«Lui. Ma quello non e il suo vero nome.»
«Veramente si.» Nina si mise accanto alla donna e guardo nella stessa direzione. Non vide nulla se non le pareti rocciose sopra il corso d’acqua che si innalzavano leggermente sul lato sinistro.
Poi senti di nuovo un gemito.
«Non si muova,» disse. In quel momento si accorse del motivo per cui la posizione della donna sembrava cosi assurda. Aveva le mani legate dietro la schiena. Armeggio intorno al nodo con le dita intorpidite. La corda era congelata e ci volle un’eternita per disfare i nodi. Una volta slegata, la donna porto le mani sul davanti molto lentamente, come se avesse paura che le braccia le cadessero a pezzi.
«Resti ancora immobile,» disse Nina.
Passo attorno ai cespugli e procedette lungo il fianco della gola restando accovacciata. Non avrebbe mai piu lasciato la pistola, ma con una mano sola per mantenersi in equilibrio continuava a scivolare sulla roccia bagnata. Si aggrappava ai rami, cercando di trascinarsi in avanti, e anche se la cosa funzionava, Nina si rendeva conto di avanzare molto lentamente. Piccoli rivoli d’acqua le ghiacciarono le mani. Impiego un tempo lunghissimo per percorrere quindici, venti metri controcorrente, e ogni passo era una brutta esperienza.
Spero che Ward fosse in arrivo. Se lo augurava veramente.
Piu avanti le pareti erano alte poco meno di due metri. Riusci a vedere che c’era qualcuno sdraiato sul fondo.
Era Phil.
Era vivo ma si stringeva una coscia con ambo le mani, contorcendosi lentamente. Stava cercando disperatamente di non fare rumore, gli occhi spalancati per il dolore, ma quando la vide gli scappo un altro gemito.
«Mi ha sparato,» disse come tossendo. «Henrickson ha preso il mio fucile.» Con uno scatto della testa indico la direzione dalla quale lei era arrivata, lungo il letto del torrente.
Nina invece guardo dietro il vicesceriffo, controllando la sommita delle pareti della gola. Il fatto che lui fosse andato nella direzione indicata da Phil non significava nulla. Poteva anche essere gia tornato di nuovo sopra la gola.
Oppure… Valuto rapidamente l’idea di risalire il fiume, cercando di arrampicarsi su una delle pareti per trovare un punto in alto dove appostarsi, e augurarsi al tempo stesso che l’Homo Erectus tornasse giu di sotto. In questo modo sarebbe diventato lui il pesce in trappola al posto suo.
Ma Nina sapeva che non sarebbe stata in grado di arrampicarsi tenendo la pistola in mano, e inoltre la sua schiena sarebbe stata un bersaglio ideale per qualcuno in grado di uccidere.
«Premi sempre sulla ferita,» disse e torno indietro.
Si tenne lontana dalle pareti questa volta e cammino proprio in mezzo al torrente, immersa fino alle ginocchia in un’acqua incredibilmente fredda. Fredda e rumorosa, impetuosa e gorgogliante, e in aggiunta un vento che ululava e la neve che continuava a cadere senza sosta. Si sarebbe detto che volesse continuare a scendere fino a ricoprire ogni cosa per l’eternita.
Non poteva voltarsi e guardarsi intorno, perche i ciottoli e le rocce erano troppo instabili sotto i suoi piedi. Quindi prosegui tenendosi nel centro, scrutando davanti a se, cercando di non perdere di vista la Anders, cosi da capire di quanto si era allontanata dal punto da cui era partita. Penso di urlare, contando sul fatto che Ward avrebbe potuto sentirla, ma l’Homo Erectus poteva essere molto piu vicino e si rese conto che quell’idea dello «spara e urla» era stata molto stupida e si penti di essere stata lei ad averla suggerita.
Non riusciva ancora a vedere la donna, e questo la spavento facendole aumentare il passo.
Poi, con l’angolo dell’occhio, vide una figura in piedi sulla parete sinistra della gola. Le basto una frazione di secondo per rendersi conto che l’uomo aveva un fucile sulla spalla e che quindi non poteva essere Ward. Con una rapidita tale da impedire il coinvolgimento della parte razionale di se stessa, ruoto il busto, alzo le braccia e sparo — tre volte.
I primi due colpi esplosero come applausi, l’ultimo fece un suono secco: la figura scivolo e cadde lungo la parete della gola.
