fatto l'amore ogni pomeriggio. M. e a Parigi con il marito e da me viene soltanto qualche ragazzo che devo pagare perche se ne vada. Sono incuriosito dall'improvviso ardore di mia moglie, poi mi rendo conto che in assenza di M. sono stato piu presente a casa e mi sono riabilitato con la mia famiglia.

Quando P. se ne va, io rimango sotto la zanzariera annodata in alto e la garza oscillante mi fa pensare al parto, alla rottura delle acque; mi domando se io non sia stato indotto a diventare padre un'altra volta.

11 luglio 1955, Tangeri

Come tutto converge! Oggi compio quarant'anni e P. mi dice che aspetta un bambino. R. ha depositato altri 25.000 dollari sul mio conto e la societa e stata ufficialmente sciolta. Il marito di M. ha chiesto il divorzio e si dice disposto a sborsare una grossa somma per averlo (il motivo e una ragazza texana di ventidue anni). Ho lasciato l'astratto e sono tornato al figurativo, forse sono stato ispirato da De Kooning, che dagli schemi caotici e affollati di «Esecuzione» ha virato in direzione di «Donna», piu o meno. O no? Forse sto soltanto inseguendo il sogno di C.B. e mio. Ho lavorato finche c'e stata luce. Sto andando a casa per cenare con la mia famiglia. Tutto cio che sento e totale disperazione.

1o novembre 1955, Tangeri

Il mese scorso il sultano Mohammed V e stato richiamato dall'esilio in Madagascar dove i francesi lo avevano mandato tre anni fa. Il suo arrivo e previsto entro questo mese. E il principio della fine, anche se nessuno se ne accorgerebbe, vedendo gli espatriati qui a Tangeri che si trastullano mentre Roma brucia; ma che cosa importa a loro? Io ardo per M. che e via da mesi per sistemare la faccenda del divorzio. Saremo tutti consumati dalle fiamme.

12 gennaio 1936, Tangeri

Un altro figlio, che ho deciso di chiamare Javier, un nome che mi e sempre piaciuto e che non ha niente a che vedere con la famiglia. Per la prima volta guardo uno dei miei bambini e provo non tanto uno slancio di amore paterno, quanto un folle sentimento di speranza.

28 giugno 1956, Tangeri

Sono sdraiato sotto la mia zanzariera con Javier sul petto; ha le gambe piegate come quelle di un ranocchio, gli alluci premuti sulla mia pancia. Con una mano gli copro tutta la schiena. Dorme e ogni tanto, senza accorgersene, mi pigia il petto, casomai vi si trovasse un po' di latte. Quanto presto entra la delusione nella nostra vita!

Mentre lavoro e disteso su una coperta e io gli parlo della pittura, delle idee, delle influenze. Lentamente lui unisce mani e piedi come se volesse prendermi in giro con un applauso silenzioso e distratto. Lo guardo e in me si apre una piccola fessura. Il suo corpicino morbido, minuscolo, i suoi grandi occhi scuri, la testa lanuginosa, tutto si unisce e, come se mi fosse scivolato tra le costole, un bisturi si insinua nella fessura e mi spalanca.

XXVII

Domenica 22 aprile 2001, casa di Falcon, calle Bailen, Siviglia

Arrivo per prima, alle undici, la nipote di Encarnacion, Juanita. Falcon era ancora intontito da un sonno pesante indotto dalle pillole; l'ultima, presa alle quattro del mattino, lo aveva praticamente sepolto nel cemento.

Dopo la doccia indosso un paio di pantaloni grigi, cosi larghi in vita che dovette cercare una cintura. Anche la giacca non gli cingeva piu bene le spalle. Stava perdendo peso: nello specchio le guance apparivano incavate, gli occhi infossati nelle orbite e cerchiati di scuro. Si stava trasformando nell'immagine che da sempre aveva dei pazzi.

Le scarpe da ginnastica nere di Juanita scricchiolavano sul pavimento della cucina e un fiume di capelli scuri si agitava lungo la sua schiena ogni volta che la ragazza scuoteva la testa. Falcon controllo che il frigorifero fosse ben rifornito di fino e di manzanilla e scese in cantina per prendere il vino rosso da servire con l'agnello arrosto.

