comunicato. Se le persone non la prendevano seriamente, come diavolo faceva a svolgere il suo lavoro?
La bocca di Katelyn si strinse in una linea sottile. Non riusciva a sopportare il fatto di non essere presa sul serio.
Spinse ulteriormente la porta e fece un passo nel buio corridoio interno. Rimase ferma in ascolto, ma non riusci a sentire nulla.
Entro nella stanza. C’era odore di chiuso. L’aria intorno a lei sembrava sollevarsi e abbassarsi come una marea governata dal respiro di tutti coloro che dormivano intorno a lei. Di norma la luce esterna e l’illuminazione stradale avrebbero rischiarato a sufficienza l’ambiente permettendo di distinguere facilmente le sagome, ma le tende in fondo alla stanza erano chiuse. Riusci a intuire che il letto era vuoto e intatto, ma poco altro di piu.
Cerco a tentoni la scrivania e provo ad accendere la luce.
Anche questa non funzionava. Okay, allora l’impianto elettrico era sicuramente andato a puttane. Katelyn non riusciva a capire come questo fosse potuto accadere solo in un’unica stanza, pero…
Improvvisamente la camera apparve ancora piu buia e si senti un leggero click. Lei si volto. Il rettangolo di luce gialla del corridoio era scomparso.
Senti qualcosa che poteva essere un rumore di passi sulla moquette. Fece un passo indietro andando a sbattere nello spigolo della scrivania.
«C’e qualcuno?»
Lui non rispose, ma c’era. Usci fuori dal buio piu profondo, con il viso che appariva morbido in quella singolare oscurita.
Katelyn cerco di indietreggiare, senza trovare pero un punto dove nascondersi. L’uomo fece un altro passo felpato verso di lei, che colse uno scintillio nella sua mano.
Era sul punto di urlare, ma proprio in quel momento il viso dell’uomo passo attraverso un raggio di luce fioca che filtrava da fuori, una nuvola che spuntava dietro un’altra, piu scura. Qualcosa nei tratti del viso la blocco e rimase a fissarlo.
«No,» disse deciso. «Tu non mi conosci. Nessuno mi conosce.»
E poi fu su di lei, attraverso il tempo, con una rapidita che nulla avrebbe potuto fermare.
Nessuno degli ospiti ricevette le uova o i toast o i fiocchi d’avena in orario il mattino dopo. Ci furono molte lamentele, specialmente provenienti dai due piani piu alti, dove i menu erano inspiegabilmente scomparsi. Era gia pomeriggio quando un ospite controllo la stanza 511 trovando tutti i menu sparsi sul pavimento di un ambiente altrimenti vuoto e con le luci che non funzionavano.
L’hotel si prodigo per far passare sotto silenzio la sparizione. La polizia interrogo Burt per primo, naturalmente, ma l’uomo era confuso come gli altri e piu scosso della maggior parte delle persone. Il suo capo gli piaceva. La notte precedente era stato sul punto di dirle qualcosa quando si erano incontrati all’ascensore. Aveva cercato di dire «Salve» in un modo che fosse un po’ piu confidenziale, nel caso lei pensasse che lui stesse sulle sue o qualcosa del genere solo perche lei era il capo o perche era bianca. Ora non c’era piu. La maggior parte delle persone sembrava convinta che la donna si fosse imboscata, e che sarebbe tornata entro un paio di giorni con la coda tra le gambe. Un direttore di notte donna significa «nessuno a casa ad aspettarti», cosi dicevano, e donne come quella erano tutte a un passo dalla clinica o da Prozac Beach.
Burt sapeva che Miss Katelyn non era cosi, e quando, la notte successiva, le porte dell’ascensore si aprirono e lei non era li, lui penso che fosse andata via per sempre, e non in un posto piacevole.
Capitolo diciotto
Quando Nina si sveglio poco prima delle cinque, sapeva che non sarebbe piu riuscita a riaddormentarsi. Lei e Ward erano rimasti in piedi ancora due ore dopo la telefonata di Monroe, per cercare di comprenderne il significato. Per quel che le era dato di capire, poteva voler dire solo una cosa: in qualche modo, da qualche parte, Zandt era riuscito a pestare pesantemente i piedi a qualcuno vicino agli Uomini di Paglia. Non erano stati in grado di arrivare a lui direttamente, cosi lo avevano incastrato. Per tutta la notte aveva provato a rintracciarlo, ma il suo cellulare risultava spento.
