Tom lo guardo, senti il sangue che gli usciva dal naso e si rese conto del perche la voce dell’altro uomo sembrava diversa. Il suo accento era sparito insieme alla cadenza campagnola e ai termini da boscaiolo. Ora aveva piuttosto la voce di uno straniero. Tom si senti come se fosse stata la prima volta che divideva la stanza con quell’uomo, e chiunque avesse sentito quella voce l’avrebbe ricordata per il resto della propria vita. La sua voce diceva che ti conosceva, che lui sapeva tutto di te e di chiunque altro.

«Tu mi aiuterai perche in caso contrario ti costringero a ucciderla, e non credo che la cosa ti piacera.»

Tutto quello che Tom riusci a fare fu scuotere la testa.

«Lo farai,» disse Henrickson. «Dopo tutto, non sarebbe la prima volta. Certo, lo ammetto, le circostanze sono diverse.»

«Stai zitto,» disse Tom. Ora la donna stava guardando lui.

«Tom e gia uno dei nostri,» le disse Henrickson. «Era il socio di una compagnia di design di Los Angeles. Tutto andava a gonfie vele: una bella macchina, una bella famigliola, una scopatina extra ogni tanto con una delle impiegate. Una notte, dopo aver fatto tardi in ufficio ed essersi fermato a bere qualcosa sulla strada di casa, mentre riaccompagna a casa la ragazza, Tom salta un semaforo rosso. Non poteva permettersi di arrivare ancora una volta troppo tardi. Una Porsche si schianta dal lato del passeggero e la ragazza muore assumendo la forma di un’opera d’arte contemporanea. E con lei il bambino che porta in grembo all’insaputa di Tom. Lui e appena al di sotto del limite, e per fortuna il guidatore della Porsche e ubriaco da far schifo. Cosi il nostro Tom riesce a cavarsela.»

«Ne sei convinto?» urlo Tom. Si rimise in piedi. Si puli il naso con la manica, rabbiosamente, senza preoccuparsi del dolore. «Pensi veramente che me la sia cavata?»

«Tu sei vivo, loro sono morti,» disse Henrickson. «I conti falli tu.»

Tom comincio a muoversi, ma l’altro se ne accorse prima ancora che lui lo facesse. Con un movimento rapido la canna della pistola si pianto in mezzo alla fronte di Patrice.

«Faro in modo che tu la uccida e poi, quando avremo finito, ti lascero libero,» disse Henrickson. «Non sei riuscito a ucciderti l’ultima volta. Dubito che avrai voglia di ritentare. Ti lascero sbattere per un anno o due, e poi verro a cercarti e porro fine alle tue sofferenze. Forse. Oppure possiamo trovare questo essere, fotografarlo e lasciare che se ne torni da dove e venuto. Tutto andra per il meglio. Tu otterrai gli onori che non si possono trovare nelle mutandine di una bella ragazza. Sarah potrebbe anche riprenderti con se.»

«Come fai a sapere tutte queste cose?»

«Perche non e un essere umano,» disse la vecchia.

Henrickson rise brevemente. «Tom, hai intenzione di legarle queste cazzo di mani o cosa?»

Tom guardo Patrice. Un lato del viso della donna era rosso, ma i suoi occhi erano limpidi e fissi in quelli di lui.

«Non lo faccia,» disse. «Non per me, ma per loro.»

Ma lui distolse lo sguardo, e quando la matassa di corda lo colpi al petto, questa volta l’afferro.

Capitolo ventiquattro

«Santo cielo, Ward, vuoi stare fermo?»

«Fa male. Sono abbastanza vecchio per potermi permettere di dire che fa un male fottuto.»

Ero seduto dal lato del passeggero e avevo i piedi fuori dalla macchina. Nina era all’esterno, accucciata, e stava tamponando la mia spalla con una garza imbevuta di disinfettante. Non avevo idea di dove fossimo, eccetto che ci trovavamo nel parcheggio di un distributore, appena fuori da una cittadina di cui non conoscevo il nome.

«E pulita,» disse. «Almeno credo.»

Guardai la spalla e vidi un taglio irregolare sul muscolo deltoide. Stava ancora sanguinando, ma un po’ meno di quanto avesse fatto per la maggior parte dei cento chilometri da Fresno. Ma comunque faceva male, nonostante avessi ingoiato una manciata degli antidolorifici piu forti che eravamo riusciti a trovare nel supermercato dove avevamo comprato la garza e il disinfettante.

