«Lo faccia, e io verro a trovarla all’ufficio del coroner, dovessi trovarmi a Boston.»
«Mi farebbe piacere.»
«E, Nikki, se quei vetrini di cui mi ha parlato dovessero rivelare qualcosa, per favore, me lo faccia sapere.»
Nikki prese il violino e lo strofino delicatamente con un panno.
«Lo faro, Bill», disse, prendendo posto tra i musicisti che stavano facendo una pausa tra un pezzo e l’altro. «Dato che non ha espresso alcuna richiesta, scegliero io. Abbiamo suonato alcuni brani di Alison Krauss. Era l’idolo di Kathy. E anche il mio.»
L’intelligente e solenne medico legale che non aveva avuto occasione di conoscere se ne era andato, ma pochi altri l’avevano fatto. C’erano persone raccolte attorno al tavolo del buffet e altre sparse sulla pista da ballo, sottobraccio, in attesa della melodia successiva. Kathy avrebbe approvato e con ogni probabilita avrebbe insistito per aggiungere un barilotto di Budweiser alla celebrazione della sua vita.
Nikki chiuse gli occhi e lascio che ka musica le riempisse la mente e il corpo. Poche ore prima era una sconosciuta a Belinda. Ora, grazie a Kathy e al potere del bluegrass, si sentiva legata alla citta e ai boschi e alle montagne e ai fiumi in un modo che sarebbe durato finche fosse vissuta.
Erano quasi le tre e mezzo del pomeriggio. Nikki diede una mano a trasferire le cose di Kathy nel furgone Dodge Ram dei Wilson. Quando tutto fu sistemato, infilo la mano nel bagagliaio della Saturn e tiro fuori l’astuccio che conteneva lo splendido mandolino di Kathy.
«Ecco», disse, porgendolo a Sam. «Il capo della polizia Grimes mi ha detto che e stato lei a insegnare a Kathy a suonare.»
«Solo per un paio di settimane», replico il padre, estraendo lo strumento e cullandolo nelle sue enormi mani, un’espressione nostalgica sul viso. «Dopodiche ha iniziato lei a insegnare a me.»
Fece scorrere il pollice sulle corde che Nikki aveva accordato prima di caricare lo strumento nel bagagliaio. Prese poi uno dei plettri dall’astuccio e suono un breve riff di notevole chiarezza e con qualche difficolta tecnica.
«E fantastico», esclamo Nikki. «Adesso capisco perche Kathy era tanto brava. L’aveva nel sangue.»
«Voglio che lo tenga lei», disse Sam, mentre rimetteva lo strumento nell’astuccio e lo ridava a Nikki.
«Ma io…»
Da dietro le spalle di Sam, Kit la interruppe bruscamente scuotendo la testa.
«Sam soffre di artrite», spiego la moglie. «Saremmo entrambi felici sapendo che lo strumento di Kathy e con lei.»
Non vi era nulla nelle espressioni dei genitori di Kathy che incoraggiasse la discussione.
«Potrei tornare per farmi dare da lei qualche lezione», disse.
«Ne saremmo felicissimi», riusci a dire lui, gli occhi umidi.
Nikki pose lo strumento sul sedile del passeggero, abbraccio i Wilson, quindi percorse il viale della chiesa e imbocco la strada che portava a nord. Appena fuori Belinda, si fermo e fisso a lungo, attraverso il lunotto posteriore, la via principale. Era veramente una bella citta, gente cortese, seria; una campagna stupenda; e un ritmo incantevole di vita. S’addoloro al pensiero che non avrebbe mai conosciuto quel posto con la sua amica.
Svolto a nord, ripercorrendo la stretta strada a due corsie che l’avrebbe portata alla Statale 29. La strada, che serpeggiava attraverso il fitto bosco, era deserta, proprio come lo era stata al mattino entrando in citta. Nikki s’infilo un berretto blu dei Red Sox per tenere a posto i capelli e apri il tettuccio e il finestrino. La luce del sole filtrava attraverso le cime degli alberi, screziando la pavimentazione stradale. Dietro una secca curva vide una macchina ferma sulla stretta banchina. Un uomo che indossava jeans e una T-shirt gialla era a faccia in giu sulla strada. Un altro, di costituzione robusta che indossava un abito scuro, era inginocchiato accanto a lui. Da una immediata valutazione della scena, Nikki immagino che l’uomo avesse investito un pedone. Mentre si avvicinava, il presunto investitore alzo lo sguardo, quindi si drizzo e comincio a farle cenni con la mano. Nikki si fermo, esaminando il terreno attorno alla vittima alla ricerca di sangue.
