Dato che l'attivita di R., di cui sono socio, e una delle piu conosciute nella comunita spagnola di Tangeri, ben presto la signora mi mangia nel palmo della mano come se fosse ricolmo di miglio. Io al contrario non sono conosciuto, perche mi tengo lontano dalla loro noiosa societa. Se la signora si avventurasse tra le chabolas alla periferia della citta scapperebbero via tutti alla menzione del nome di El Marroqui, ma la madre di P. vive tra la sua casa e la cattedrale spagnola, percio sono al sicuro e d'altronde non me la vedo nel bar ha Mar Chica.

Chiede di vedere i miei lavori e io rifiuto educatamente, ma finisco per cedere. P. e ipnotizzata dalle forme e dai motivi monocromi, mentre sua madre gira per lo studio alla ricerca di qualcosa di piu comprensibile. Si accontenta del disegno di un tuareg, che perlomeno ha un po' di colore. Lo firmo e glielo offro, dicendole che vorrei fare un ritratto di sua figlia. Ne parlera con il marito, dice.

Se ne vanno e qualche minuto dopo si sente bussare con forza alla porta. E il ragazzo che e venuto l'altro giorno con C, Ahmed. Sta mangiando una pesca e il succo gli gocciola sul mento e gli sporca le guance. Si lecca le labbra. Un approccio poco sottile, ma efficace. Lo faccio entrare e lo seguo tremante attraverso l'interminabile serie di stanze e di passaggi. Si rende conto dell'urgenza e corre, i piedi nudi sollevano l'orlo della veste. Entrando nella camera da letto vedo il suo corpo caramellato gia disteso sotto la zanzariera. Cado su di lui come un edificio demolito. Dopo gli do qualche peseta e lui va via contento.

2 agosto 1946, Tangeri

Si e stabilito un rapporto di fiducia tra me e il dottore e P. ha il permesso di venire da sola a casa mia per posare. Viene nel pomeriggio quando l'ambulatorio e chiuso e puo fermarsi soltanto un'ora. Fa molto caldo e devo lavorare in una delle stanze affacciate sul patio per via della luce. Io disegno, lei sta seduta su una sedia di legno. Le sto vicino, ma non batte ciglio. Non parliamo finche non le guardo le mani, abbandonate in grembo, piccole, dalle dita lunghe, delicati strumenti di piacere.

Io: Chi le ha insegnato a fare i massaggi?

P.: Perche crede che mi abbia insegnato qualcuno?

Io: Mi e parso che l'esperienza delle sue mani fosse frutto di un insegnamento, non il risultato di tentativi e di errori.

P.: Chi le ha insegnato a dipingere?

Io: Sono stato aiutato nel modo di guardare le cose.

P.: Ho imparato da una zingara a Granada.

Io: E da li che viene?

P.: In origine, si. Mio padre ha esercitato a Melilla per qualche anno prima di venire qui.

Io: E suo padre le permetteva di frequentare gli zingari?

P.: Sono molto libera, anche se i miei genitori forse vogliono farle credere il contrario.

Io: Puo girare da sola?

P.: Faccio quello che mi pare. Ho ventitre anni.

Arriva il ragazzo con il te alla menta. Ricadiamo nel silenzio. Disegno le sue mani e poi beviamo il te.

P.: Nei disegni lei e figurativo, ma nei quadri e astratto.

Io: Insegno a me stesso a vedere con i disegni e interpreto con la pittura.

P.: Oggi che cosa ha visto?

Io: Ho guardato la struttura.

P.: Sono ben costruita?

Io: Con delicatezza e forza.

P.: Sa perche lei mi piace?

La domanda mi ammutolisce.

P.: Lei ha forza e personalita, ma e anche vulnerabile.

Io: Vulnerabile io?

P.: Ha sofferto, ma in lei esiste ancora il bambino che e stato.

Questo scambio intimo sigilla qualcosa tra noi. Mi ha detto cose che non ha confidato ai suoi e ha visto in me cose che riconosco come vere. Ma sbaglia. Io sono cosi… ma non ho personalita… non ancora.