Nina mi stava guardando con l’espressione giovanile e preoccupata di chi sperava di aver fatto qualcosa di buono, ma anche di chi si augurava che non continuassi a lamentarmi ancora per molto. Mi resi conto che il graffio sulla mia spalla non era niente se paragonato al colpo che lei aveva preso a The Halls. Sapevo anche che avrei dovuto ringraziare il cielo che il proiettile non fosse penetrato venti centimetri piu a destra, nella schiena.

«Grazie,» dissi. «Adesso mi fa molto meno male.»

«Non mentire,» disse. Si alzo e osservo al di la del tettuccio dell’auto la stazione di servizio, dove c’era un uomo con la barba. «Qualcuno ci sta osservando.»

«E solo un benzinaio curioso che si sta chiedendo se intendiamo fare rifornimento oppure no. E tutto a posto. Non tutti cercano noi.»

«Teoria affascinante,» disse. «Hai qualche prova?»

«Non proprio.»

«Che facciamo?»

«Devi chiamare qualcuno,» dissi. «Raccontargli di Monroe.»

«Lo sapranno gia,» obietto lei «Avra senz’altro avuto un documento di riconoscimento addosso.»

«Non mi riferivo al fatto in se, ma a cio che e accaduto, e a quello che significa.»

«Non lo sappiamo,» disse. «Non per certo.»

«Si che lo sappiamo.»

«Io non ho visto l’uomo che e uscito dal Knights e che ha ucciso il poliziotto. Posso solo basarmi sulle dichiarazioni dei testimoni.»

«Lo so, ma sembrava molto simile all’uomo che ha appena tentato di ucciderci. Anche nei vestiti.»

«E una descrizione molto sommaria. Probabilmente un qualunque impiegato di queste parti non sarebbe molto differente.»

«Non intendevo solo fisicamente. Mi riferisco a un tipo d’uomo capace di entrare in un ristorante e continuare a sparare in presenza di testimoni su tre persone che rispondono al fuoco. Non spaccare il capello in quattro. Non credo che in questo caso dobbiamo cercare due persone.»

«Allora, chi e? Tu hai di nuovo qualcosa in mente, e vorrei veramente che mi dicessi di cosa si tratta.»

«Non possiamo fare altro che continuare il viaggio,» dissi. «Non solo perche dobbiamo allontanarci il piu possibile dal luogo del disastro. Ma anche perche c’e una donna che dobbiamo incontrare stanotte e la strada da fare e lunga.»

«Dov’e?»

«A nord. Prendimi la borsa. Ho l’indirizzo.»

Mrs. Campbell non era in casa.

Questa volta avevo telefonato in anticipo, molto prima che arrivassimo a San Francisco. Non ci fu nemmeno la risposta di una segreteria telefonica. E strano come ci si abitui in fretta all’idea che le case abbiano una memoria, che stabiliscano contatti con gli sconosciuti, e possano trasmettere un messaggio per te. Ma nel caso di quella casa non era cosi. Quindi decidemmo di recarci fin li fisicamente. Nel frattempo Nina continuava a rifiutarsi di chiamare l’FBI a Los Angeles. Sicuramente dovevano gia sapere quanto era accaduto a Monroe, oppure lo avrebbero saputo presto. In ogni caso lei non era piu disposta a dar loro fiducia. Pensavo che questo atteggiamento fosse sbagliato, che la cosa piu sensata da fare fosse quella di presentarci alle autorita e di dichiararci innocenti il piu presto possibile. Anche se poteva darsi che nelle aule di giustizia girasse qualche persona strana questo non significava che il sistema giudiziario nel suo complesso fosse da buttare. Comunque non riuscii a convincerla e alla fine smettemmo di discuterne. Piu tempo passavo con Nina e piu avevo la sensazione che ci fossero in lei delle difese interne nelle quali sarebbe stato difficile o impossibile fare breccia.

Il dolore alla spalla rimaneva sopportabile fino a che continuavo a ingollare antidolorifici. Il problema fondamentale era che ora la spalla aveva cominciato a indurirsi. Mentre arrivavamo a San Francisco avevo l’impressione che fosse stata suturata da qualcuno che non si era preoccupato molto di capire cosa potesse

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