Ward si era ripreso dalla sbronza e alla fine le aveva dato un suggerimento che lei sentiva di dover prendere in considerazione: era indispensabile che lei parlasse in privato con Monroe per raccontargli alcune cose. Non al telefono, ma a tu per tu. Se intendeva cercare di convincerlo che c’era un gruppo di uomini e donne che operava dietro la facciata di quella che la gente identifica come l’America, che queste persone avevano ucciso e mentito e ora avevano preso di mira il suo ex amante, allora dovevano trovarsi da soli in una stanza. Probabilmente era un’iniziativa che avrebbe dovuto essere presa tre mesi prima, ma — tormentati dalla paranoia e con diversi morti a carico — nessuno dei due aveva ritenuto giusto farlo.
In quel momento sembrava un errore.
Nina bevve cinque tazze di caffe mentre si concentrava su cio che avrebbe detto, su quello che poteva essere rivelato dell’accaduto a The Halls senza far sbattere nessuno di loro in galera. Aspetto le sette, quando sapeva che Monroe sarebbe stato sveglio e in piena attivita. Se fosse riuscita a raggiungerlo prima che uscisse per andare in ufficio, forse si sarebbero potuti incontrare. Mentre Nina si stava dirigendo verso il telefono, questo squillo.
Era Monroe e chiamava dall’ufficio. Le chiese di incontrarsi li da lui immediatamente, e dal suo tono non aveva affatto l’aria di qualcuno a cui confidare un segreto.
La stava aspettando all’uscita dell’ascensore del quinto piano. Aveva il viso impietrito.
«Charles,» disse lei rapidamente, «ho bisogno di parlarti.»
Lui scosse la testa bruscamente e si volto, incamminandosi nel corridoio. Dopo non molto apri una porta e si fece indietro, aspettandola. Lei copri la distanza frettolosamente ed entro.
La stanza 623 e il classico spazio anonimo che esiste in ogni societa americana di una certa dimensione. Nel campo del business era come dire «Vedete — possiamo permetterci il meglio dell’arredamento in circolazione. Niente ci fa paura». Cosa questo significasse invece nel campo delle forze dell’ordine, Nina lo ignorava. Al centro della stanza faceva bella mostra di se un grande tavolo di legno, rifinito con una vernice lucida rossiccia e circondato dalle poltrone piu costose e meno usate di tutto l’edificio. Una parete a vetri dava sul parcheggio posteriore; le altre, rivestite di pannelli fino a mezza altezza, per il resto erano nude. Dentro una cornice scadente c’era una foto non recente di qualcuno che riceveva un encomio, e nient’altro.
Un uomo in abito grigio antracite era seduto su una sedia che era stata sistemata in modo che spuntasse dall’angolo superiore sinistro del tavolo. Era di statura superiore alla media e aveva quel tipo di carnagione che su un uomo di una certa eta fa pensare a una terapia a base di iniezioni. I suoi capelli erano in ordine e gli occhi blu pallido, spento. Le ciglia erano lunghe. Era senza cravatta e tutti i dettagli della sua camicia facevano chiaramente comprendere perche non ne aveva bisogno. Era sui cinquanta. Sebbene risultasse assemblato tenendo debitamente conto dei canoni estetici convenzionali, Nina lo trovo uno degli uomini meno degni di nota che avesse mai visto. Non c’era nulla che dicesse che non era un agente, ma non lo era. Sicuramente non era l’agente speciale mandato da Portland, che lei aveva gia incontrato.
«Buon giorno,» disse Nina tendendo la mano.
Lui non la strinse e non si presento nemmeno, tanto meno sorrise. Nina tenne la mano in posizione per qualche secondo e poi la lascio ricadere. Rimase immobile ancora qualche secondo, offrendo a quell’uomo l’opportunita di smetterla di fare lo stronzo. Ma lui non la colse. Nina resse il suo sguardo per quanto necessario e poi lo distolse.
Era in grado di giocare anche lei. «Come vuole,» disse.
«Siediti e stai tranquilla,» sbotto Monroe. «Sei qui per ascoltare. Ti verra fatta una domanda diretta alla quale ti sara chiesto di rispondere. Altrimenti cuciti la bocca. Chiaro?»
Fu allora che Nina si rese conto che c’era qualcosa che non andava per il verso giusto. Monroe aveva i suoi difetti. Aveva la tendenza a considerarsi piu furbo di quanto non fosse in realta, e di credere che ai criminali — e agli altri agenti — si potessero applicare le stesse tecniche di gestione delle risorse umane previste per i rappresentanti di commercio, ma era prima di ogni altra cosa un professionista. Tuttavia il tono della sua voce tradiva rabbia e risentimento personale.