10 agosto 1946, Tangeri

Non riesco a muovermi dal mal di schiena. Sento un bozzo a lato della colonna vertebrale. P. arriva per la posa e si rende conto del problema. Esce e ritorna con la sua cassetta di unguenti. La camera da letto e zona proibita, percio mi sdraio sul pavimento dello studio. Lei prova a massaggiarmi stando seduta accanto a me e non riesce. Mi dice di chiudere gli occhi. Sento che si sfila la gonna, poi si abbassa e si mette in ginocchio a cavalcioni su di me. Solo le gambe nude sfiorano la parte esterna delle mie. Sento il suo calore sopra di me. Lavora sul gonfiore nella schiena con la punta delle dita mentre io metto radici nel suolo.

Ha finito. Ogni parte del mio corpo e stata reclamata dal pavimento. Si rimette la gonna e mi dice di alzarmi. Restiamo in piedi l'uno di fronte all'altra. Fisicamente sono sotto controllo, ma ho la mente in subbuglio. Mi dice di camminare. Lo faccio e non sento nessun dolore, a parte un certo indolenzimento dei testicoli. Mi dice di continuare a camminare, l'attivita e il segreto di una schiena forte. Non devo stare seduto a disegnare o a dipingere. Se ne va. Io fumo hashish finche non mi sento liquido, come verde olio di oliva che scorra da una stanza all'altra.

Piu tardi viene Ahmed con un amico. E malizioso quel ragazzo. Mi domando se C. non lo stia manovrando in una specie di suo esperimento artistico. Mentre P. e io siamo tanto contegnosi fisicamente, questi ragazzi sono completamente disinibiti. Fumo e loro due si danno da fare davanti a me, i muscolosi corpi adolescenti annodati come corde. Rivolgono l'attenzione su di me. Il risultato e esplosivo e i due ridono e scherzano come bambini intorno a una fontana. Prima di andarsene Ahmed mi mette un dattero drogato tra i denti. Io rimango li sdraiato con quella dolcezza sognante che mi cola dentro, pieno e satollo come un pascia insonnolito.

11 agosto 1946, Tangeri

Mi e stato riferito che due miei legionari si sono battuti per questioni di gelosia in una camera d'albergo della citta; una zuffa lunga e cruenta, il pavimento della stanza era scivoloso come quello di un mattatoio. Uno dei legionari e morto, la donna e ferita malamente e l'altro legionario e in galera. Chiedo al capo della polizia di lasciarmi vedere l'amante, pensando che questo possa trasformarsi in un incidente internazionale, se la donna dovesse morire. Mi dice di non preoccuparmi, perche non e una donna, ma un ragazzo del Rif. Si stringe nelle spalle, allarga le braccia… es la vida.

Gli allungo qualcosa e il legionario e rilasciato a condizione che se ne vada immediatamente dalla Zona Internazionale. Lo porto a Tetuan e gli fornisco un po' di soldi. Durante il viaggio mi dice di essere stato con la Division Azul in Russia e di essere rimasto con la Legion Espanola de Voluntarios. Poi, dopo lo scioglimento della Legion, si era unito alle SS ed era con il famigerato capitano Miguel Ezguera Sanchez quando i russi erano entrati a Berlino. Mi mostra una manciata della moneta corrente a quel tempo; pillole di cianuro. Me ne ha date due come strano souvenir e in quanto «novio de la muerte», bizzarro modo di ringraziarmi.

1o settembre 1946, Tangeri

R. ha ottenuto un prestito e ha comprato altri due battelli. Sono stato di nuovo a Ceuta a reclutare altri legionari. Li addestriamo a portare le barche. Li paghiamo bene e loro sono contenti del lavoro. Hanno armi da maneggiare e la possibilita dell'avventura, anche se, a causa della nostra reputazione, nessuno si azzarda ad avvicinarsi. I pirati si accontentano dei pesci piccoli. La mia importanza nella societa adesso e primaria, perche la fiducia e merce rara e, grazie alla grande solidarieta tra legionari, possiamo fidarci di loro. Non ci deruberanno. Questo libera R. e me dal compito gravoso di condurre le navi. R. sta investendo in proprieta immobiliari, costruiamo palazzi e io devo occuparmi della sicurezza dei cantieri. R. si muove sui mercati dell'oro e della valuta grazie al costante flusso di denaro che arriva dalle operazioni di contrabbando. Io non capisco nulla di

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