La cantina si trovava sul retro della casa, sotto lo studio; era un locale buio che aveva usato anche come camera oscura, ma nel quale non era piu entrato da quando Ines se ne era andata. I suoi attrezzi per lo sviluppo delle foto erano ancora la in un angolo, il filo di nylon era ancora teso attraverso la stanza, con le mollette per appendere le stampe ad asciugare. Senti all'improvviso la mancanza di quell'emozione che provava sempre davanti all'immagine che si andava formando sul foglio bianco immerso nel liquido, al volto che gli veniva incontro. Era quello dunque il segreto chiuso nella sua testa? Immagini che dovevano essere sviluppate, perche i ricordi latenti riprendessero forma e sfondassero il muro della consapevolezza, risolvendo il suo tormento?

La rastrelliera di metallo per le bottiglie di vino era divisa tra vini francesi e spagnoli. Falcon non toccava mai quelli francesi, bottiglie costose comprate da suo padre; ma quel giorno si sentiva in vena di festeggiare. Gli ultimi paragrafi dei diari che aveva letto la notte precedente lo avevano spinto alle lacrime, prima che il sonno giungesse, e sentiva di voler brindare alla generosita del suo defunto genitore. L'intimita che era esistita tra loro aveva trovato una conferma e Javier era disposto a perdonargli la depravazione e l'infedelta. Scelse qualche bottiglia di Chateau Duhart-Milon, di Chateau Giscours, di Montrachet, di Pommard, di Clos-des-Ursules e comincio a portarle in sala da pranzo, disponendole sul piano della credenza. Risalendo per la seconda volta dalla cantina, in una nicchia sopra la porta, vide un'urna che non aveva mai notato.

Non era piu alta di quindici centimetri, troppo piccola per contenere resti umani. Poso le bottiglie, depose l'urna sul tavolo di sviluppo e accese la lampada che lo illuminava. Il tappo era un semplice cono di argilla sigillato con la cera; nessun segno particolare sull'urna di terracotta non smaltata. Falcon ruppe il sigillo e tolse il tappo. Verso una parte del contenuto sul tavolo. Era una sostanza gialliccia e granulosa, con qualche pezzetto piu grosso e tagliente. La smosse con il dito: alcuni frammenti erano scuri e all'improvviso quei sedimenti gli apparvero macabri, simili a ossa frantumate. Lascio tutto sul tavolo, colto da un improvviso moto di repulsione.

Paco e la sua famiglia furono i primi ad arrivare e mentre le donne salivano al piano superiore e i bambini scorrazzavano nella galleria, Paco porto in casa un jamon intero proveniente da Jabugo, nella Sierra de Aracena. Trovarono il sostegno apposito nella credenza e, bloccato il prosciutto, Paco affilo il lungo coltello e comincio a tagliare fette sottili come fogli di carta del jamon dolce, rosso scuro, mentre Javier versava il fino nei bicchieri.

Juanita dispose sul tavolo apparecchiato nel patio ciotole di olive e altri pinchos ai quali Paco aggiunse un piatto da portata di prosciutto affettato. All'arrivo di Manuela con la sua compagnia, tutti quanti si riunirono nel patio, bevendo fino e gridando ai bambini di smetterla di correre come pazzi. L'unico adulto che non disse a Javier quanto l'avesse trovato dimagrito fu la sorella di Alejandro, lei stessa poco piu in carne di una mantide religiosa.

Paco era soddisfattissimo e parlo dei suoi tori, tutti consegnati in perfette condizioni per la corrida del giorno seguente. Il segno dell'incornata era ancora visibile su Biensolo, ma il retinto era molto robusto. L'unico avvertimento che diede a Javier fu che la punta delle corna era rivoltata in su in modo insolito e lo spazio tra di esse molto stretto: ucciderlo sarebbe stato difficile, anche se il toro avesse tenuto la testa molto bassa.

Alle quattro del pomeriggio erano seduti a tavola davanti all'agnello arrosto. Manuela noto subito la qualita del vino e domando quante altre bottiglie stesse nascondendo il «fratellino». Per distrarre la sua attenzione Javier le parlo dell'urna. La sorella gli chiese di vederla e, quando il pasto fu arrivato alla fine e Paco si fu acceso il suo primo Montecristo, Javier ando a prenderla in cantina. Manuela la riconobbe subito.

«Che strano», disse, «non so come papa abbia perduto i gioielli della mamma e sia riuscito a far arrivare sana e salva questa da Tangeri.»

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