L’uomo, sulla trentina e chiaramente sconvolto, corse al finestrino.
«Io… non l’ho visto. Ho svoltato l’angolo ed era li. Ha un telefono cellulare?»
«Respira?»
«Io… credo di si.»
Nikki scese dall’auto e si affretto verso l’uomo immobile, prevedendo il peggio. Niente sangue, nessuna ferita. C’era un leggero saliscendi del petto, stava decisamente respirando. Non aveva alcuna intenzione di farlo rotolare sul fianco senza avergli prima immobilizzato il collo. S’inginocchio accanto a lui, gli scruto la faccia e allungo la mano per controllargli il polso. In quell’attimo, lui si giro sul fianco e, nello stesso momento, l’altro, in piedi dietro di lei, l’afferro violentemente per i capelli e le chiuse naso e bocca con una pezza. Una pezza imbevuta di una sostanza che conosceva anche troppo bene: cloroformio.
«Ciao, ciao, dottore», la scherni l’uomo.
13
Durante l’anno di internato in chirurgia, prima di passare a patologia, Nikki si era guadagnata il soprannome di «Cubetto», di ghiaccio naturalmente, grazie alla sua assoluta freddezza e padronanza di se anche di fronte alle emergenze mediche piu terribili. Non aveva mai potuto spiegare interamente quella che sembrava una caratteristica innata, ma una volta controllo le sue pulsazioni dopo avere salvato un paziente eseguendo una tracheotomia d’urgenza. Cinquantotto.
«Penso di essere semplicemente una persona molto logica», era stata la spiegazione che aveva dato una volta a un amico medico. «E anche molto positiva. Una volta avviata una situazione, critica o no, mi concentro su cio che devo fare e quasi mai su cio che succederebbe se fallissi.»
La zaffata di cloroformio diede a Nikki tre secondi prima che l’uomo impeccabilmente vestito le incollasse la pezza sulla bocca. Come con le urgenze in ospedale, le sue reazioni in quei tre secondi parvero automatiche, mentre di fatto erano il prodotto di un certo numero di rapidissime osservazioni e deduzioni.
Per tre volte Nikki aveva seguito dei corsi di autodifesa per donne, e per tre volte li aveva abbandonati frustrata, imbarazzata e un po’ spaventata da quanto avesse gia dimenticato. C’erano, tuttavia, tre regole ricorrenti che i corsi avevano permanentemente impresso nella sua mente: fate qualcosa alla svelta; mirate ai testicoli, al naso o alle ginocchia; e, il piu presto possibile, datevela a gambe. Ancora inginocchiata, la schiena rivolta al massiccio aggressore, Nikki alzo il pugno davanti agli occhi e colpi con il gomito nell’inguine dell’uomo con tutta la forza che riusci a radunare. Dai polmoni dell’uomo vi fu un’esplosione di aria. Grugni, la lascio andare, barcollo all’indietro, quindi cadde sul sedere come un sacco di grano gettato da un camion. Lo strofinaccio imbevuto di cloroformio volo di lato. L’esile uomo dalla T-shirt gialla si stava rimettendo in piedi, ma Nikki fu piu veloce. Gli tiro un calcio sotto il mento mentre si stava drizzando, facendogli sbattere i denti e mandandolo di nuovo a gambe all’aria. Si giro e, attraversata di corsa la strada, s’infilo nel bosco.
«Prendila, Verne!» grido il piu grosso, con un accento diverso da quello montanaro cui si era abituata quel giorno. «Per l’amor di Dio, sparale e basta!»
«Merda, Larry, mi ha rotto un dente. Me lo ha spezzato in due.»
Nikki si era gia inoltrata di parecchi passi nel bosco, quando oso lanciare un’occhiata alle spalle. Larry, il signor Abito Serio, era malfermo sulle gambe, ma in piedi. Aveva lasciato cadere la giacca, rivelando un torace grande come una Volkswagen. Il sole illuminava la camicia bianca, mettendo in evidenza una fondina a sinistra e scure macchie di sudore sotto braccia che parevano prosciutti. Verne, pure lui in piedi, sembrava meno stordito. Aveva tirato fuori una pistola a canna cortissima dalla cintola e stava per attraversare la strada e inseguirla, fregandosi ancora la mascella. Sparo una volta, ma Nikki si stava lanciando nella boscaglia e neppure capi se il colpo fosse vicino o no.