vendetta?»

Aprii la bocca e poi la richiusi.

Nina si alzo. Era furiosa, piu arrabbiata di qualsiasi persona avessi mai visto.

«Vaffanculo, Ward. Ti aspettero in macchina.»

Usci dalla casa sbattendo la porta. Mi rivolsi alle due donne che mi stavano osservando come gatti curiosi.

«Grazie,» dissi. «Ora devo andare.» Udii la voce di un bambino al piano di sopra.

«Oh, cavolo,» disse Muriel. «Si preannuncia una notte in bianco.»

Fu quando raggiunsi la porta che Mrs. Campbell parlo. «E curioso, lei non mi ha mai chiesto quello che pensavo avrebbe voluto sapere.»

Mi voltai. «Di cosa sta parlando?»

«Non so nulla sul modo di catturare le persone,» disse, «ma ero convinta che lei avrebbe voluto sapere quale fu la sistemazione finale di Paul.»

«Quando?» domandai senza la minima idea di cosa stesse dicendo e aspettandomi di sentire il rumore di Nina che se ne andava in macchina.

«A quel tempo. Chi era la famiglia che lo ha cresciuto,» disse. «La mia amica che vive in Florida era la responsabile dell’affidamento. Mi ha detto che la famiglia si era trasferita a Washington perche la madre della donna stava diventando vecchia e sempre meno indipendente. L’ultima volta che Dianne ebbe loro notizie, fu un anno dopo il trasloco. L’uomo se n’era andato via con una ragazza conosciuta in un locale.»

«Si e ricordata del loro nome?»

«Si. Se lo ricordava perche assomiglia a quello di un chitarrista rock molto famoso qualche anno prima. A quei tempo Dianne era patita di quella musica. Il nome era un po’ diverso, comunque.»

Scossi la testa. «Qual e questo nome?»

«Si chiamavano Henrickson,» disse. «Vivevano in un posto chiamato Snowcalm o qualcosa del genere, vicino alle Cascades.»

Nina guido fino all’aeroporto mantenendo un cupo silenzio tombale. Cercai di parlarle ma era come un guidatore fantasma intrappolato in un punto del passato. Quindi nessuno apri bocca e io mi misi a pensare a John Zandt e a quello che era o non era in grado di fare. Ricordavo anche una cosa che disse quando ci incontrammo fuori dall’hotel a San Francisco, qualcosa che in quel momento non mi era sembrato avere molto senso: «A volte bisogna ripercorrere un lungo cammino per fare quello che va fatto.»

Ora riuscivo a trovare un significato.

Nina parcheggio e uscimmo. Si diresse spedita alle scale e io la seguii arrancando con la mia borsa.

«Nina,» dissi ad alta voce. La mia voce rimbalzo contro il cemento e mi ritorno piatta e monotona.

Lei si volto e mi colpi al volto. Mi colse cosi di sorpresa che barcollai indietro. Mi si avvicino schiaffeggiandomi ripetutamente, urlando qualcosa che non riuscii a capire.

Cercai di sollevare la mano sinistra per provare a ripararmi, ma il dolore alla spalla fu sufficiente a rendere il movimento goffo e incompleto. Mi resi conto che lei se ne era accorta, e si preparava a colpirmi ancora — proprio sulla spalla — ma poi all’ultimo momento rinuncio.

Invece, mi fulmino con lo sguardo, con occhi cosi verdi e brillanti che mi sembrava di non averli mai visti prima.

«Non lo fare mai piu!» urlo. «Non nascondermi mai piu nulla.»

«Nina, non sapevo se…»

«Non mi interessa. Non lo fare e basta. Non trattarmi come se quello che decidi di dirmi debba essere sufficiente per me, come se io fossi una fottuta… pollastrella che prende cio che viene. John lo ha fatto e se mai lo rivedro gli spacchero quel suo naso del cazzo.»

«Okay, ma non te la prendere…»

«… col povero Ward? In due giorni mi hanno sospeso dal servizio, il mio ex ha cominciato a uccidere delle persone, Dio sa quante, ho perso il mio piu vecchio amico, ho visto il mio capo colpito a morte davanti ai miei occhi, e ho ancora il suo sangue su tutta la camicia, come la gente continua a farmi notare. Percio non osare…»

Smise di urlare, batte le palpebre due volte, rapidamente, e mi resi conto che i suoi occhi apparivano piu chiari non solo perche ero piu vicino, ma anche perche erano pieni di lacrime. Corsi il rischio e le misi una mano sulla spalla. Lei la scrollo con cattiveria, e improvvisamente i suoi occhi tornarono asciutti.