Corse in mezzo all’acqua, dimenticandosi del freddo e di qualsiasi altra cosa che non fosse l’uomo di fronte a lei. Tenne la pistola puntata avvicinandosi sempre di piu, fino a che non fu a tre metri di distanza.
Un solo colpo non basta mai. Doveva sparargli di nuovo.
Il dito sul grilletto stava per scattare quando l’uomo si tiro su e mostro il suo volto.
«Oh Cristo,» disse lei, incredula. «John…»
Poi senti il rumore di qualcuno che atterrava delicatamente dietro di lei. La pistola le fu strappata, un braccio la afferro per il collo e un gelido cerchio di metallo premette sulla sua tempia.
«Salve, agente Baynam,» disse una voce. «
Capitolo trentuno
Corsi fin quasi in capo al mondo.
Se all’ultimo momento non mi fossi tenuto con la mano sinistra, sarebbe successo, avrei raggiunto quella sporgenza rocciosa e fatto un passo di troppo, precipitando nella notte senza fine. Li, sospeso nel vuoto, ebbi una fugace visione dell’enorme salto, sentii il ramo piegarsi e udii il ruggire dell’acqua che si infrangeva da qualche parte, molto piu in basso.
Mi sollevai, voltando in fretta le spalle al burrone, disperato e terrorizzato. I miei polmoni urlavano di dolore come se fossero stati riempiti di schegge di vetro.
Mi sporsi e vidi che ero si arrivato alla gola, ma lontano dal punto esatto. Dove mi trovavo misurava piu di dodici metri di larghezza, e le pareti erano cosi ripide e profonde che sembravano essere state prodotte da un gigante con un unico colpo d’ascia.
Siccome pero era la gola che cercavamo, non potevo fare altro che tornare indietro.
Mi tenni a un paio di metri dal ciglio e mi feci strada tra gli arbusti. Gli alberi erano piu piccoli in quel punto, ma la cosa non era di grande aiuto: significava solo che il sottobosco aveva piu spazio a disposizione. Dopo non molto mi ritrovai di nuovo lontano dalla gola, obbligato a procedere lungo il percorso dal quale ero arrivato.
Mi sforzai in tutti i modi di avanzare, correndo quando era possibile, ma sempre lottando contro la corrente. Stavo cominciando a pensare che sarei stato costretto a tornare indietro, quando improvvisamente mi bloccai.
Stavo guardando attraverso le file di alberi che mi separavano dal burrone e mi sembro di vedere qualcosa, un’apparizione alla sommita della gola. Mi diressi verso quel punto, consapevole che li il salto sarebbe stato ancora proibitivo.
Quando arrivai li, capii cosa avevo visto.
C’era un grosso tronco d’albero sospeso sul vuoto. Era caduto in modo tale da sembrare un ponte rudimentale. L’altra parte era molto piu spaziosa ed era difficile non considerarlo come un invito.
Mi avvicinai all’estremita del tronco. Gli diedi un calcio per verificare la sua stabilita. La riva opposta sembrava offrirmi un percorso sicuro nella direzione in cui avrei dovuto andare, o almeno molto piu vicino di quanto non fossi in quel momento. Alla sola condizione di riuscire ad attraversare tre metri e piu di strapiombo al di sopra di rocce fredde e appuntite, passando su un tronco coperto da dieci centimetri di neve.
Rinunciai. Non sarei stato utile a nessuno con il cranio fratturato. Cosi mi voltai.
Poi sentii tre spari e una voce, che somigliava a quella di Nina, la quale produsse un suono che non era un urlo di trionfo.
Salii sul tronco e inspirai profondamente.
Non sapevo cos’altro fare se non attraversarlo di corsa.
Patrice osservava quanto stava accadendo davanti ai suoi occhi. Aveva visto Henrickson riguadagnare il fiume come se fosse stato in un film proiettato al contrario. Non aveva mai visto nessuno cosi agile e sicuro. Con un movimento fluido aveva disarmato la donna e puntato una pistola alla sua tempia.
Diede un calcio al fucile dell’altro uomo mandandolo nell’acqua, poi indietreggio di qualche metro assieme alla donna fino a che non furono in mezzo al torrente.
L’uomo a terra sembrava sofferente, ma cercava di non darlo a vedere. Patrice sapeva che e un