accadere sotto la garza. Questo mi spinse a concentrare la mia attenzione sulla lettura della cartina, secondo quella che poteva costituire un’equa ripartizione degli incarichi. Nina guidava bene, anche se il suo senso dell’orientamento non era il massimo: le incongruenze dello spazio tridimensionale sembravano irritarla. Non avrei voluto vederla su un veicolo da combattimento Humwee. Credo che sarebbe stata capace di travolgere qualsiasi cosa si fosse trovata sul suo cammino.
«Perche ora?» disse alla fine. «Perche aspettare tre mesi? E vero, tu ti eri dato alla macchia ed era difficile rintracciarti, ma avrebbero potuto arrivare a me e a John immediatamente.»
«Credo che abbiano avuto bisogno di un periodo di riassestamento subito dopo la distruzione di The Halls.»
«Ma non potevano essere tutti lassu. Se sono potenti come crediamo, devono essere di piu. Siamo sicuri che il tizio che abbiamo visto con Monroe fosse uno di loro?»
«Ne sono certo, e questo mi spaventa,» dissi.
«Spaventa anche me, ma questo rende ancora piu difficile credere che non potessero ucciderci.»
«Sicuramente ci hanno provato stasera.»
«Si, ma perche non prima?»
«Sei tu che lavori per l’FBI. Se tu finissi in un cassonetto della spazzatura, la cosa susciterebbe una serie di interrogativi. Riesco a immaginarmi Monroe trasformare la faccenda in una crociata.»
«Per il bene del dipartimento, naturalmente. Ma intanto io sarei morta comunque.»
«Queste persone hanno la vista lunga. La capanna che io e John abbiamo trovato a Yakima dimostra che compiono queste azioni da molto tempo. La loro intenzione era di farci sbattere un po’, su terreni dove non costituivamo un reale pericolo, per poi eliminarci alla prima buona occasione. Poi la situazione e precipitata, immediatamente dopo che John ha fatto fuori quel Ferillo. E come se avesse impugnato un grosso bastone e lo avesse ficcato nel loro nido. E evidente che dopo il rapimento di sua figlia, gli avevano messo alle calcagna qualcuno, e che lo hanno ripreso mentre usciva dall’abitazione di DeLong. E evidente che avessero deciso di lasciarlo fare, forse DeLong era pronto per il pensionamento, ma a quel punto John aveva fatto qualcosa di abbastanza grave perche loro decidessero di fare piazza pulita. E John la chiave di tutto.»
«Se non si fa sentire a breve lo uccidero io con le mie mani.»
«Tranquilla,» disse. «Ti daro una mano.»
Quando fummo nelle vicinanze della casa erano da poco passare le nove. Telefonai di nuovo, ma non ci fu risposta. O la donna non rispondeva alle telefonate per motivi suoi, oppure non era in casa. La prima ipotesi non aveva molto senso, la seconda mi preoccupava.
Nina parcheggio all’esterno di un edificio che aveva una sola luce accesa, sopra la porta. Uscimmo e osservammo l’abitazione.
«In casa non c’e nessuno, Ward.»
«Non e detto.»
Salii gli scalini e suonai il campanello. Si senti il suono metallico all’interno, ma non si accese nessuna luce e nessuno venne ad aprire.
«Non mi dice niente di buono,» dissi. «Le persone anziane non escono molto. Sono sempre in casa.»
«Forse dovremmo parlare con i vicini.»
Diedi un’occhiata a come eravamo conciati: la camicia di Nina aveva una vistosa macchia di sangue. La manica della mia giacca si reggeva solo in virtu di qualche filo e alla luce dell’illuminazione stradale aveva un aspetto scuro e sudicio. «Gia, e proprio una bella idea.»
«Non hai tutti i torti,» disse. «Allora cosa facciamo?»
Tirai fuori la mia carta di credito ormai inutilizzabile, ma che non avevo avuto il coraggio di buttare via.
«Oh, fantastico,» disse Nina.
Si volto a osservare le finestre dei vicini mentre io facevo scivolare la carta tra lo stipite e il battente della porta di Mrs. Campbell.