«Nina mi dispiace. Ascolta… non sono abituato a dover dire le cose. Ho passato tre mesi nel silenzio piu assoluto e anche prima non brillavo molto per la mia capacita di socializzazione. In tutta la mia vita ho sempre fatto affidamento sul conforto degli estranei, del servizio in camera e dei baristi. Non sono abituato ad avere qualcuno accanto a me che mi ascolti e a cui interessi qualcosa di quello che dico.»

«Non sto dicendo che mi interessi. Ti sto dicendo di non mentirmi. Non mi nascondere le cose, mai.»

«Okay,» dissi. «Ricevuto.» Avevo anche capito, o perlomeno cosi credevo, che John l’aveva ferita profondamente. In quel momento io ero il suo surrogato. Considerato il livello di rabbia che lei mostrava, pensai che John fosse fortunato a essere altrove.

Si allontano da me di un passo e si mise le mani sui fianchi. Poi guardo altrove sbuffando. «Ti ho fatto male alla spalla?»

«E il minore dei problemi,» dissi. «Comunque, mi sento come se avessi sbattuto con la faccia contro un muro. Quando schiaffeggi qualcuno, se lo ricorda.»

Torno a guardarmi con la testa inclinata. «Bene, ora conosci questa mia dote. Quindi non costrigermi a rifarlo.»

«Provero.»

«Non basta che provi, chiunque puo farlo. Io ho bisogno che tu faccia di piu.»

«Okay,» dissi seriamente. «Fidati di me, non lo rifaro.»

«Bene,» disse, e si lascio andare in un sorriso che fu piu breve di un battito d’ali, ma mi fece lo stesso venire i brividi. «Perche ricordati — ho anche una pistola.»

Si volto di scatto e comincio a salire le scale.

«Cristo,» dissi. «Non sei per niente come le altre donne.»

«Oh, si che lo sono,» disse, e non riuscivo a capire se in quel momento stesse scherzando o no. «Solo che voi uomini non ne avete alcuna idea.»

Riuscimmo a prendere l’ultimo volo per Seattle. Il tempo di arrivare e trovare una macchina a noleggio ed era gia mezzanotte. Con l’ausilio di una cartina e di due hamburger presi a uno Spinner’s di Tracoma, eravamo pronti ad affrontare il viaggio, sebbene nessuno di noi due fosse nella sua forma migliore.

Guidavo io, cercando di evitare che il dolore al braccio si riacutizzasse e lasciando cosi Nina libera di fare quello che avevamo concordato sull’aereo. Era ancora decisa a non chiamare l’FBI — per quanto ne sapeva, l’uomo che l’aveva interrogata insieme a Monroe nella sala riunioni poteva essere ancora in citta e sulle sue tracce — ma c’era una persona con la quale era pronta a tentare.

Chiamo Doug Olbrich e parlarono per cinque minuti. Io ero abbastanza indaffarato con la rete autostradale della Seattle-Tracoma, e non capii esattamente quello che si dissero, ma almeno parte del colloquio sembro positivo.

Quando termino, Nina rimase per un po’ a fissare il vuoto, poi batte con la mano sul cruscotto come aveva fatto il giorno prima, anche se questa volta non sembrava cosi incazzata.

«Qual e il risultato?»

«Poteva andare peggio,» disse. «Monroe non e morto.»

«Stai scherzando.»

«No. Quello stronzo e ancora vivo. Incredibile. Evidentemente ha la pellaccia molto piu dura di quanto pensassi. Ha cinque fori di proiettile in corpo ed e stato sotto i ferri sei ore. Sta molto male, comunque. Dicono che al massimo ha il venti per cento di probabilita di salvarsi, ma non e ancora morto.»

Mi sentivo orribilmente colpevole per aver abbandonato Monroe, per averlo dato per spacciato.

«Hai fatto bene a portarmi via,» disse Nina. «Se non l’avessi fatto, probabilmente ora non sarei viva.»

«Ho come la sensazione che le cattive notizie non siano finite.»

Вы читаете Eredita di sangue
Добавить отзыв
ВСЕ ОТЗЫВЫ О КНИГЕ В ИЗБРАННОЕ

0

Вы можете отметить интересные вам фрагменты текста, которые будут доступны по уникальной ссылке в адресной строке браузера.

Отметить Добавить цитату