a Mercedes soltanto quando gli capitava di avvertire il profumo Chanel N° 5, il suo preferito.

Un colpo bussato alla porta lo riporto al presente. Serrano e Baena erano in piedi nel corridoio.

«Avete fatto presto», disse Falcon.

I due uomini entrarono con una certa esitazione, a disagio, pensando che il commento avesse una sfumatura ironica, di rimprovero. Avevano impiegato quaranta minuti per arrivare.

«Traffico», disse Baena, per risolvere il problema in entrambi i casi.

Falcon rimase sconcertato nel vedere la sigaretta ridotta in cenere davanti a lui. Un'occhiata all'orologio lo lascio stupefatto: erano le undici e non aveva ancora concluso niente. Scorse le sue annotazioni per controllare l'ora in cui, secondo Ramirez, gli uomini dei traslochi si erano allontanati per la colazione e ordino a Serrano e a Baena di cercare nel vicinato un testimone che avesse visto una persona, probabilmente in tuta, salire sui binari dell'autoscala fino al sesto piano dell'Edificio Presidente.

Il Subinspector Perez telefono per dire che la domestica, Dolores Oliva, aveva finalmente ripreso conoscenza. Non c'era stato verso di farla parlare finche non aveva avuto un rosario in mano e per tutto il tempo del colloquio non aveva fatto altro che stringere un portachiavi con l'immagine della Virgen del Rocio. Era convinta di essere venuta in contatto con il male assoluto, entrato non si sa come nella casa. Falcon tamburello con le dita sulla scrivania. Era sempre cosi con Perez. L'accademia e undici anni sul campo non lo avevano guarito dalla necessita di trasformare un rapporto in una storia da raccontare. Gli occorsero otto minuti per riferire che Dolores Oliva aveva aperto la porta con cinque giri di chiave.

Falcon interruppe Perez e gli disse di venire a Los Remedios prima possibile per controllare gli appartamenti del condominio, mostrando le immagini stampate delle persone non identificate riprese dalle telecamere. Occorreva anche dare un nome alla prostituta e trovarla. Riattacco e vide che il Medico Forense gli aveva inoltrato un messaggio per informarlo che l'autopsia era stata completata e il rapporto scritto era quasi pronto. Riflette per un attimo se fosse il caso di lasciare che Consuelo Jimenez vedesse il cadavere in tutto il suo orrore, poi decise che sarebbe stato meglio mantenere l'asportazione delle palpebre un fatto riservato. Richiamo il Medico Forense e gli chiese di rendere il cadavere pulito e presentabile.

Si avvio per andare a prendere Consuelo Jimenez a casa della sorella a San Bernardo e mentre scendeva per dirigersi alla sua auto chiamo Fernandez e gli disse di mettersi in contatto con Perez per controllare insieme gli appartamenti.

Dopo la penombra della casa la luce sulla strada sembrava accecante e l'aria quasi calda. Era sempre cosi per la Semana Santa e la Feria, un periodo tra i piu incerti dell'anno, ne caldo, ne freddo, ne asciutto, ne umido. Ne religioso, ne laico. Sali in macchina e getto il fascio di fotografie sul sedile, in cima quella di Gumersinda, la prima moglie di Raul. Era un vero e proprio ritratto in cui la donna fissava intensamente l'obiettivo, ma furono le parole di Consuelo Jimenez a tornargli alla mente: «Non e assolutamente riuscito ad amarmi».

Due pensieri bizzarri si scontrarono nella sua mente, pompandogli adrenalina nell'organismo, tanto che mise in moto e usci dal parcheggio senza badare a cio che faceva. Uno stridere di pneumatici. Un grido soffocato di «Cabron!»

Esegui l'inversione e attraverso il fiume sul puente del Generalisimo. I binari dello scalo ferroviario scorrevano sotto di lui e le gru formavano una guardia d'onore fino al massiccio puente del V Centenario che si ergeva al di sopra della foschia urbana. I suoi pensieri si sbrigliarono mentre si dirigeva a nord-est al di la del parque de Maria Luisa e provo un desiderio disperato della sigaretta che aveva lasciato a consumarsi nello studio di Raul Jimenez. Erano state le parole di sua moglie, Ines, a tornargli alla mente, Ines che lui non era riuscito ad amare. Come Raul. «Tu non hai cuore, Javier Falcon», e le parole si mescolavano all'immagine di Gumersinda, una donna di un'altra epoca, che aveva suscitato il ricordo di sua madre, Pilar, e della sua matrigna, Mercedes. Ines, Pilar, Mercedes, tre donne immensamente importanti per lui, verso le quali sentiva ora di avere, in certo modo, fallito.

Un'idea cosi nuova e strana che gli fece desiderare spasmodicamente di gettarsi come un pazzo nel lavoro e dimenticare.

Al semaforo si fermo tamburellando sul volante, borbottando: «Questa e follia», perche non era possibile che gli stesse accadendo una cosa del genere, lui non aveva mai pensieri incontrollati, inesplicabili, non era per natura portato a sognare a occhi aperti. Era sempre stato calmo e metodico, caratteristiche che ora non gli

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