Qualche minuto dopo avemmo la certezza che la donna non era in casa. Mi ero quasi rassegnato all’idea di trovarla con un’ascia piantata in testa. In ogni caso, le stanze erano vuote e in ordine.
«Evidentemente e uscita,» disse Nina. «Forse ha solo piu vita sociale di te.»
Ci sedemmo e restammo ad aspettare fino alle nove e mezzo. Poi io mi alzai per dare un’occhiata in giro, mentre Nina rimase seduta ancora un po’. Alla fine mi ritrovai nel corridoio, dove notai qualcosa che non vedevo da diverso tempo: un tavolino per il telefono. Uno di quegli elementi di arredamento pensati per ospitare l’apparecchio telefonico, in un’epoca in cui la possibilita di parlare con persone lontane era ancora considerata una gran cosa. Vicino al telefono c’era un piccolo libriccino con una copertina dai motivi floreali.
Era un’agenda telefonica. La presi e andai alla lettera D. Non riconobbi nessun nome. Poi, rendendomi conto che probabilmente io avrei fatto la stessa cosa, guardai sotto la lettera M, e trovai quello che cercavo.
Sollevai la cornetta e composi il numero. Era tardi. Mrs. Campbell aveva detto che Muriel aveva dei bambini, ma non avevo idea della loro eta. Probabilmente mi sarei preso una dose di insulti anche se avesse risposto lei.
«Casa Dupree.»
«Muriel?»
«Chi parla?»
«Mi chiamo Ward Hopkins. Ci siamo incontrati…»
«Mi ricordo. Come ha fatto ad avere il mio numero?»
«Sono a casa di Mrs. Campbell. E nella sua rubrica.»
«Che diavolo ci fa li?»
«Ho urgente bisogno di parlare con lei. Sono venuto da Mrs. Campbell, ma non era in casa. Mi sono preoccupato e ho pensato che fosse meglio controllare l’interno.»
«Perche preoccuparsi? E a conoscenza di qualcosa che io non so?»
«Muriel, mi dica solo questo: dov’e?»
Ci fu una pausa e poi disse: «Aspetti li.»
I rumori del telefono si attutirono. La sentii parlottare con qualcuno, ma non riuscii a distinguere una sola parola. Poi la sua voce torno chiara. «Ha detto che e disposta a parlarle,» disse Muriel, facendo capire di non essere d’accordo. «Farebbe meglio a raggiungerci.»
Ci vollero venti minuti per attraversare la citta. Muriel Dupree non mi diede affatto il benvenuto quando venne ad aprire la porta, ma alla fine mi fece entrare. Lancio uno sguardo sospettoso verso Nina.
«Lei chi e?»
«Un’amica,» risposi.
«Lo sa di avere del sangue sulla camicia?»
«Si,» disse Nina. «E stata una lunga giornata. Anche Ward ne ha sulla sua.»
«Lui e un uomo, la cosa e diversa.»
La casa di Mrs. Dupree era ordinata, ariosa e una delle meglio arredate che avessi visto da un po’ di tempo a quella parte. Era l’ambiente di vita semplice e sobrio di qualcuno che conduceva un’esistenza ordinaria e che ne era soddisfatto. Ci condusse sul retro dove un’ampia cucina sfociava in un salotto. Mrs. Campbell era su una sedia accanto al camino elettrico. Aveva un’aria piu fragile di quanto ricordassi.
«Se mi e permesso chiederlo,» dissi, «cosa ci fa qui?»
«C’e un motivo per cui non dovrebbe?»
Guardai Muriel e compresi che Mrs. Campbell significava molto per lei. E che l’atteggiamento infastidito di prima nascondeva qualcos’altro. Preoccupazione sicuramente. Forse paura.
Mi sedetti all’estremita del divano. «Mrs. Campbell,» dissi, «c’e qualcosa che devo chiederle…»
«Lo so,» disse. «Quindi perche non va avanti.»
«… ma perche e qui?»
«Stavano succedendo cose strane,» disse Muriel. «Jean continuava a sentire strani rumori notturni intorno alla casa. Non e un mistero, tenuto conto del posto dove vive. Ma a un certo punto si e presentato alla sua porta un uomo che le ha fatto un sacco di domande.»
«Quando e successo?»